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Antonio Donno
Israele/USA
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Il discorso di Obama: tra falsità e promesse 22/08/2020
Il discorso di Obama: tra falsità e promesse
Analisi di Antonio Donno

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Barack Obama, Joe Biden

Nelle ultime battute del suo discorso alla Convention democratica di Milwakee, Obama ha detto: “Questa amministrazione [di Trump] ha mostrato di voler distruggere la nostra democrazia se ciò è necessario per vincere”. Al di là dei toni elettoralistici, niente è di più falso in questa affermazione: le istituzioni americane, dalle più basse alle più alte, da quelle periferiche a quelle centrali, funzionano egregiamente e nulla le sta ponendo in discussione. Hanno funzionato, per tutti i quattro anni dell’amministrazione Trump, secondo le regole del processo democratico che incarnano. La conclusione del discorso di Obama mira a suscitare un allarme nell’elettorato americano che è fuori da una corretta dialettica politica. “Non mi sono aspettato che il mio successore avrebbe condiviso la mia visione o portato avanti le mie politiche”, ha affermato Obama all’inizio del suo discorso. Lo ha detto perché in cuor suo era sicuro che Hillary Clinton avrebbe vinto le elezioni, ma i risultati non gli hanno dato ragione. Obama accusa Trump di aver indirettamente causato la morte di 170.000 americani per il Covid-19, ma finge di ignorare che il virus ha avuto un impatto planetario e che in molte circostanze i governi di molti Stati hanno avuto difficoltà a inquadrare correttamente il pericolo proveniente da questa pandemia. Obama allude al fatto che la riforma del sistema sanitario da lui varata avrebbe probabilmente permesso di affrontare la pandemia con successo. Il che è evidentemente falso. In primo luogo, perché molti Stati americani avevano rifiutato di applicare le nuove riforme e soprattutto perché tali riforme non avevano introdotto – perché si ignorava la novità epidemiologica rappresentata da questo nuovo, sconosciuto virus – gli strumenti idonei a far fronte a tale terribile evenienza. L’esaltazione che Obama fa del duetto che dovrebbe vincere le elezioni presidenziali (Joe Biden/Kamala Harris) è esagerata e lo è proprio sulla base del passato politico dei due personaggi. Biden è stato il vice-presidente per i due mandati presidenziali di Obama, ma nulla è emerso di quel periodo che abbia posto in rilievo le sue qualità. È sempre stato un uomo dell’apparato del Partito Democratico, piuttosto anonimo e non particolarmente ricco di idee, mentre Harris non ha esitato a usare la mano dura contro la criminalità giovanile durante gli anni in cui fu procuratrice generale a San Francisco e a rinforzare il numero dei poliziotti nella città; esattamente il contrario di ciò che i giovani anti-trumpiani, autori di violenze e devastazioni dopo la morte di George Floyd, richiedono a gran voce per potere votare i democratici. In sostanza, Biden è stato il perfetto vice-presidente di Obama, talmente anonimo da non poter e voler infastidire il presidente, e Harris è stata il contrario delle attuali aspettative di una fascia di elettorato che dovrebbe garantire la vittoria di Biden. Di fatto, se il duo democratico dovesse vincere, Obama continuerebbe ad avere una posizione decisiva, anche se silenziosa, nella politica del nuovo governo americano. Infine, Obama non fa alcun cenno alla posizione attuale degli Stati Uniti nell’arena internazionale. Il punto è che proprio durante gli otto anni di sua presidenza Obama ha proceduto a ritirare progressivamente Washington dai principali scenari internazionali. La sua politica nel Pacifico occidentale è stata un fallimento, con grande preoccupazione dell’alleato giapponese, mentre in un’area strategicamente cruciale come quella del Medio Oriente ha lasciato mano libera al progetto nucleare dell’Iran, sottoscrivendo un controproducente accordo con i terroristi di Teheran, e isolando pericolosamente Israele di fronte all’avanzata sciita nella regione. Solo con Trump il Medio Oriente ha ritrovato una nuova strutturazione politica che vede il mondo arabo sunnita legarsi al duetto Stati Uniti/Israele per bloccare l’avanzata iraniana e, come si vedrà in futuro, quella turca. La politica internazionale di Obama è stato un fallimento, di cui hanno approfittato le forze anti-democratiche presenti nello scenario globale. Obama parla di “principi americani”, che non sono né democratici, né repubblicani, ma semplicemente i principi che hanno dato vita alla democrazia americana. Ma i nemici della democrazia presenti in tutto il mondo hanno potuto assistere, durante gli anni di Obama, al decadimento dei “principi americani” soprattutto in uno scenario internazionale sempre più privato della presenza della nazione più potente del mondo.

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