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Antonio Donno
Israele/USA
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Come la politica mediorientale di Trump sta correggendo i disastri di Obama 26/02/2018

Come la politica mediorientale di Trump sta correggendo i disastri di Obama
Analisi di Antonio Donno

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ll presidente Trump ha deciso di portare l’Ambasciata americana in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme il 14 maggio 2018, settantesimo anniversario della nascita dello Stato di Israele, momentaneamente presso il Consolato americano in quella città, successivamente in una sede diversa, sempre a Gerusalemme. Trump ha dato seguito al suo impegno prima ancora della data in un primo tempo fissata. Si tratta di una decisione che avrà ripercussioni importanti non solo nella regione mediorientale, ma a livello internazionale. In questo modo, le relazioni tra i due paesi acquistano un significato che non si registrava da molti anni a questa parte, non solo dai pessimi anni di Obama. 
Innanzitutto, la questione va considerata in seno al mondo arabo. 
Come si è visto, il mondo arabo sunnita ha condannato la dichiarazione di Gerusalemme come capitale di Israele in modo alquanto sommesso, considerato il pericolo mortale proveniente dall’Iran. Se si guarda in avanti, dalla situazione attuale si possono ricavare alcune importanti prospettive per Israele in seno al Medio Oriente arabo sunnita. 
Si ponga il caso che nel prossimo futuro Teheran, che attraversa una grave crisi economica dovuta anche al suo impegno militare nella regione – un impegno che va oltre le sue reali possibilità – debba fare marcia indietro rispetto alla politica espansiva attuata sino ad oggi.
In questo caso, l’area sunnita uscirebbe finalmente da un pericoloso gioco, che la vede esposta alla minaccia sciita. Ma tutto ciò avverrebbe grazie alla protezione americana che oggi si va stabilendo nella regione con una serie di accordi, nella gran parte sotto traccia, tra il mondo sunnita e gli Stati Uniti. 
Una volta che il ritiro dell’Iran fosse concluso, l’area sunnita, oltre che l’Arabia Saudita, non avrebbe più alcun interesse a rinfocolare la lotta contro Israele, anche in considerazione dello stretto rapporto che si sta instaurando tra Washington e Gerusalemme. Le relazioni che Trump sta intrecciando con l’Egitto, l’Arabia Saudita, la Giordania e altri partner avrebbero, a questo punto, una base solida e stabile, che si porrebbe in opposizione soltanto alle mire della Russia, una volta ridimensionato l’Iran. 
Forse la pace in Medio Oriente potrebbe attuarsi proprio grazie a questo intreccio di relazioni inusuale nella storia del Medio Oriente dalla fine del secondo conflitto.
Ma vi è un altro fattore che gioca – o potrebbe giocare – a favore di questo esito. 
Si tratta dell’accordo sul nucleare stabilito tra Obama e l’Iran, con l’approvazione dell’Unione Europea, che Trump ha subito definito “imbarazzante” per Washington. Dal momento della sua decertificazione da parte del presidente americano la situazione dell’accordo si va evolvendo. 
La diplomazia europea, sempre prona alle decisioni di Obama, si è resa conto che l’azione di Trump potrebbe avere effetti diversi da quelli previsti dal trattato iniziale. Trump ha insistito nel sostenere che l’accordo è di fatto incontrollabile, in molti suoi aspetti, da parte degli ispettori e che l’Iran, dal momento della firma, ha incentivato di molto la sua azione nel Medio Oriente, in combutta con la Russia. Ciò ha un significato evidente. Teheran si è sentita libera di agire nella regione perché “protetta” dal trattato generosamente concesso dagli occidentali e ne ha approfittato. 
Ora, esponenti della diplomazia europea e di quella iraniana, seppur di rango non elevato, stanno cominciando a trattare un riesame dell’accordo. Tutto ciò sta avvenendo grazie alle dure prese di posizione di Trump. L’uscita americana dal trattato metterebbe in grave difficoltà l’Unione Europea, che non potrebbe sostenere da sola gli impegni sottoscritti. In sostanza, la decisa posizione attuale dell’Amministrazione americana sta riposizionando Washington in un quadro di relazioni con l’Europa dove le sue decisioni ricominciano ad avere un peso politico importante. 
La connessione con la possibile evoluzione della situazione mediorientale è evidente. Se gli Stati Uniti dovessero imporre all’Iran, insieme agli europei, di sedersi al tavolo delle trattative e ridiscutere in profondità l’accordo, il loro prestigio nella regione aumenterebbe in modo tale da influenzare ancor di più il mondo arabo sunnita in favore di una stabilizzazione dei rapporti con Gerusalemme. 
Naturalmente si tratta di ipotesi, ma la storia del Medio Oriente è tale che tutto è possibile.


Antonio Donno


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