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Giuliana Iurlano
Antisemitismo Antisionismo
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Quell'incontro tra Chaim Weizmann e l'emiro Feisal 28/03/2019

Quell'incontro tra Chaim Weizmann e l'emiro Feisal
Analisi di Giuliana Iurlano

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Chaim Weizmann con l'emiro Feisal

Gli ultimi mesi del primo conflitto mondiale e quelli successivi prima della Conferenza di pace furono molto intensi per il movimento sionista internazionale. Il 2 novembre 1917, venne pubblicata la Dichiarazione Balfour favorevole alla realizzazione in Palestina di una national home per il popolo ebraico. Nove mesi dopo, il 31 agosto 1918, in occasione del Capodanno ebraico, il presidente americano Wilson indirizzò al rabbino Stephen Wise una lettera di approvazione della Dichiarazione Balfour e si congratulò con lui per il lavoro che la commissione Weizmann stava svolgendo in Palestina per la fondazione della Hebrew University di Gerusalemme. In questo lasso di tempo e fino all’inizio della Conferenza di pace, ebrei ed arabi dialogarono molto. Nell’aprile del 1918 ci fu un incontro di Weizmann con i leader cristiani e musulmani a Gerusalemme, durante il quale egli dichiarò che tornava nell’antica terra dei suoi padri e che gli ebrei “non stavano venendo in Palestina”, ma “vi stavano tornando”. Quella terra avrebbe potuto accogliere più popoli, sotto il mandato di una Grande Potenza e i sionisti avrebbero contribuito in ogni modo a svilupparla in molti ambiti, in particolare in quello culturale. L’aspetto statuale era, invece, quello meno urgente da affrontare, mentre più importante era favorire l’immigrazione e l’opportunità di costruire in Palestina quelle istituzioni ebraiche che, in un futuro non troppo lontano, avrebbero potuto evolversi in strutture pienamente democratiche. Il successivo incontro di Weizmann fu con Feisal, il cui accampamento si trovava nelle pianure della Transgiordania. Il leader sionista, dopo un viaggio di 5 giorni molto complicato – che da Gerusalemme lo aveva condotto dapprima a Tel Aviv, da dove aveva preso un treno per Suez, si era imbarcato su un cargo decrepito circumnavigando la penisola del Sinai, aveva percorso 75 miglia da Aqaba con un’auto che si era rotta, per poi proseguire dapprima su un cammello e infine a piedi fino al luogo dell’appuntamento – incontrò Feisal alla presenza di un funzionario britannico che faceva da interprete. Weizmann e Feisal – il cui incontro fu immortalato da una foto – si trovarono d’accordo sulla richiesta sionista di occupare alcuni territori della Palestina, anche perché il leader arabo era soprattutto interessato a Damasco e alla Siria settentrionale.

L’incontro fu giudicato da Weizmann “molto importante” e, a suo dire, c’era stata una reciproca intesa. Del resto, sia Feisal che suo padre, re Hussein, potevano contare sulla garanzia britannica relativamente alla realizzazione di uno Stato arabo ed entrambi erano consapevoli che i sionisti avrebbero potuto dare al progetto generale un importante contributo in termini di risorse finanziarie e di competenze tecnologiche. In un articolo pubblicato su “Al-Qibla”, il re aveva dichiarato che la Palestina era “una patria sacra e amata” sia per i “suoi figli originari” che per coloro che dall’esilio vi avrebbero fatto ritorno. Il 10 dicembre 1918, i due leader si incontrarono di nuovo a Londra, dove ribadirono l’impegno a sostenere la futura realizzazione di due entità statali, araba ed ebraica, e il 27 dicembre successivo, al banchetto organizzato in suo onore da Lord Rotschild, Feisal a chiare lettere dichiarò che “nessun arabo è sospettoso o timoroso del nazionalismo ebraico” e che “noi stiamo chiedendo la libertà per gli arabi e ci mostreremmo indegni di ciò, se non dicessimo ora, come faccio io, agli ebrei: bentornati a casa”. Il mese seguente, Feisal e Weizmann siglarono un accordo formale che esplicitamente riconosceva le “aspirazioni nazionali” sia degli arabi, sia degli ebrei, prevedeva di “adottare tutte le misure necessarie” per implementare la Dichiarazione Balfour, anche favorendo l’immigrazione ebraica su larga scala in Palestina, e si impegnava a proteggere i diritti religiosi e civili dei musulmani e i loro luoghi sacri. I sionisti promisero, inoltre, di sostenere la formazione di uno Stato arabo anche attraverso un supporto economico e tecnologico. L’accordo, però, taceva sulla sovranità della Palestina ed entrambi i leader, per motivi di natura diversa, decisero di soprassedere.

Feisal, però, volle aggiungere all’accordo, di suo pugno, una dichiarazione che condizionava la realizzazione del contenuto del documento all’indipendenza araba: solo in questo modo – e certamente non nell’immediato futuro – tutte le province arabe si sarebbero convinte a far parte di un unico governo. La Siria aveva già la forza per essere autonoma, mentre il Regno di Hedjaz avrebbe costituito il punto di riferimento della futura aggregazione araba; sulla Palestina, invece, proprio a causa del suo “carattere universale”, si chiedeva il controllo di una potenza mandataria che l’avrebbe amministrata in accordo con il governo locale, posizione, questa, condivisa anche da Weizmann. Alla Conferenza di pace, di conseguenza, il problema specifico della Palestina fu accantonato da ambedue i leader. l 3 marzo 1919, Feisal indirizzò una significativa lettera a Felix Frankfurter, in cui ribadiva la possibilità concreta di rapporti amichevoli tra arabi ed ebrei, “cugini per razza, avendo sofferto oppressioni dello stesso tipo ad opera di potenze più forti di loro, e [che] per una felice coincidenza, sono stati in grado insieme di fare il primo passo verso la realizzazione dei loro ideali nazionali”. Durante la Conferenza di pace, però, gli interessi delle Grandi Potenze in Medio Oriente furono rimessi sul tavolo delle trattative, e le disposizioni finali sulla Palestina finirono per rispecchiare innumerevoli compromessi, che, col tempo, avrebbero aperto la strada a futuri conflitti.


Giuliana Iurlano è Professore aggregato di Storia delle Relazioni Internazionali presso l'Università del Salento. Collabora a Informazione Corretta


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