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Giuliana Iurlano
Antisemitismo Antisionismo
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No a uno Stato ebraico: un progetto fallimentare 08/04/2018

No a uno Stato ebraico: un progetto fallimentare
Commento di Giuliana Iurlano

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Tra il 1942 e il 1948 ebbe un certo rilievo nell’ambito dell’ebraismo americano l’American Council for Judaism, un’organizzazione di ebrei antisionisti contrari alla nascita dello Stato di Israele. La posizione di quest’organizzazione faceva riferimento alla politica di Roosevelt, il quale riteneva che l’alleanza tra Stati Uniti e Unione Sovietica degli anni del secondo conflitto mondiale potesse proseguire anche negli anni successivi al fine di stabilizzare il sistema politico internazionale intorno all’asse sovietico-americano. 
Elemento indispensabile di questa nuova costruzione era il mantenimento del Medio Oriente nell’orbita britannica e, di conseguenza, il consolidamento dell’alleanza del mondo arabo con l’Occidente. Se questo era il progetto americano per il dopoguerra, l’eventualità della nascita di uno Stato ebraico in Palestina era da scartare senza indugi, perché avrebbe compromesso tutta la strategia anglo-americana per la regione. 
Questa, in particolare, era la posizione del Dipartimento di Stato, con a capo George Marshall, in piena sintonia con il Foreign Office britannico.

L’American Council for Judaism, pur avendo scarso radicamento nella comunità ebraica americana, godeva di un certo apprezzamento presso il Dipartimento di Stato, in quanto si poneva, pur non avendone effettiva rappresentanza, come espressione dell’intero ebraismo americano. Così, questa organizzazione, nata in seno all’enclave politica di Roosevelt negli ultimi anni di vita del presidente americano, si pose in armonia con il progetto del Dipartimento di Stato e si schierò contro l’ipotesi della creazione di uno Stato ebraico in Palestina. 
Lo scontro con il movimento sionista era inevitabile. Benché l’American Council for Judaism rappresentasse solo se stesso, il pericolo era che il suo apprezzamento nelle alte sfere del governo americano costituisse un sostegno alla politica mediorientale di Roosevelt e Marshall, e dell’intero Dipartimento di Stato, vanificando gli sforzi decennali della politica sionista. 
Il 2 novembre 1942, tredici rabbini, tra i quali Louis Wolsey, Morris Lazaron, Abraham Cronbach, David Philipson, Henry Cohen e Elmer Berger, che divenne il presidente dell’organizzazione, si riunirono per fondare l’American Council for Judaism, sostenendo di voler condurre “una giusta lotta contro il nazionalismo ebraico” e che “il Giudaismo [era] una religione e non una nazionalità”. 

La conclusione del documento fondativo dell’ACJ era la seguente: l’associazione si sarebbe impegnata a combattere il nazionalismo ebraico, ritenendo “il tentativo di fondare uno Stato nazionale ebraico in Palestina o in qualsiasi altro luogo una filosofia della sconfitta, che non offre una soluzione pratica al problema ebraico”. 
Erano affermazioni che avevano come unico scopo quello di sostenere la politica internazionale di Roosevelt e, come conseguenza, di conservare una posizione di prestigio presso il Congresso americano e presso la stampa più influente. 
La posizione dell’American Council for Judaism venne presto a coincidere con quella dell’American Jewish Conference, un’altra organizzazione ebraica americana antisionista, il cui presidente, il giudice Joseph M. Proskauer, fu definito dai sionisti americani “uno dei più accaniti avversari, tra gli ebrei americani, della creazione di Israele, una persona che riteneva che uno Stato ebraico sarebbe stato una catastrofe per gli ebrei”.

In realtà, sia gli esponenti dell’ACJ, sia quelli dell’AJC, erano personaggi di alto profilo professionale, ebrei riformati e liberal, aderenti al Partito Democratico, ricchi borghesi ben distanti dalla massa degli ebrei americani e in nessun modo rappresentanti delle idee che circolavano negli ambienti dell’ebraismo americano. In ogni caso, Proskauer, insieme al giudice Herbert Lehman e al consigliere del presidente, Sam Rosenman, stesero un documento in cui si leggeva: “Negli Stati Uniti, come in tutti gli altri paesi, gli ebrei, alla stessa stregua dei loro concittadini, sono membri di quelle nazioni e di nessun’altra: non vi può essere alcuna identificazione politica degli ebrei che vivono al di fuori della Palestina con qualsiasi altro governo che possa essere costituito”. 

Era musica per le orecchie di George Marshall, che, insieme a tutto il Dipartimento di Stato, era ferocemente contrario alla già avvenuta spartizione e all’eventuale nascita di uno Stato ebraico in Palestina, oltre che alle posizioni del presidente Truman, favorevole alle finalità sioniste. Tuttavia, l’impegno antisionista delle due organizzazioni ebbe vita breve. Il 14 maggio 1948 nasceva lo Stato di Israele e sia l’ACJ, sia l’AJC, finirono per sciogliersi. Il loro progetto era fallito.

Giuliana Iurlano è Professore aggregato di Storia delle Relazioni Internazionali presso l'Università del Salento. Collabora a Informazione Corretta


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