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Mordechai Kedar
L'Islam dall'interno
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Dietro il tentativo di assassinare Yehuda Glick 01/11/2014

Dietro il tentativo di assassinare Yehuda Glick
Commento di Mordechai Kedar

 (Traduzione di Rochel  Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)


Yehuda Glick                   Kamal al-Khatib        

Perché gli islamisti hanno preso di mira Yehuda Glick? E di riflesso quali sono i progetti degli arabi israeliani riguardo Israele e Gerusalemme?
Il tentato assassinio di Yehuda Glick è solo una fase della lotta a lungo termine per la conquista di Gerusalemme, da un lato tra un islam che si considera la vera religione, dall’altro l’esistenza stessa dell’ebraismo (e del cristianesimo), false religioni agli occhi degli islamici.
Secondo i musulmani, l’Islam è nato non per stare al fianco delle altre due religioni monoteiste, ma per occuparne il posto, svuotandole della loro essenza, del loro patrimonio e delle loro figure di riferimento, per cui Abramo, Isacco, Mosè, Aronne, Gesù e Giovanni, nel testo islamico, sono tutti musulmani.

Il Monte del Tempio è diventato una moschea, e diverse centinaia di chiese (a Ramla, Damasco, Istanbul, in Spagna e altrove) sono state trasformate in moschee dai conquistatori musulmani.
Dal loro punto di vista, gli islamisti radicali sostengono che durante il XX° secolo si sono verificati due disastri per il mondo islamoco: nel 1948 gli ebrei con la forza militare e l’aiuto dei cristiani (britannici) hanno conquistato la Terra Santa della Palestina e nel 1967 si sono impossessati di Gerusalemme. Ora, prevedono,  il prossimo passo sarà la ricostruzione del loro Tempio, e così si accrescerà il potere delll’ebraismo.

Tutto ciò crea un pericolo teologico all’Islam radicale la cui raison d’être è la distruzione dell’ebraismo e del cristianesimo. Ne deriva che la lotta degli islamisti radicali per Gerusalemme in generale e per il Monte del Tempio in particolare, non è politica, nazionalista o territoriale, bensì teologica.
Chi non lo capisce, o non lo vuol capire, nasconde la testa sotto la sabbia.
E’ proprio questo che sta dietro al tentativo di assassinare Yehuda Glick, la cui attività incarna il desiderio ebraico di tornare alla terra, a Gerusalemme e al Monte del Tempio, rinnovando la presenza ebraica in quel luogo.

 La bandiera nera dell’islam che si innalza nei successi dello Stato Islamico in Siria e Iraq, è un altro fattore che gli islamisti radicali giudicano un risultato determinante. Nei social network, il concetto di un califfato islamico si diffonde nell’etere, creando un clima di tensione che potrebbe portare a compimento i sogni islamici di eliminare ogni minaccia, sconfiggere ogni nemico, e raggiungere l’obiettivo finale, l’egemonia globale dell’Islam.

Nel 2011 l’Università di Tel Aviv aveva pubblicato una raccolta di articoli a cura di Arik Rudnitsky ed Eli Reches, dal titolo “Le minoranze musulmane nei Paesi a maggioranza non-musulmana: il Movimento Islamico in Israele come banco di prova”.
Nel volume era incluso anche questo mio articolo, dal titolo “La visione del futuro da parte del Movimento Islamico”, da cui riprendo l’ultimo paragrafo:

 “Il vero obiettivo, quello che il Movimento non si preoccupa di nascondere, è la creazione di un Califfato Islamico in Israele con capitale Gerusalemme.
I leader del Movimento ne parlano spesso, ne scrivono senza reticenze: il loro vero obiettivo è costruire uno Stato Islamico sulle rovine dell’ Israele ebraico e sionista, con capitale Al Quds El Sharif. Mi son fatto quest’opinione in base alle dichiarazioni che mi hanno rilasciato i leader del Movimento, dalle affermazioni dello Sceicco Raed Salah, capo del Movimento Islamico in Israele e da quanto viene detto durante i loro raduni. Stiamo parlando di un clima generale, evidente e palpabile, che inizia con lo sceicco e poi continua nelle parole degli altri leader del Movimento”.

 Dopo la pubblicazione, molti colleghi mi avevano criticato sostenendo che le mie affermazioni non avevano alcun fondamento, perché le dichiarazioni dei capi del Movimento Islamico sono semplicemente dei mantra che non esprimono le loro reali intenzioni. Ho risposto, allora come oggi, che il popolo ebraico non deve cercare di interpretare le parole dei propri nemici, ma deve analizzarle così come sono, senza modifiche.
C’è stato un periodo in cui non abbiamo preso sul serio le minacce dei nostri nemici, il risultato è stata la Shoah.

Due settimane fa, a metà ottobre, a Gerusalemme c’è stata una manifestazione indetta dai leader del quartiere arabo. Vi avevano preso parte, tra gli altri, il vice dello Sceicco Raed, lo Sceicco Kamel al-Khatib, capo del braccio settentrionale dello Stato Islamico, i Membri della Knesset del Partito Balad, Hanin Zouabi e Basel Ghattas.
Questo è il discorso che lo Sceicco Kamel al-Khatib ha rivolto alla folla (tra parentesi ci sono i miei commenti).

 “La nazione dell'islam soffre per tutto quel che sta succedendo per le controrivoluzioni contro la Primavera Araba, messe in atto dai nemici (principalmente Sissi in Egitto, alleato d’Israele, che ha deposto i Fratelli Musulmani). Questa situazione impone alla gente di ribellarsi, e in modo deciso: noi siamo qui, contro il covo malfamato (sionista)  che ha preso possesso dell’intera patria araba.
Al centro di questo covo di ladri, noi sosteniamo il nostro diritto ad esistere forti e pazienti, attaccati alla terra proprio qui a Gerusalemme. Ripeto: Gerusalemme non è solo la capitale dello Stato Palestinese, ma la capitale di un giusto Califfato Islamico, che arriverà presto, Inshallah” (riferito al primo dei quattro Califfi, soprannominato ‘il giusto’).

 Le parole di al-Khatib sono cadute su un terreno fertile, perché le abbiamo sentite in due altre importanti occasioni. La prima è stata quando il portavoce dei Fratelli Musulmani in Egitto, lo Sceicco Safwat Higazi, agli inizi del 2012, durante la campagna elettorale, aveva dichiarato alle masse del Cairo, che se fosse stato eletto Mohammed Morsi si sarebbe realizzato l’unione delle nazioni arabe e creato il Califfato Islamico, la cui capitale non sarebbe stata la Mecca, e neppure il Cairo, ma Gerusalemme.
Descrisse tutto questo come un sogno, naturalmente, nell'attesa che Morsi l’avrebbe realizzato. All’inizio di luglio del 2013 il Generale al-Sissi ha risvegliato l’Egitto da quel sogno, si è sbarazzato di Morsi e dei suoi amici, mettendoli in cella, eliminandoli fisicamente o costretti all’esilio.

 La seconda fonte che parla del Califfato Islamico Unito e che tenta di realizzarlo, è lo “Stato Islamico”, il gruppo che alcuni di noi chiamano ancora con il suo nome precedente, “Daesh” (ISIS). Il suo capo si fa chiamare Califfo e il suo Stato, Califfato. E’ questo l’adempimento dei sognatori della Fratellanza Musulmana, Higazi e al-Khatib? Non lo posso dire, ma nonostante le differenze nel comportamento tra i Fratelli Musulmani e lo Stato Islamico, ci sono troppe similitudini nell’ideologia e nelle aspirazioni di questi (quelle del classico Califfato Unito, che ha avuto inizio nel VII secolo con Maometto) e quelle del Movimento Islamico israeliano guidato da Kamal al-Khatib e dallo Sceicco Raed Salah.

I media israeliani hanno a malapena menzionato il discorso di al-Khatib. Oudeh Basharat lo ha attaccato su Haaretz del 27.10.14: “ Stiamo per creare una polizia morale, che punisca le donne che non indossano il burqa? Avremo una rete di spie che non perderà di vista la vita intima dei cittadini, e alla fine lapiderà le donne che non aderiscono alle loro restrizioni morali? Ci sarà un mercato per le donne schiave che saranno vendute al miglior offerente? Stiamo per assistere alla decapitazione dei non credenti nelle piazze delle città? Queste non sono esagerazioni, questo è ciò che sta accadendo in questo momento ovunque il regime del Califfato ha preso il sopravvento

Le parole di al-Khatib hanno avuto un maggiore impatto nei media israeliani arabi,  basandosi sulle vittime del Califfato Unito in Siria e in Iraq, hanno messo in evidenza come in primo luogo le vittime di uno Stato Islamico sarebbero stati gli “eretici” arabi israeliani: cristiani , drusi, ahmadi.
Il Membro della Knesset del partito Balad, Basel Ghattas, che è cristiano, ha preso parte alla manifestazione di Gerusalemme, si trovava vicino ad al-Khatib, ma non ha reagito. Solo più tardi ha rilasciato la seguente dichiarazione: “Il discorso sulla esclusione ( di membri di altre religioni) da Gerusalemme Capitale del Califfato Islamico indebolisce l’unità araba necessaria in questi giorni, per resistere alle strategie israeliane. Invece di essere un oggetto di consenso palestinese e arabo, Gerusalemme diventa un luogo di divisione e conflitto religioso, qualcosa di cui davvero non abbiamo bisogno”.

Altri hanno accusato al-Khatib di aver monopolizzato la lotta nazionale palestinese e di averla trasformata in una lotta religiosa musulmana.
Al-Khatib è rimasto sconvolto dalle reazioni negative suscitate dalle sue parole tra gli arabi israeliani, e ha dichiarato: “ Capisco che alcune persone abbiano solo una conoscenza superficiale della storia, perché il concetto di un califfato islamico non appartiene all’IS nè a qualsiasi altra organizzazione. Ha origine in un primo periodo della storia islamica, quando il califfato islamico era nato dopo la morte del profeta Maometto, possa Allah pregare per lui e gli conceda la pace, sotto la guida dei Califfi Umar ibn al-Khattab, Uthman ibn Affan e Ali ibn Abi Talib, che possano riposare in pace. (Si è però dimenticato del primo califfo, Abu Bakr). Noi, come musulmani, crediamo nel futuro dell’Islam, non importa ciò che sta accadendo, uno Stato Islamico ritornerà ancora e Gerusalemme ne sarà la capitale. Noi confidiamo nel fatto che l’occupazione israeliana scomparirà, e questa non è solo una speranza o una supplica da parte nostra, ma sono le parole del Profeta “ un giorno Gerusalemme sarà la sede del Califfato Islamico “. Coloro che pensano che io stessi parlando dello Stato Islamico (IS) - e parlo dal cuore di Gerusalemme e della Moschea di Al Aqsa -  dimostrano la loro superficialità e ignoranza nella comprensione della storia, che li ha portati a collegare le mie parole con ciò che sta accadendo in Iraq e Siria e con l’organizzazione chiamata IS.”

Al-Khatib ha continuato: “ Non c'è alcun legame tra quello che ho detto e ciò che sta accadendo lì (in Siria e in Iraq) e la nostra chiara posizione come Movimento Islamico sulle azioni di questa organizzazione è di dominio pubblico ... i veri terroristi in questo mondo sono quelli che conducono l’ ‘Alleanza anti-terrorismo’: l’America è il primo terrorista che ha ucciso decine di migliaia (forse intende dire dieci milioni ? ) di indiani, il terrorista che ha spazzato via due grandi città giapponesi con bombe atomiche. Il vero terrorista è Netanyahu e il suo governo che ha distrutto 40.000 case a Gaza e ucciso 2.200 dei suoi cittadini. Il vero terrorista in questo mondo è Bashar Assad che ha ucciso 300.000 cittadini siriani perché chiedevano libertà e si è ora trasformato nel partner di un’alleanza globale contro il terrorismo. Il vero terrorista è Abed Al Fattah el Sissi (notare la parola mancante, ‘Presidente’), che ha ucciso più di 4.000 egiziani in cinque ore ed oggi è un membro dell’alleanza globale contro il terrorismo.”

 E’ del tutto possibile che Kamal al-Khatib sia convinto che lo storico Stato Islamico di cui parla non sia come lo Stato Islamico sorto l’anno scorso in Siria e in Iraq. Il problema di quello che sta dicendo, è che i libri di storia islamica, scritti da musulmani, hanno descritto il Regno del Califfato del VII secolo, il suo esercito, e il modo in cui i suoi governanti hanno trattato i popoli conquistati, in un modo inquietantemente simile a quello che sta accadendo oggi in Siria e Iraq.
Può essere che sia lui, lo Sceicco Kamal al-Khatib, a non conoscere la storia?

  Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi


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