Riduci       Ingrandisci
Clicca qui per stampare

 
Zvi Mazel/Michelle Mazel
Diplomazia/Europa e medioriente
<< torna all'indice della rubrica
La visita del vecchio signore 12/07/2022
La visita del vecchio signore
Analisi di Michelle Mazel


Will President Biden play an active role in Israel's election campaign?
Joe Biden - Yair Lapid


Il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden sta per venire in Medio Oriente! Viene! Arriva in Israele, la prima tappa del suo viaggio! I media si scatenano, c’è caos nei social. Ognuno dice la sua. Le speculazioni s’infittiscono. Per le Cassandre, questo non porterà a nulla; per i commentatori più ottimisti – e sono tanti – si tratta di un passo gigantesco nei rapporti tra Israele e Arabia Saudita, accompagnato da misure concrete e pubbliche; si evoca anche l'inizio di un’intesa con l'Autorità Palestinese. Immagini quasi idilliache. Ma poi sorge una domanda. Se la visita del Presidente americano può fare miracoli del genere, se può portare all'alba di un nuovo Medio Oriente, perché si è aspettato così tanto tempo per farlo? L'amministrazione democratica sognava forse un altro scenario? Sembrerebbe, ahimè, che volesse credere, e che ci abbia creduto fino all'ultimo momento, che sarebbe stato possibile resuscitare il JCPOA, questo accordo nucleare con l'Iran concluso da un altro Presidente democratico - e ripudiato dal repubblicano Donald Trump - che essa desidera davvero.

Solo di fronte a tale impegno i leader di Teheran erano giunti a credere di poter negoziare da una posizione di forza senza fare concessioni e di continuare a sviluppare il loro programma nucleare. È stato un errore. Il presidente Biden ha capito, con un certo ritardo, che il tempo per la diplomazia era scaduto e che bisognava prepararsi al peggio. Da qui questo viaggio in Medio Oriente. Questo anche per rassicurare Paesi amici o alleati degli Stati Uniti, direttamente minacciati dalla politica aggressiva degli Ayatollah. Tuttavia, non si tratta di inviare truppe americane per rafforzare o addirittura istruire gli eserciti locali. L'obiettivo americano è quello di rilanciare il vecchio fronte dei paesi sunniti moderati contro le ambizioni egemoniche dell'Iran, un tempo guidato dall'Egitto. Questo fronte aveva beneficiato di un potente supporto logistico e militare americano e di una efficace ma discreta cooperazione israeliana. È stata la prima vittima dell'accordo firmato nel 2015 dal Presidente Obama, accordo negoziato nella massima segretezza e sentito come un tradimento dagli alleati più fedeli dell'America come l'Arabia Saudita ma anche da Israele. Questa volta, grazie agli Accordi di Abramo, questa iniziativa del Presidente Trump inizialmente snobbata dal suo successore che oggi invece parla di svilupparla, lo Stato ebraico potrebbe prendere ufficialmente parte al piano di difesa regionale che Washington vuole mettere in atto. Implicitamente, si tratta anche di garantire che le esportazioni di petrolio non vengano interrotte, il che sarebbe catastrofico per l'economia americana e per l'economia mondiale. Con l'avvicinarsi delle elezioni di medio termine, Joe Biden e il suo partito, maltrattati nei sondaggi, hanno bisogno del prestigio che porterebbe una visita piena di successi in Medio Oriente. Il che forse spiega la tanto attesa visita del Presidente in Arabia Saudita. Dimenticato l'affare Khashoggi, ignorate le violazioni dei diritti umani e soprattutto dei diritti delle donne. Viva la realpolitik!  

Immagine correlata
Michelle Mazel scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron".

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui