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Zvi Mazel/Michelle Mazel
Diplomazia/Europa e medioriente
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Dato che si dice che in Israele c’è l’apartheid! 15/02/2022
Dato che si dice che in Israele c’è l’apartheid!
Analisi di Michelle Mazel

(traduzione di Yehudit Weisz)


Amnesty International condemns Israeli violence against Palestinians

“Amnesty denuncia un 'sistema di apartheid' in Israele”, questo è il titolo del 1° febbraio su Le Monde, che a questa Ong, il cui obiettivo essenziale sembra essere la demonizzazione di Israele, dà subito il suo sigillo di approvazione: “Dopo una lunga analisi giuridica, frutto di quattro anni di indagine, essa denuncia un ‘sistema di apartheid’ nella dominazione dei palestinesi da parte di Israele.” E il quotidiano aggiunge: “L'Ong chiede quindi alla Corte penale internazionale di pronunciarsi su queste accuse.” Ricordando che i movimenti palestinesi auspicano da tempo una tale dichiarazione, il quotidiano specifica: “Già negli anni '60 il movimento nazionale palestinese denunciava la sistematica discriminazione della popolazione araba da parte dello Stato ebraico.”

Ma in realtà di quale movimento nazionale palestinese si tratta?  Le Monde ha forse dimenticato che negli anni '60 l'intera Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est, faceva parte della Giordania, essendo stata occupata e poi annessa da re Abdullah nel 1948? Chi dunque ostacolava le aspirazioni di questo movimento palestinese? E perché quest’ultimo non ha combattuto per crearsi il suo Stato? Non ci stupisce che Le Monde sia disposto a scrivere qualsiasi cosa quando si tratta dello Stato ebraico, ma questa poi! Torniamo ora a questa accusa di apartheid. Com'era prevedibile, è stata immediatamente respinta da Israele. Ma non solo. La Gran Bretagna ha subito preso le distanze affermando di non accettare l'uso di questa terminologia, seguita dalla Germania: “Noi rifiutiamo espressioni come l'apartheid o una focalizzazione unilaterale della critica su Israele. Tutto questo non aiuta a risolvere il conflitto in Medio Oriente”, ha affermato il portavoce del Ministero degli Esteri tedesco. Il portavoce del Dipartimento di Stato, Ned Price, ha dichiarato che di solito gli Stati Uniti non commentano i rapporti provenienti da gruppi esterni, ma che rifiutano l'idea che i comportamenti di Israele siano ascrivibili ad un apartheid. In questo periodo elettorale, la Francia mantiene un cauto silenzio.   Israele, tuttavia, ha ricevuto un appoggio inaspettato. Quello del signor Mansour Abbas, leader del partito Ra'am (Lista araba unita), che ha rifiutato di associarsi alle conclusioni di Amnesty.  La rete ABC ha riportato: “Il leader di un partito arabo in Israele, che l'anno scorso ha fatto la storia entrando a far parte del governo di coalizione, giovedì ha dichiarato che non avrebbe usato la parola 'apartheid' per descrivere le relazioni tra ebrei ed arabi nel Paese…”  “Preferisco descrivere la realtà in modo obiettivo”, ha aggiunto, secondo la traduzione inglese del suo intervento che lui ha pronunciato in ebraico, in diretta giovedì 10 febbraio sul set del Washington Institute for Near East Policy. “Se c'è discriminazione in una certa area, allora diremo che c'è della discriminazione in quella specifica area.”

C’è da dire che Mansour Abbas è abituato ad affermazioni provocatorie.  Non ha forse dichiarato, lo scorso dicembre, che Israele sarebbe sempre rimasto uno Stato ebraico? Ed ha aggiunto: “Israele è nato come Stato ebraico, è stata una decisione del popolo, e la questione non è sapere qual è l'identità dello Stato - è nato così e così rimarrà.” Naturalmente, l'opinione di un leader di partito arabo non può competere con Amnesty, che raccoglie consensi della stampa liberale, degli opinionisti illuminati e dei sostenitori del BDS.

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Michelle Mazel
scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron".

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