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Ugo Volli
Cartoline
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Che succede a Gaza - un dialoghetto 15/05/2018

Che succede a Gaza - un dialoghetto
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

A destra: terroristi di Hamas

Ieri l’assalto guidato da Hamas alla barriera di sicurezza fra Israele e Gaza ha provocato una cinquantina di morti, tutti dalla parte degli assalitori, che si aggiungono ad altrettanti caduti nelle edizioni precedenti della stessa “grande marcia”, durante le settimane scorse. Il totale non è una cifra grande per la regione (solo i morti palestinesi nella guerra civile siriana sono decine di volte di più), ma richiede comunque unna riflessione e la risposta ad alcune domande, che certamente ci verranno fatte dai nostri conoscenti nei prossimi giorni e cui bisogna saper rispondere. Provo a darvi qui delle spiegazioni semplici e realistiche.

Perché sono morti?
Perché hanno dato l’assalto alla barriera. Le forze israeliane non sono entrate nel territorio di Gaza, non sono state usate armi pesanti che colpiscono lontano. I morti e i feriti erano tutti a ridosso del confine, che Israele aveva ripetutamente invitato a evitare (https://worldisraelnews.com/idf-drops-leaflets-gaza-warns-civilians-keep-away-border/). Chiunque sia rimasto non dico a casa, ma a manifestare a ragionevole distanza dal confine, non ha avuto danni.

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Terroristi di Hamas cercano di sfondare il confine di Israele

Ma perché manifestano?
Non c'è nulla di "spontaneo" o "popolare" sulle violente rivolte di oggi guidate da Hamas sul confine tra Gaza e Israele. Il leader di Hamas, Yahya Sinwar, ha dichiarato quattro giorni fa che il gruppo stava pianificando una massiccia violazione della barriera di confine oggi. (https://www.independent.co.uk/news/world/middle-east/gaza-protests-latest-hamas-sinwar-border-fence-breach-israel-a8345871.html)

E perché Hamas li manda a morire, invece di manifestare in maniera da poterne garantire l’immunità?
Perché col sangue delle vittime si compra l’inchiostro dei titoli dei giornali

Ma non si poteva lasciarli protestare anche lì?
Non, non si poteva. Perché non volevano semplicemente protestare o manifestare pacificamente, come dicono i loro sostenitori. Volevano sfondare la barriera, e ci hanno tentato ripetutamente come si vede in questi video (https://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/VIDEO-IDF-thwarts-terror-attacks-as-40000-take-part-in-Gaza-protests-556386, https://www.timesofisrael.com/israeli-army-releases-footage-showing-hundreds-trying-to-breach-gaza-fence/). E’ quello che hanno ordinato loro i dirigenti di Hamas (https://www.independent.co.uk/news/world/middle-east/gaza-protests-latest-hamas-sinwar-border-fence-breach-israel-a8345871.html) che pagano milioni di dollari per chi sia ferito o ucciso negli assalti (https://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-5239265,00.html). E’ Hamas a spingerli a sfondare la barriera a ogni costo (http://www.presstv.com/Detail/2018/04/02/557179/Israel-Palestinians-Gaza-Meshaal-Haniyeh-March-of-Return)

Ma non si potrebbe disperderli semplicemente con i mezzi normali usati per le manifestazioni (gas lacrimogeni, cannoni ad acqua)?
Sono utilizzati ma non bastano. Gli assalitori sono terroristi professionali, armati e addestrati. Fra i 48 uccisi nelle settimane scorse, solo di 9 non si è accertata l’appartenenza organica a gruppi terroristi (http://www.terrorism-info.org.il/en/great-return-march-last-fridays-riots-coming-two-days-may-14-15/). Fra l’altro finora non è stata segnalata una sola donna fra le vittime: sono praticamente tutti uomini fra i 15 e i 50 anni, militari.

E se sfondassero la barriera, che male ci sarebbe? I villaggi israeliani più vicini sono a poco più di un chilometro dai punti di attacco. Hamas ha distribuito delle mappe per raggiungerli per la via più breve. A fare che? Lo spiega il leader di Hamas Yahya Sinwar in questo breve video (https://www.youtube.com/watch?v=klFbf6VG7uA): “gli strapperemo dal petto il cuore” . Altre volte ha parlato di “mangiar loro il fegato” (https://www.timesofisrael.com/hamas-head-sinwar-says-gaza-protests-will-continue-until-border-erased/) Più chiaro di così...

Ma sono dichiarazioni retoriche...
Assolutamente no. La ferocia dei terroristi di Hamas davanti a vittime indifese non ha limiti. Vi ricordate dei neonati sgozzati a Itamar coi loro genitori (https://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4041237,00.html)? O della ragazzina di tredici anni uccisa nel sonno a coltellate da un suo coetaneo? (http://www.dailymail.co.uk/wires/ap/article-3667387/Army-Palestinian-attacks-Israelis-West-Bank-killed.html).

Ma sono coloni, non hanno diritto di essere lì e voi non dovreste difenderli
A parte il fatto che la definizione “coloni” è sbagliata anche a proposito dei villaggi di Giudea e Samaria, che ci sono ottime ragioni storiche e legali per difenderli e che gli eventuali abusi edilizi non giustificano certo il terrorismo, la linea di separazione che separa Israele da Gaza è proprio la linea verde del ‘49, quella che i pacifisti e anche l’Autorità Palestinese rivendicano come confine. I villaggi che l’esercito israeliano difende in questo modo fanno parte del territorio storico di Israele, non delle terre liberate con la Guerra dei Sei Giorni. L’assalto di Hamas ha anche questo risvolto, che Hamas nega ogni possibilità di vita per gli ebrei in tutto il Medio Oriente. Non solo Gerusalemme e Hebron e la Giudea e la Samaria, gli ebrei devono essere espulsi con la violenza anche da Tel Aviv e Tiberiade e Eilat, possibilmente tutti uccisi. Come ripetono spesso, “non cederemo un pollice della Palestina” (https://www.qassam.ps/news-5795-Hamas_We_will_not_give_up_an_inch_of_Palestine.html).

E però i morti palestinesi sono cento, quelli israeliani zero.
Per fortuna sì, almeno fino a che scrivo. Ma non si tratta di una competizione sportiva, che deve essere equa. Da un lato ci sono dei soldati che difendono una posizione, la linea di separazione. Dall’altro una massa di facinorosi assassini, che diventerebbero pericolosissimi da vicino e che dunque l’esercito deve tener lontani con le armi. In questi casi e finché non viene travolta dal numero o da qualche incursione di lato, la difesa ha un vantaggio decisivo.

Ma allora perché i palestinesi continuano a provarci? Perché sperano di prevalere con la massa o di approfittare dell’oscuramento del fumo per tentare un’incursione. Se riuscissero anche solo a uccidere o peggio a catturare un israeliano, potrebbero cantare vittoria. Speriamo proprio di no. L’interesse di Israele è non solo di non perdere neanche uno dei suoi figli, ma di bloccare anche le perdite dall’altra parte e riconquistare la calma.

E’ finita, allora?
Proprio no. Oggi stesso sicuramente ci riproveranno. E il “Nakba day”, il “giorno del disastro” (che poi sarebbe l’indipendenza di Israele) e che c’è di meglio per gli adoratori del martirio di celebrare un disastro con un altro disastro?

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