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Riprendiamo da LIBERO di oggi, 21/02/2024, a pag.13 il commento di Fausto Carioti dal titolo “Lo strano caso del rettore Luiss progressista e amico dell’Iran”
A leggere la cronaca del rettore della università romana di Confindustria con l'ambasciatore dell'Iran in Italia non può non venire in mente il caso del Telegraph, il quotidiano inglese di tendenza conservatrice acquistato da un Paese arabo. Che cosa sia l'Iran oggi, crediamo sia di pubblica conoscenza: uno dei peggiori Stati del mondo dal comportamento criminale nei confronti di tutti i Paesi democratici, finanziatore del terrorismo ovunque e ultranoto per come ammazza i propri cittadini se solo chiedono di vivere non da schiavi. Eppure l'ambasciatore dell'Iran e il rettore della Luiss sono fotografati entrambi supersorridenti in quanto stanno realizzando - come riporta l'articolo di Carioti - "l'espansione delle relazioni bilaterali tra i due Paesi a livello scientifico, accademico e tecnologico". Ci auguriamo che qualcuno in Confindustria abbia ancora un po' di umanità e non trovi normale allearsi con uno dei Paesi più pericolosi sulla terra.
La domande sono due. La prima: ha senso che un’università inviti Paola Cortellesi come ospite d’onore all’inaugurazione dell’anno accademico, a suggello di una campagna per i diritti delle donne e contro i femminici, e che abbia un «Gender equality plan», un «Bilancio di genere», un «Advisor per Diversity & Inclusion» e così via, mentre il suo rettore tesse relazioni bilaterali «a livello scientifico, accademico e tecnologico» con l’Iran? Ossia con lo Stato degli ayatollah, nel quale – basta leggere il rapporto di Amnesty International - le autorità trattano le donne «come cittadine di seconda classe, anche in relazione al matrimonio, al divorzio, alla custodia dei figli, al lavoro, all’eredità e alle cariche politiche», e le persone Lgbt «subiscono discriminazioni e violenze sistemiche», tanto che «le relazioni sessuali consensuali tra persone dello stesso sesso sono criminalizzate con punizioni che vanno dalla fustigazione alla pena di morte»? La risposta, per chi sa come va il mondo, è: no, non ha senso, a meno che il regime di Teheran non finanzi programmi di ricerca, borse di studio e altre cose del genere. Sarebbe rivoltante, ma rientrerebbe in un’abitudine diffusa: l’elenco delle università occidentali disposte a turarsi il naso e rinunciare una parte della loro libertà in cambio dei soldi dei governanti arabi ansiosi di ripulirsi l’immagine è lunghissimo. Invece Andrea Prencipe, il rettore della Luiss, l’università romana di Confindustria, è passato dall’invito alla Cortellesi allo scambio d’amorosi sensi con l’ambasciatore dell’Iran senza nulla avere in cambio. Una fotografia apparsa sui social network del quotidiano Teheran Times lo mostra sorridente accanto all’ambasciatore dell’Iran in Italia, Mohammad-Reza Sabouri, che gli consegna un piccolo dono, e il testo ci fa sapere che i due «hanno avuto colloqui sull’espansione delle relazioni bilaterali tra i due Paesi a livello scientifico, accademico e tecnologico». E tutta questa bella pubblicità al regime di Teheran è stata fatta in cambio di nulla: nessun finanziamento o programma che la “giustifichi”. Insomma, tutto fa credere che il magnifico rettore della Luiss (sui cui social network, comprensibilmente, dell’incontro non vi è traccia), modello di accademico globalizzato e politicamente corretto, sia caduto in un tranello mediatico del diplomatico iraniano. E allora, la seconda domanda: la classe dirigente dell’università che pretende di formare le future classi dirigenti del Paese non coglie alcuna contraddizione tra i propri proclami inclusivi e lo spot propagandistico regalato al regime misogino e omofobico degli ayatollah? Nessuno, lì dentro, sa come funziona il mondo della comunicazione ai tempi di Internet? Per inviare a Libero la propria opinione, telefonare: 02/99966200, oppure cliccare sulla e-mail sottostante lettere@liberoquotidiano.it |
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