Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 25/11/2023, a pag. 33, con il titolo "Hamas e la violenza sulle donne israeliane" la lettera della presidente UCEI Noemi Di Segni.
Noemi Di Segni
Caro Direttore, essere donna, essere ebrea, israeliana, essere italiana. Sono orgogliosa oggi di essere tutto questo, nella piena consapevolezza che ciascuna di queste identità è generatrice di responsabilità morali che vanno ben oltre ai confini della propria famiglia e comunità. Responsabilità anzitutto di ricordare che le donne con le quali mi relaziono sono esseri umani e se subiscono una umiliazione, violenza morale o fisica, io in qualche modo ne rispondo. Se sono assassinate barbaramente, ridotte ostaggi, stuprate a causa del loro essere Israeliane, mamme o ragazze ebree, mi sento violentata assieme a loro. Se in nome della religione musulmana, o altra religione che sia, le proprie mogli, figlie, sorelle, sono assassinate, violentate o se solo vivono minacciate, ostaggi della propria fede, soffro assieme a loro e mi chiedo cosa posso davvero fare. Se ci sono donne che inneggiano alla violenza perpetrata su altre, per me sono venute meno alla nostra vocazione di generare la vita e preservarla ad ogni costo. Se questi delitti sono perpetrati nella medesima mattinata, da centinaia di terroristi e le istituzioni preposte o protese alla tutela dei diritti delle donne sono mute o propagandano una menzognera realtà, trasformando chi esercita la violenza in vittima è mio dovere gridare e chiedere a voce alta che la legittimazione a rappresentare qualsiasi istanza sia ritirata e rivista. Qualsiasi sostegno a queste organizzazioni che perseguono un’agenda politica diversa dalla loro tradita missione e che per me diventano così complici del crimine. Ed è parimenti mio dovere ribadire che il nostro dolore riguarda ogni donna palestinese che possa aver subito qualsiasi violenza di genere e se davvero sta a cuore il valore delle loro vite e ci si vuole adoperare per la loro salvezza non lo si fa con la diffamazione di tutta Israele quale Stato occupante, nazificando la narrazione, generalizzando una visionaria violenza senza poter precisare nessun nome e nessun atto. Lo si fa invece denunciando i veri criminali, i veri mandanti — Hamas e altre organizzazioni terroristiche. È da loro che si devono liberare le donne.
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