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Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 17/05/2023, a pag. 1, con il titolo 'Ecco la propaganda russa', l'analisi di Paola Peduzzi. Paola Peduzzi Volodymyr Zelensky Milano. Oleksandra Ustinova è una parlamentare ucraina, un’ex attivista contro la corruzione e oggi la presidente della commissione che monitora il trasferimento delle armi occidentali in Ucraina. Sa tutto dei database che vengono compilati nei paesi europei con i numeri di serie di tutte le armi trasferite, anche delle munizioni, sa la quantità, la provenienza, la destinazione, sa che se per caso una di queste armi ricompare da qualche parte che non è l’Ucraina “siamo rovinati”. C’è una pressione enorme su questo monitoraggio, “alcuni soldati sono morti perché sono andati a recuperare delle armi lasciate indietro e sono stati uccisi”, ha detto la Ustinova al New York Times, “se dovesse esserci un traffico di armi o un utilizzo improprio, per noi è finita”. Fino al dicembre scorso, il controllo delle forniture di armi era in mano agli americani, ma poi è stato ceduto agli ucraini per ragioni di sicurezza – è diventato complicato organizzare le missioni di monitoraggio in un paese costantemente sotto il tiro dell’esercito di Vladimir Putin – e per responsabilizzare gli stessi ucraini nella gestione del corposo sostegno militare occidentale. Ma questo monitoraggio è diventato un’ossessione: “Quante volte devo ripetervi” che stiamo controllando che non ci sia un traffico illegale delle armi che ci date?, ha chiesto esausto il presidente Volodymyr Zelensky durante la visita di una delegazione di parlamentari americani. Lo ha riferito la senatrice repubblicana Lisa Murkowski, che era a Kyiv il mese scorso: ha detto che Zelensky sembrava frustrato, ma la questione è davvero importante. Lo è in generale, naturalmente: è in corso un gigantesco riarmo globale e l’Ucraina, per difendersi dalla Russia che non accenna a diminuire i suoi attacchi né a lasciare i territori ucraini occupati illegalmente, è in questo momento un deposito di moltissime armi sofisticate, che non devono essere in alcun modo intercettate da trafficanti di armi. Ma è importante anche perché nella retorica antiucraina ricorre spesso l’accusa contro Kyiv di essere un paese endemicamente corrotto e quindi di non avere la capacità né la volontà di evitare un mercato illegale di questo patrimonio militare occidentale a sua disposizione. Vi pentirete di queste forniture, dicono minacciosi i putinisti, ricordando i casi del passato in cui gruppi terroristici si sono trovati ad attaccare gli occidentali utilizzando le stesse armi fornite dagli occidentali ad altri interlocutori. Negli Stati Uniti, che hanno stanziato 37 miliardi di dollari in aiuti militari, alla propaganda sospettosa nei confronti di Kyiv si aggiunge il dibattito sul cosiddetto “assegno in bianco” che certi repubblicani (versione trumpiana) non vogliono più dare all’Ucraina. Tra i deputati, che si stanno scannando proprio per questioni di soldi sul tetto del budget, ricorre spesso la frase: dobbiamo controllare bene dove finiscono le nostre armi. Per questo la pressione su Kyiv è così alta, per questo Zelensky è un po’ frustrato dal sospetto che lo circonda, per questo la Ustinova dice che ci sono soldati che sono stati uccisi pur di non perdere nemmeno un’arma occidentale. La commissione del Parlamento ucraino che fa i controlli ha analizzato tutti gli allarmi che sono stati lanciati (per lo più da media legati al Cremlino) su armi destinate all’Ucraina finite invece a gruppi criminali o terroristici, ma la Ustinova ha detto che non ci sono state prove e anzi ha sposato la versione di molti esponenti militari americani che sostengono che si tratti di disinformazione russa che vuole minare il sostegno della Nato a Kyiv. Il rischio naturalmente c’è, soprattutto per quel che riguarda le munizioni, che sono più difficili da monitorare. Il capo delle truppe della Nato in Europa, il generale Cristopher Cavoli, ha testimoniato davanti al Congresso americano ad aprile e ha detto di ricordare soltanto un caso di tentativo di traffico illegale da quando è incominciata la guerra (riguardava una partita di fucili automatici). Il generale è fiducioso, sa che gli ucraini non hanno alcun interesse a perdersi armi di cui hanno estremo bisogno né di alimentare una preoccupazione che di fatto è un’accusa russa. Il sistema può essere fallace, ma gli ucraini sanno bene che il costo della disattenzione è alto e potrebbe avere conseguenze molto più ampie visto che il rapporto di fiducia tra Kyiv e i suoi alleati è straordinariamente prezioso. Così oltre a riempire database fittissimi sulle armi in arrivo, comunicano anche tutte le armi distrutte o catturate dai nemici: il numero di serie di ogni sistema d’arma perso viene comunicato all’ambasciata americana a Kyiv: se dovesse ricomparire in Iran o altrove, dice la Ustinova, almeno non accusati noi.
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