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Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 10/12/2022, a pag.8 con il titolo "La verità su Bucha pagata con 9 anni di carcere" il commento di Anna Zafesova.
Otto anni e sei mesi di prigione per aver raccontato in uno stream so YouTube la verità sui massacri di civili ucraini compiuti dall'esercito russo a Bucha. Ilya Yashin è - per ora almeno - l'oppositore russo che si è preso la condanna più pesante per aver protestato contro l'invasione dell'Ucraina. Nessuno dubitava che la sentenza emessa dal tribunale del quartiere Meshansky di Mosca sarebbe stata di colpevolezza, ma segna comunque una svolta: la pesantezza della condanna è un avvertimento a tutti quelli che pensavano che in Russia fosse ancora possibile esprimere liberamente la propria opinione. Se negli anni precedenti i leader del dissenso venivano accusati di reati comuni - Mikhail Khodorkovsky era stato condannato a 10 anni per evasione fiscale, Alexey Navalny per "truffa" -, la dittatura militare imposta da Vladimir Putin dopo l'invasione dell'Ucraina non si prende più nemmeno il disturbo di cercare pretesti. L'articolo 207.3 del codice penale della Federazione Russa infatti punisce la «diffusione di fake sull'esercito russo», cui nel caso di Yashin si aggiunge l'aggravante del «motivo di odio politico». La giudice Oksana Goryunova non ha avuto esitazioni a condannare un uomo al carcere perché «ha fatto affermazioni che divergono da quanto asserisce lo Stato Maggiore russo», e ad affermare che una delle componenti del "reato" commesso da Yashin fosse l'aver citato come fonti i media occidentali. E quando perfino un giornalista di corte osa chiedere a Putin se non gli sembra che una condanna a otto anni e mezzo per un'opinione sia «bestiale», il presidente russo risponde con un mezzo sorriso e una battuta: «Il nostro popolo dice che se ti sembra di vedere qualcosa, bisogna farsi il segno della croce». Il messaggio è chiaro, e le 100 persone arrivate a contestare la sentenza possono sembrare pochissime, ma hanno dato mostra di un coraggio raro ormai in Russia. «Io non ho paura e anche voi non dovete averne», è stato il mantra che Yashin ha ripetuto ai suoi sostenitori. In aula ha riso, scherzato e gesticolato dalla sua gabbia di vetro, e ha concluso il suo ultimo discorso da imputato chiedendo ai dissidenti di « non dimenticare di sorridere, perché se ci scordiamo la gioia della vita loro avranno vinto». Del resto, il 39enne politico era andato incontro alla condanna consapevolmente: come il suo amico e mentore Alexey Navalny, ha preferito la prigione al silenzio e alla fuga. Al momento del suo arresto, a luglio, era l'unico volto famoso dell'opposizione russa a rimanere in patria ed essere ancora libero, e non ha nascosto che i suoi carcerieri gli avevano consigliato di emigrare. L'esilio è stato la scelta di centinaia di migliaia di oppositori, giornalisti e intellettuali russi, ma Yashin ha deciso invece per il martirio in pubblico. Nel suo messaggio dopo la condanna ha scritto di aver vinto il processo perché ha avuto la possibilità di «dire la verità sui crimini di guerra», mentre molti si chiedono quanto abbia senso pagare un prezzo così alto per poter dare la propria testimonianza, prima di venire silenziato per otto anni. Yashin però è convinto di uscire molto prima: «Chi mi ha condannato a otto anni e mezzo ha una stima troppo ottimista sulle prospettive di Putin», ha scritto, promettendo che «presto ci aspetterà un grande lavoro per far tornare il nostro Paese a essere giusto e umano». Dello stesso avviso è anche Navalny, che dalla sua cella ha promesso a Yashin che «la Russia sarà libera come sarai libero tu». Ma intanto la repressione aumenta, e ieri da Nizhny Novgorod è arrivata la notizia che Grigory Kochenov, un noto imprenditore digitale e convinto nemico della guerra, è "caduto dal balcone" del suo appartamento durante una perquisizione della polizia. Pochi giorni prima a fare la stessa fine, nelle stesse circostanze, era stata Marina Kudrina, ex responsabile del movimento di Navalny a Bratsk, in Siberia: ufficialmente, era stata visitata dalla polizia dopo un litigio con la figlia, ma i suoi colleghi dicono che gli agenti le facevano domande sui post a favore dell'Ucraina che metteva nei social.
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