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La Stampa Rassegna Stampa
02.06.2022 Moisés Naím: 'Resistenza ucraina una priorità per l'Occidente'
Lo intervista Francesco Semprini

Testata: La Stampa
Data: 02 giugno 2022
Pagina: 5
Autore: Francesco Semprini
Titolo: «'Così Biden prolunga la guerra, l'Ucraina non deve cedere territori'»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 02/06/2022 a pag.5 con il titolo 'Così Biden prolunga la guerra, l'Ucraina non deve cedere territori' l'intervista di Francesco Semprini.

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Francesco Semprini

Moises Naim: «Le dittature comandano il 70% della popolazione mondiale»
Moisés Naím

«Biden non solo si è impegnato a inviare armamenti più potenti, ma ha assicurato che gli Usa non faranno mai pressioni sull'Ucraina affinché ceda territori alla Russia pur di arrivare a un cessate il fuoco. È questo il passaggio più potente dell'editoriale di Joe Biden pubblicato dal New York Times».

Ad analizzare le contromosse della Casa Bianca sul conflitto è Moisés Naím, senior associate del Carnegie Endowment for International Peace Joe Biden annuncia l'invio di armamenti più pesanti in un editoriale sul New York Times, Vladimir Putin risponde accusandolo di gettare benzina sul fuoco. Che valore ha la decisione di Washington? «La decisione di inviare a Kiev armi più sofisticate non è l'aspetto prevalente di questa vicenda, anche perché era stato anticipato da diversi osservatori e strateghi. Era una questione di tempo e di forma, non c'erano troppi dubbi. Il punto più importante dell'editoriale di Biden è un altro, ovvero che gli Stati Uniti non faranno in alcuno modo pressioni sull'Ucraina affinché prenda parte a negoziati che prevedano cambiamenti dell'integrità territoriale del Paese».

A cosa si riferisce? «È in corso un certo dibattito sull'opportunità di concedere porzioni di territorio ucraino a Putin per fare in modo che cessi le ostilità e si arrivi a un accordo di pace in tempi brevi. Mosca punta al controllo completo di Luhansk e Donetsk laddove tutto è iniziato nel 2014, pertanto alcuni suggeriscono di concedere questo a Putin affinché lui possa tornare a casa con un risultato funzionale al rafforzamento della sua immagine, anche dal punto di vista interno. Ci sono altri che invece dicono che non ci si può sedere al tavolo negoziale sino a quando i russi non saranno rimandati da dove sono venuti. Ebbene Biden ha detto chiaramente che questa è e rimarrà la posizione Usa, Washington non farà alcuna pressione sull'Ucraina affinché si sieda al tavolo negoziale impegnandosi a concedere alla Russia porzioni di territorio».

Una posizione che profila una durata estesa del conflitto…. «È un chiaro sostegno alla prosecuzione dei combattimenti che gli Usa garantiscono all'Ucraina, confermando la prosecuzione degli aiuti militari».

Il segretario della Nato è a Washington per una serie di incontri, che valore ha la sua visita in questo particolare momento storico? «Jens Stoltenberg è passato dall'essere condannato a scavare la fossa della Nato a protagonista e leader di un'alleanza militare con una potenza senza precedenti. Basti ricordare quando Donald Trump bersagliava la Nato e i suoi alleati sulla questione dell'inadempienza sulle spese militari, sulle inadeguatezze dell'organizzazione, nonché sulla sua obsolescenza. Ora invece la Nato è tornata ad essere il peggior incubo di Putin che, partito per indebolirla, è riuscito nella miracolosa opera di rianimarla e conferirgli nuova forza e luce. Credo che Stoltenberg in questi giorni a Washington farà sentire la voce dell'Alleanza nella sua collegialità, ma con una forza che non ha mai avuto prima».

Negli incontri di oggi si parlerà anche delle candidature di Svezia, Finlandia, a che gioco sta giocando la Turchia in tutto questo? «Ankara sta facendo il suo gioco, ovvero sta negoziando per ottenere qualcosa, Erdogan cerca visibilità e consenso sul piano nazionale e internazionale. La questione dell'ingresso di Finlandia e Svezia rientra in questa sua strategia. È un po' la stessa cosa che sta facendo Viktor Orban in Ungheria nell'ambito dell'Unione europea. Hanno entrambi potere di veto e lo stanno usando per fare i propri interessi».

Tutto questo porterà a un accordo sul grano? «Non lo so, è una sfida difficile. Putin ha detto che è disposto a far ripartire l'export del grano ucraino se saranno richiamate le sanzioni, ma questo credo non sia possibile perché verrebbe meno la morsa con la quale si punta a indebolire nel medio termine la Russia, ovvero il Paese aggressore».

Cosa ne pensa del piano per la pace consegnato dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio al segretario generale dell'Onu Antonio Guterres? «Al di là dei contenuti, mi sembra che non ci siano i presupposti per parlare di negoziati che vadano oltre alcuni aspetti circoscritti e ben definiti, come ad esempio la sicurezza alimentare. Del resto lo stesso Putin ha detto che non è interessato a nessun negoziato per un cessate il fuoco. Anche sul piano italiano mi è sembrato perentorio. Così come sono stati gli esiti dei colloqui con il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz».

Come si chiude un conflitto come questo? «Non c'è una formula, io credo che anziché di fine del conflitto assisteremo a un mutamento. Dipende dalla definizione di guerra, c'è il conflitto con escalation in cui aumentano i protagonisti, gli armamenti e gli scontri, ma c'è anche una guerra di bassa intensità dove le ostilità proseguono in maniera meno palpabile, sottotraccia. Ecco tra questi due modelli agli antipodi c'è una vasta gamma di possibilità».

Gli Usa quanto ancora sono disposti a sostenere l'Ucraina? «Dipende dai risultati sul campo e dalle elezioni americane. Per adesso c'è un accordo bipartisan come non vedevamo da anni al Congresso, ampio e significativo, sia repubblicani che democratici hanno deciso di stanziare 40 miliardi di dollari. Dobbiamo vedere cosa succederà con l'avvicinarsi delle elezioni di metà mandato e dopo, alla luce dei risultati, bisogna vedere se questa compattezza trasversale reggerà».

Gli Stati Uniti e la Cina stanno organizzando il primo incontro faccia a faccia tra il segretario alla Difesa Lloyd Austin e il collega cinese Wei Fenghe. Ad aprile, Austin e Wei avevano parlato al telefono, ma una conversazione di persona avrà più peso considerando le crescenti tensioni tra Washington e Pechino su Taiwan. La priorità strategica per Washington rimane l'Indo-Pacifico? «Il vero concorrente degli Usa è la Cina e Washington non può mai perdere di vista questo aspetto, la Russia al momento è una priorità contingente, però è con Pechino la vera sfida per l'interesse nazionale americano. Ed è su questo che presto gli Usa dovranno tornare a concentrarsi».

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