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Riprendiamo da LIBERO di oggi, 16/06/2021, a pag. 8, con il titolo 'Netanyahu non c'è ma cambierà poco' l'analisi di Daniel Mosseri.
A destra: Uzi Rabi, direttore del Moshe Dayan Center for Middle Eastern Studies dell'Università di Tel Aviv
Daniel Mosseri Israele si cambia. Esce Benjamin Netanyahu e il suo Likud di solito sostenuto dai partiti ultraortodossi e nazionalisti, ed entra in scena Naftali Bennet, il primo premier israeliano con la kippah in testa. Leader dei nazionalisti religiosi (ma non ultraortodossi) della Nuova Destra, Bennet si porta dietro i nazionalisti russi mangiarabbini di Avigdor Lieberman, i nazionalisti di Yamina, i centristi di Yair Lapid, una costola del Likud, i laburisti, la sinistra arcobaleno, e una rappresentanza dei Fratelli musulmani guidati dal deputato arabo Mansour Abbas con tanti saluti alle accuse di apartheid. Un governo-macedonia con un ministro arabo, uno druso, tante donne, fra le quali una ministra disabile, e un ministro apertamente gay. Al professor Uzi Rabi, direttore del Moshe Dayan Center for Middle Eastern Studies dell'Università di Tel Aviv, abbiamo chiesto se e come cambia l'approccio del nuovo gabinetto nei rapporti con i palestinesi. «La tattica forse, non certo la strategia. Chi crede che questo esecutivo abbia la bacchetta magica per risolvere i «Netanyahu non c'è ma cambierà poco» problemi con Hamas si illude. Pensi alla marcia delle bandiere in programma oggi (ieri, ndr) a Gerusalemme: alle minacce di Hamas, Bennet ha risposto ridispiegando l'Iron Dome e allertando le forze armate».
Quali saranno le novità? «Non escludo che questo governo, che è molto più fragile di quello precedente, possa raggiungere con Hamas un accordo sullo scambio dei prigionieri (Hamas trattiene le salme di due soldati delle Israeli Defense Forces caduti nel 2014, e tiene prigionieri due civili israeliani: uno arabo e un israeliano nato in Etiopia, ndr). Allo stesso tempo temo che un esecutivo che si regge anche sull'appoggio di un partito arabo possa cadere alle prime avvisaglie di un conflitto con il movimento islamico che controlla la Striscia di Gaza. La vera differenza con i governi di Netanyahu è che la tenuta del gabinetto Bennet-Lapid verrà testata giorno per giorno».
Gli accordi di Abramo firmati da Netanyahu con l'aiuto di Trump terranno? «È paradossale che questi accordi siamo stati firmati con governi del Golfo che combattono contro la Fratellanza musulmana, un cui rappresentante oggi sostiene il governo d'Israele. Queste intese non sono però basate su simpatie personali ma su comuni interessi strategici (il contenimento dell'Iran e lo sviluppo nella regione, ndr). Netanyahu è uscito di scena, questi interessi no».
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