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| Cosa può imparare Israele dal declino del Libano?  Analisi di Mordechai Kedar  (Traduzione di Yehudit Weisz) Il  Libano, come la Siria, la Giordania, l'Iraq e Israele, ebbe origine  sulle rovine dell'Impero Ottomano, dopo che le sue terre furono  conquistate dalla Gran Bretagna  che, insieme alla Francia, aveva  ricevuto dalla Società delle Nazioni il mandato di creare degli Stati  indipendenti in quei territori. L'idea che dominava il mondo  intellettuale nazionalista di lingua araba era quella di creare un  grande Stato nella regione che includesse le comunità religiose  musulmane, cristiane, druse, alawite ed ebraiche. Ma a molti cristiani  in Libano, in particolare ai maroniti, questa idea non piaceva, poiché  erano ben consapevoli del destino che gli armeni e gli assiri avevano  subito durante la Prima Guerra Mondiale, un periodo buio durante il  quale furono assassinati più di un milione di cristiani armeni per mano  dei musulmani, in modi inauditi e barbari.  Sapevano che un grande Stato  siriano avrebbe avuto una grande maggioranza musulmana mentre i  cristiani avrebbero costituito una minoranza, proprio com’era ai tempi  dell'Impero Ottomano musulmano.                                                                           Quando l'Impero Ottomano crollò, i  cristiani libanesi videro un'opportunità per liberarsi dal giogo della  maggioranza musulmana. Il loro principio guida era che lo Stato libanese  avrebbe potuto risolvere il loro problema di cristiani. I francesi -  che detenevano il mandato siriano - si erano identificati con il  desiderio di indipendenza dei cristiani e collaborarono allo sforzo di  trasformare il Libano in uno Stato separato per loro. Tra i cristiani  del Libano fu avviato un dibattito tra coloro che credevano in un  “Piccolo Libano” e coloro che insistevano per un “Grande Libano”. Il  “Piccolo Libano” era il territorio che si estendeva da Beirut verso Est e  a Nord fino a Tripoli. Anche se questo territorio era davvero piccolo,  tutti i suoi residenti erano cristiani. Il problema con quella zona è di  essere interamente montuosa, quindi il suo potenziale economico, in  termini di agricoltura, è per sua natura limitato. L'alternativa era un  “Grande Libano” che conteneva la Valle della Bekaa - una vasta e fertile  estesa agricola - e le terre a Sud di Beirut. La difficoltà era che  quei territori aggiuntivi erano popolati da drusi e da musulmani sciiti e  sunniti, il che avrebbe messo a repentaglio la peculiarità cristiana  stessa del Libano. Dopo un dibattito pubblico, vinsero coloro che erano a  favore di un “Grande Libano” con meccanismi costituzionali e di governo  che avrebbero perpetuato l'egemonia cristiana. Lo Stato che fu  istituito era una sorta di democrazia che aveva assegnato ruoli politici  tra le diverse comunità. I guai iniziarono quando la minoranza  cristiana dovette rinunciare alla natura cristiana del Paese. Questo  processo si è svolto in diversi momenti della storia del Libano, di cui  qui ne verranno citati tre. Il primo, nell'accordo del Cairo del 1969, il Presidente egiziano Gamal  Abdel Nasser mise il Libano in una situazione in cui i campi profughi  palestinesi - a quel tempo ce n’erano dieci - occupavano una zona  extraterritoriale ove i residenti potevano organizzarsi, armarsi e  addestrarsi per la “Liberazione della Palestina”.  La valle della Bekaa La  presenza militare palestinese in Libano è diventata rapidamente una  minaccia per la sicurezza dell'esistenza dello Stato, e in effetti sono  stati i palestinesi armati ad innescare la Guerra Civile Libanese nel  1976. La seconda svolta avvenne nel 1980, quando il Libano permise all'Iran  governato da Khomeini di iniziare a inviare propagandisti sciiti nel  Paese con l'obiettivo di rafforzare lo spirito comunitario degli  sciiti. Successivamente, Teheran avrebbe inviato esperti militari, armi e  munizioni per aggiungere una dimensione militare alla forza spirituale  della comunità sciita. Questo processo si è verificato mentre il Paese  era coinvolto in una guerra civile e la capacità del governo di  ostacolare il potere militare degli sciiti era limitata. La presenza  militare israeliana nel Libano meridionale aveva fornito un pretesto per  questo processo. La terza pietra miliare fu l'Accordo di Taif del 1989, che pose fine  alla Guerra Civile. Questo accordo prevedeva che tutte le milizie  comunitarie sarebbero state sciolte e che l'esercito libanese sarebbe  stato l'unica forza armata. I siriani, che allora dominavano il Libano,  avevano sciolto tutte le milizie tranne Hezbollah, che loro hanno  continuato ad armare e sostenere fino a che questa divenne l’ala armata  più potente in Libano, anche più forte dell'esercito statale. Nel frattempo, in Libano si stava verificando un processo demografico  bidirezionale in cui la popolazione cristiana è diminuita a causa del  basso tasso di natalità e dell'elevata emigrazione e la popolazione  sciita è aumentata a causa di un alto tasso di natalità e bassa  emigrazione. La comunità sciita è ora la più numerosa del Paese. Sebbene  in Libano non venga condotto alcun censimento a causa della delicatezza  della questione demografica, si dice che la comunità sciita sia più  numerosa di tutte le altre messe insieme; in altre parole, gode di una  maggioranza decisiva in Libano. Nel corso degli anni, la comunità  cristiana in Libano non ha agito all'unisono (ci sono più di 10 diversi  gruppi cristiani nel Paese), e molti politici cristiani hanno cercato  alleati tra le altre comunità e hanno collaborato con loro  principalmente per promuovere interessi personali. L'esempio più  notevole è l'attuale Presidente del Libano Michel Aoun, eletto nel 2016  come braccio lungo di Hezbollah.  Quindi si  è venuta a creare una situazione in cui il leader di Hezbollah Hassan  Nasrallah è l'effettivo sovrano del Libano. È lui che determina quali  politici delle diverse comunità vanno nominati nelle posizioni di  “leadership”, e che decide quando devono essere rimossi dal sistema  politico o addirittura assassinati (come nel caso dell'ex premier Rafiq  Hariri). In un processo lento ma innegabile, il Libano ha cessato di  essere la “Svizzera del Medio Oriente” poiché la comunità cristiana per  la quale era stato fondato il Libano ha rinunciato alla “cristianità”  del Paese. I leader corrotti di quella comunità si dedicarono a  realizzare gli obiettivi egemonici della comunità sciita, un gruppo che  era stato incluso nel Paese a causa degli appetiti territoriali dei  sostenitori cristiani di un “Grande Libano.”                                                                           Per Israele, la lezione  del caso libanese è che deve fare tutto il possibile per mantenere una  chiara e solida maggioranza demografica ebraica. Il mio “Piano degli  Emirati” è inteso a realizzare una separazione tra Israele e la  stragrande maggioranza della popolazione palestinese della Cisgiordania,  mantenendo la maggior parte delle terre rurali scarsamente popolate  sotto la sovranità israeliana. Israele deve anche ancorare lo  stato-nazione del popolo ebraico non solo in una legge fondamentale, la  Legge dello Stato-Nazione, ma anche in un lungo elenco di leggi,  regolamenti e azioni sul terreno che si basino sulla Legge dello  Stato-Nazione e metterle in pratica. Inoltre, Israele deve stare ben  attento a qualsiasi tentativo che potrebbe minare il suo status di Stato  del popolo ebraico, in particolare da parte delle fondazioni e dei  gruppi israeliani, nonché delle istituzioni in Europa e negli Stati  Uniti, il cui unico scopo è porre fine a tutta quella realtà. Allo  stesso modo, Israele deve essere vigile nei confronti dell'attività  antiebraica a Gerusalemme in generale e sul Monte del Tempio in  particolare, e deve rimuovere tutti gli attori stranieri che hanno preso  piede nella capitale israeliana, dalla Giordania alla Turchia,  dal waqf (che Moshe Dayan incautamente ci ha rifilato sul posto) al  Movimento Islamico. Se Israele rinuncia al suo status di Stato del  popolo ebraico, il suo destino sarà lo stesso di quello del suo vicino  libanese nel Nord, che avrebbe dovuto essere lo Stato dei cristiani.  Mordechai  Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel  Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Studi (in  formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica  e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista  dei media arabi. | 
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