Riprendiamo dal FATTO Quotidiano di oggi, 11/08/2020, a pag.14, con il titolo "Cisgiordania, per l'Alta Corte demolire le case lede la dignità", il commento di a firma A.G.
I bambini arabi palestinesi - a Gaza ma anche in West Bank - vengono cresciuti nell'odio verso ebrei e Israele. Questo avviene sia per volontà delle famiglie, sia per quella dell'amministrazione dei terroristi di Hamas e dell'Anp di Abu Mazen. Perciò non sarebbe inopportuna la distruzione non solo delle abitazioni dei terroristi responsabili di attentati, ma anche delle case, spesso lussuose, dei capi di Hamas e Anp. L'intesa sulla questione delle demolizioni tra Gantz e Netanyahu è invece una buona notizia.
Ecco l'articolo:
La Corte Suprema israeliana
Un altro mattone a favore della causa palestinese, un altro punto a sfavore della eventuale campagna elettorale di Benjamin Netanyahu. Ieri l'Alta Corte di Tel Aviv ha revocato un ordine di demolizione della casa di una famiglia di un palestinese accusato di aver ucciso il soldato israeliano Amit Ben Yagal in Cisgiordania a maggio scorso. Secondo i giudici Menachem Mazuz e George Karra che hanno accolto la richiesta della famiglia di Nizmi Abu Bakr, “la demolizione comporterebbe un grave danno a una serie di diritti fondamentali, tra cui quello di proprietà e dignità umana”. Contrario soltanto il terzo magistrato. ”Una decisione miserabile", ha tuonato Netanyahu. "Non possiamo concedere un vento favorevole al terrorismo", ha continuato il premier israeliano che si è impegnato a chiedere un'altra udienza con un gruppo allargato di giudici. Di opinione opposta Mazuz che nelle motivazioni della sentenza, ha chiarito che la moglie egli otto figli di Abu Bakr non sono coinvolti neanche "in azioni di favoreggiamento" nel delitto di cui è accusato l'uomo e che - a maggior ragione - se questi venisse condannato e dovesse finire in prigione, ciò lascerebbe definitivamente l'intero nucleo familiare senza un tetto. La demolizione sarebbe un danno dunque prima di tutto per loro". Il giudice Karra, dal canto suo, ha affrontato la politica, delle demolizione delle case più in generale, definendo "sconcertante" che "resti in vigore senza una discussione approfondita e sostanziale dei principi che rappresenta". "L'uso continuato di questo strumento, che porta con sé gravi danni agli innocenti, rappresenta una punizione collettiva", ha scritto Karra. Abu Bakr viveva con la famiglia in un appartamento al terzo piano dell’edificio di proprietà congiunta con suoi fratelli che hanno presentato con lui la richiesta di fermare la demolizione. L'ordine era solo per il terzo piano, e secondo un rapporto dell'esercito israeliano c'era una "bassa probabilità che la demolizione causasse danni strutturali all'edificio" Non si è fatta attendere neanche la risposta del ministro della Difesa, Benny Gantz, che ha twittato: "Rispetteremo la decisione, ma una sentenza che revoca un ordine di demolizione per la casa del terrorista che ha ucciso Amit Ben Ygal è davvero deplorevole. Le demolizioni sono un deterrente, uno strumento importante nella lotta al terrorismo. Pertanto, ho incaricato i professionisti del ministero di richiedere un’udienza ulteriore". Si tratta della prima volta che Gantz e Netanyahu sono d'accordo negli ultimi mesi.
Un altro mattone a favore della causa palestinese, un altro punto a sfavore della eventuale campagna elettorale di Benjamin Netanyahu. Ieri l'Alta Corte di Tel Aviv ha revocato un ordine di demolizione della casa di una famiglia di un palestinese accusato di aver ucciso il soldato israeliano Amit Ben Yagal in Cisgiordania a maggio scorso. Secondo i giudici Menachem Mazuz e George Karra che hanno accolto la richiesta della famiglia di Nizmi Abu Bakr, “la demolizione comporterebbe un grave danno a una serie di diritti fondamentali, tra cui quello di proprietà e dignità umana”. Contrario soltanto il terzo magistrato. ”Una decisione miserabile", ha tuonato Netanyahu. "Non possiamo concedere un vento favorevole al terrorismo", ha continuato il premier israeliano che si è impegnato a chiedere un'altra udienza con un gruppo allargato di giudici. Di opinione opposta Mazuz che nelle motivazioni della sentenza, ha chiarito che la moglie egli otto figli di Abu Bakr non sono coinvolti neanche "in azioni di favoreggiamento" nel delitto di cui è accusato l'uomo e che - a maggior ragione - se questi venisse condannato e dovesse finire in prigione, ciò lascerebbe definitivamente l'intero nucleo familiare senza un tetto. La demolizione sarebbe un danno dunque prima di tutto per loro". Il giudice Karra, dal canto suo, ha affrontato la politica, delle demolizione delle case più in generale, definendo "sconcertante" che "resti in vigore senza una discussione approfondita e sostanziale dei principi che rappresenta". "L'uso continuato di questo strumento, che porta con sé gravi danni agli innocenti, rappresenta una punizione collettiva", ha scritto Karra. Abu Bakr viveva con la famiglia in un appartamento al terzo piano dell’edificio di proprietà congiunta con suoi fratelli che hanno presentato con lui la richiesta di fermare la demolizione. L'ordine era solo per il terzo piano, e secondo un rapporto dell'esercito israeliano c'era una "bassa probabilità che la demolizione causasse danni strutturali all'edificio" Non si è fatta attendere neanche la risposta del ministro della Difesa, Benny Gantz, che ha twittato: "Rispetteremo la decisione, ma una sentenza che revoca un ordine di demolizione per la casa del terrorista che ha ucciso Amit Ben Ygal è davvero deplorevole. Le demolizioni sono un deterrente, uno strumento importante nella lotta al terrorismo. Pertanto, ho incaricato i professionisti del ministero di richiedere un’udienza ulteriore". Si tratta della prima volta che Gantz e Netanyahu sono d'accordo negli ultimi mesi.
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