|
|
||
Diego Gabutti inizia oggi la collaborazione con Informazione Corretta Diego Gabutti narra di cospirazioni reali e illusioni rivoluzionarie, di storie personali e ardite teorie dell’arte e della società, e della loro tendenza a confondersi fino all’indistinguibilità dell’una e dell’altra. Un racconto avvincente che illumina il conflitto tra arte e potere che da più di tre secoli caratterizza le società occidentali. Su IC seguirà le cronache politiche/culturali con l'occhio critico e disincantato di chi non deve rendere conto a nessuna ideologia. Per un assaggio del suo stile, cominciare da "Cospiratori e poeti, dalla Comune di Parigi al Maggio '68" (Neri Pozza ed.) A destra: Donald Trump
Ecco l'articolo: Non sarà bello dare del «perdente completo» al sindaco di Londra. Ma c’è di peggio, in fatto di fair play: dare del fascista («un fascista del XX secolo», che «non va accolto srotolando il tappeto rosso» ma con striscioni trucidi, da ribollita sessantottesca) al presidente degli Stati Uniti, come ha fatto il sindaco di Londra, Mr Sadiq Khan, prima che l’Air Force One, Donald Trump e tutto, atterrasse in Inghilterra per una visita ufficiale. Sono i bambini, intendiamoci, a giustificarsi dicendo: «È stato lui a cominciare, io non c’entro». Niente scuse, rispondono i genitori con la testa sul collo, che sequestrano per punizione l’iPad anche a chi ha soltanto risposto alla provocazione (è pedagogia spicciola, in uso fin dai tempi di Mammut e Babbut). Ma resta il fatto che c’è sempre qualcuno che comincia per primo. Nel caso presente, è stato Sadiq Khan, il sindaco di Londra, a scatenare la rissa mediatica. Mandiamo Trump a letto senza cena, ma concediamogli le attenuanti generiche.
Sadiq Khan – che si è dimostrato il peggiore degli ospiti, un’aggravante da manuale – merita invece un mese minimo di punizione. Ma che dire della nostra stampa, praticamente tutta, che ha raccontato questa storia partendo dalla fine, cioè da Donald Trump che dà del perdente al sindaco di Londra, evitando e anzi guardandosi bene dal raccontare (salvo rarissime eccezioni, e mai nei titoli) che Sadiq Khan si è preso del perdente dopo aver dato del fascista a Trump? Eppure, è parte grassa della storia. Non si è semplicemente mai visto un sindaco che si permette d’insultare un capo di stato in visita, e non un capo di stato qualsiasi, ma il principale alleato del suo paese, nonché leader della principale democrazia d’Occidente. È qualcosa che sta alla storia delle relazioni diplomatiche come il dadaismo alla storia dell’arte. Neanche Trump, naturalmente, è un maestro di buone maniere, e lo ha dimostrato anche stavolta, con le sue dichiarazioni (a dir poco inappropriate) sulla Brexit e i suoi evviva (a dir poco fuori luogo) a Boris Johnson. Per non dire che la buona educazione, in politica e fuori, ma soprattutto in politica, è una causa persa ormai ovunque, come noi italiani sappiamo anche troppo bene. Ma Sadiq Khan, accogliendo Trump con un insulto da assemblea studentesca anni sessanta, è riuscito a trasformare Londra, che R.L. Stevenson definì una volta «la Baghdad occidentale», nella Baghdad di Saddam Hussein: una città ostaggio di ridicoli pasdaran socialisti, trucibaldi e demodé. Molti anni fa, sotto lune persino più torve e minacciose delle attuali, un presidente americano in visita ufficiale a Roma fu accolto da un tumulto antiyankee. Attraversando la città in automobile, diretto al Quirinale, scosse la testa e disse ai suoi accompagnatori, con un sospiro: «Questo è un paese da dimenticare». Ma almeno non era stato il sindaco di Roma a indire la manifestazione. Erano stati i goscisti: Potere operaio, Lotta Continua, le Brigate rosse. Sadiq Aman Khan, quarant’anni dopo, è riuscito nell’impresa di portare il goscismo nelle istituzioni. Un goscismo per fortuna annacquato. Non un incubo (almeno per il momento, e qui incrociamo le dita) ma una barzelletta, per giunta vecchia.
|
Condividi sui social network: |
|
Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui |