Una strana fortuna Maurice Grosman
Traduzione di Vanna Lucattini Vogelman
Giuntina Euro 14
Un racconto di vita: una vita in cui la chance, la fortuna, ha avuto un ruolo determinante. Intendiamoci: può essere considerata fortuna il fatto di ricevere un calcio così forte da spezzare un'anca, un cattivo decorso degenerato in tubercolosi ossea, un ricovero lunghissimo, la solitudine di credersi abbandonato dalla famiglia, cure insufficienti e per molto tempo inefficaci? Sì, nella Francia del 1942 occupata dai tedeschi e in cui vigono le leggi razziali, per un ragazzino dodicenne ebreo questa serie di fatti che in altro tempo e in altro luogo sarebbero stati una summa di disgrazie diventano una fortuna. Strana, sicuramente, ma indubbia. Perché fu quella serie di fatti, il loro concatenarsi, l'imbozzolamento in un letto d'ospedale fuori dai riflettori della storia, a salvargli la vita. La chance, per quel ragazzino di famiglia polacca emigrata in Francia in seguito ai pogrom contro gli ebrei, si presentò sotto forma di aggressione feroce prima, e di malattia grave poi.Il racconto è in prima persona, il narratore, ovvero il bambino preso a calci da un compagno di scuola cattolico, è Maurice Grosman, l'autore del libro. La sua memoria però è restia ad andare in linea retta, a seguire cronologicamente i fatti come di norma accade quando si racconta la propria vita, quando si scrive un'autobiografia. È una memoria costretta a fare avanti e indietro, a tuffarsi nell'orrore per poi riemergerne andando a ripescare momenti sereni, che facciano da scudo al resto e rendano dicibile ciò che non lo è.L'antefatto: papà Grosman, sarto, viene arrestato e mandato a Drancy, il campo di smistamento francese, nel 1941. La moglie e i cinque figli sopravvivono come possono in una Parigi ogni giorno più inospitale. Un giorno Maurice e il fratellino Simon - elusa la sorveglianza materna - vanno a piedi a Drancy perché sanno che lì è stato portato il loro padre e alle guardie del campo chiedono di poterlo incontrare. Vengono rispediti a casa, inconsapevoli del rischio corso.La tragedia: l'obbligo di portare la stella gialla cucita sugli abiti genera comportamenti brutali nei confronti di chi, in questo modo, diventa individuabile. Maurice cerca di difendere il fratellino dalla violenza di un compagno e riceve il calcio che lo spezza in due. Ricoverato in ospedale, non vedrà più i suoi familiari che verranno portati via durante la tristemente celebre retata del 16 luglio 1942. La «fortuna» coincide con l'aggravarsi delle condizioni di salute del dodicenne. Fortuna aiutata, va detto, da alcuni francesi - ce ne furono - che non accettando la legge del nemico la combatterono. Protessero quel ragazzino e tanti altri come lui, lo nascosero, lo curarono sotto falso nome.L'epilogo: qui sta il risvolto della storia, il suo riscatto. Maurice, finalmente guarito (sia pure con l'handicap di una gamba che resterà per sempre menomata) al momento della Liberazione, solo al mondo, viene affidato all'Assistenza pubblica. Ma il libro, nel suo ultimo scorcio, racconta il riemergere dal nulla di una zia ricca, la ripresa della vita. Maurice si dà da fare e appena può rileva un negozietto, poi un altro…Ne sarebbe nato il marchio Celio, oggi famoso nel mondo: grazie a una calcio dato con odio che il caso trasformò in salvezza.
Gabriella Bosco
Tuttolibri – La Stampa