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L'OPINIONE di giovedì 23 settembre 2005 pubblica a pagina 6 l' articolo di Gabriele Lanfranchi "L’Islam è compatibile con la libertà? Dibattito tra ottimismo e pessimismo" Uno degli interventi più attesi dell' "Université d'été de la nouvelle economie" svoltasi a fine agosto a Aix en Provence è indubbiamente stato quello di Michael Novak. Lo studioso americano ha ricordato come per Alexis de Tocqueville la libertà di religione fosse "il primo principio politico della democrazia". Il diritto a professare la propria fede è stata la prima di una serie di rivendicazioni che hanno portato a un'estensione della libertà, resa possibile dall'unicità che la cultura giudaico-cristiana attribuisce all'essere umano. "Il carattere centrale dell'individuo è il frutto di questa eredità", ha detto Novak. Ora, se accettiamo il fatto che "nessuno ha diritto di intromettersi tra voi e Dio", se ne deduce qualcosa di estremamente semplice e allo stesso tempo importante: l'azione dello Stato deve rimanere entro limiti chiaramente definiti. Appare evidente che questa concenzione del pensiero giudaico-cristiano è in perfetta sintonia con la tradizione liberale. In entrambe vi è la convinzione che l'individuo sia un "attore centrale", "cosciente e libero2. Fatta questa premessa, il filosofo americano si è chiesto: "l'Islam è compatibile con la libertà?" Mi dispiace doversi deludere. Novak non ha risposto né in modo affermativo né in modo negativo: "ci sono alcune buone ragioni per credere di sì, ma ce ne sono altrettante per temere di no". In ogni caso "dobbiamo operare per creare un'alternativa, ma non so se ci riusciremo". Ciò che preoccupa? Per prima cosa ci sono musulmani che ci odiano e che negano la compatibilità tra Islam e democrazia. Sono pronti a uccidere per evitare che la democrazia limiti il potere della religione. Per seconda preoccupazione va detto che Il Corano stesso è un freno. Nel testo poche volte vengono utilizzati termini come libertà e democrazia. Le donne sono escluse coscientemente dalla vita pubblica. Inoltre, contrariamente al Cristianesimo, nell'Islam non c'è stata evoluzione. Non c'è una dottrina che evolve e che aggiorna il Corano. Nessuno ha l'autorità per decretare che il libro va interpretato e adattato alla realtà odierna. Infine i giovani hanno poche prospettive di trovare lavoro. L'economia non decolla e le giovani generazioni diventano violente (la televisione gioca qui un ruolo essenziale nella presa di coscienza dell'arretratezza di molti paesi). Senza contare che la cultura araba tende a privilegiare gli estremisti, che vengono visti come musulmani maggiormente fedeli alla verità del Corano rispetto a chi professa una visione più moderata e tollerante. Last but not least I paesi arabi sono passati dal socialismo al nazionalismo arabo. Non sanno cosa significhi un regime di libertà. Ciò che lascia ben sperare? Il fatto che l'Islam, come le altre religioni monoteiste, è una religione della ricompensa e della punizione. Come le altre ha quindi in se stessa i germi che portano al riconoscimento del valore della libertà. Inoltre ci sono musulmani che detestano la violenza e rifiutano il terrorismo. Molti intellettuali musulmani vivono in Occidente e si rendono conto di poter professare liberamente la loro religione. E la televisione può giocare un ruolo positivo per chi non può permettersi di viaggiare. Consente di informare e diffondere i valori della tolleranza e della libertà. Poi tra gli stessi musulmani ci sono molte persone che rifiutano di vivere sotto il dominio della sharia, la legge coranica. Infine se è vero che la maggior parte dei governi dei paesi arabi è tirannico e oppressivo, in passato, quando la vita era povera e tribale, esisteva una struttura che favoriva il dibattito e la discussione su temi di portata comunitaria. Almeno sotto questo aspetto la democrazia non è qualcosa di sconosciuto. Al tema, più ristretto, ma non privo di contattti con quello generale del rapporto tra islam e libertà è quello delle rappresentanze islamiche, cui è dedicata una lettera del senatore Luigi Compagna pubblicata dal FOGLIO di venerdì 23 settembre. Ne pubblichiamo il testo insieme alla risposta, che non condividiamo. Il Foglio 23 settembre 2005 Al direttore - L’Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia rivendica una sorta di esclusiva della rappresentanza dei musulmani nel nostro paese, che le conferirebbe una sorta di esclusiva del diritto a stipulare intese con la Repubblica italiana. Ovviamente, il segretario nazionale dell’Ucoii Hamza Roberto Piccardo, che pure le pretende, non ha mai documentato da che cosa tali esclusive derivino; mentre non ha esitato ad esibire più volte propensioni all’antisemitismo, nei confronti delle quali esiste una fermissima pregiudiziale ad excludendum della nostra Costituzione che non può esser fatta valere soltanto dal bravissimo Magdi Allam. Luigi Compagna, senatore Udc Allam è il nostro ultimo costituzionalista e un benemerito della democrazia italiana e dell’informazione libera, questo è certo. Bisogna però tenere conto del fatto che per affermare la nostra identità e attuare politiche di integrazione e accoglienza fondate su di essa, bisogna che l’altra o le altre identità siano rappresentate. Abbiamo disperatamente bisogno di non illuderci sulla effettiva disponibilità di certe classi dirigenti dell’islam europeo e italiano a un dialogo fondato su una lingua comune, ma un tentativo spregiudicato va fatto. Un importante contributo al dibattito sulla compatibilità tra islam e libertà ci sembra anche un articolo di Stefano Magni pubblicato da L'OPINIONE il 13 agosto 2005, "L’islam è stato inquinato dal terzomondismo comunista La vera guerra di civiltà è contro il pauperismo". Ecco il testo: Quello che stiamo combattendo è veramente uno scontro di civiltà? La definizione deriva da Samuel Huntington, divenuto celebre con il suo articolo (poi libro) "Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale": Islam contro Occidente, una guerra millenaria che continua sotto altre forme e con altri metodi. Tuttavia questa visione del mondo appare un po’ troppo astratta. Né l’Occidente, né tantomeno il mondo islamico sono dei blocchi collettivi compatti e coesi al loro interno. Soprattutto non spiega i conflitti interni al mondo islamico e all’Occidente. Nel mondo musulmano soprattutto, le guerre più sanguinose combattute dai radicali islamici a colpi di massacri, azioni suicide massicce e sgozzamenti, erano condotte contro altri musulmani, lontano dagli occhi dell’Occidente. In Iran contro gli Iracheni negli anni ‘80, in Algeria contro i musulmani moderati e i sostenitori del governo laico negli anni ’90 e in questi anni in Iraq contro tutti gli Iracheni che legittimano la nuova democrazia. Il nemico, insomma, si delinea come un movimento ideologico, sia pur forte e numeroso, ma costituito da una minoranza nel mondo musulmano, che lotta contro tutti i suoi nemici, interni ed esterni al mondo musulmano. E’ un’ideologia che si rifà alla gloria dell’antico Islam imperiale del Medio Evo, ma che attinge elementi dalle moderne ideologie marxiste e terzomondiste europee. Un’ideologia che ha maestri di pensiero, quali Sayd Qutb, Mawlana Mawdudi, Alì Sharyati e lo stesso Ayatollah Khomeini, che si sono formati in Occidente ed hanno attinto molto dalle ideologie rivoluzionarie europee. Questo spiega anche perché raccoglie così tanti simpatizzanti fra l’opinione pubblica europea più estremista, sia di estrema destra che di estrema sinistra. Questa ideologia è stata etichettata come "islamismo", termine che è stato diffuso soprattutto da giornalisti di spicco come Daniel Pipes e che ora è utilizzato soprattutto in ambienti neoconservatori. L’Islamismo è un’ideologia prevalentemente moderna che ha molti più fattori in comune con il totalitarismo comunista che non con la tradizione di pensiero islamica, secondo il filosofo oggettivista David Kelley, fondatore del The Objectivist Center, nel suo ultimo intervento tenuto di fronte ad una platea di musulmani moderati: "Ciò che questi movimenti hanno in comune" – spiega Kelley – "è l’odio contro i valori della società liberale moderna, valori che in America si danno per scontati perché sono parte integrante della nostra cultura. Gli Islamisti, come i Comunisti e i Fascisti, odiano l’individualismo. Nella loro visione del mondo non c’è alcuno spazio per la libertà individuale di pensiero, o per il perseguimento della felicità personale. Mawlana Mawdudi, fondatore della Jamaa at-i Islami in India e in Pakistan e uno dei più importanti e influenti teorici dell’Islamismo, auspicava uno Stato teocratico in cui, così diceva: ‘Nessuno può gestire affari personali e privati. Considerato sotto questo aspetto, lo Stato islamico mostra una certa somiglianza con gli Stati comunisti e fascisti’. Gli Islamisti vogliono una società fondata su una rigida ortodossia e sulla censura, così come i Comunisti cercavano di applicare i dogmi del Marxismo e di punire i deviazionisti". Gli islamisti odiano la modernità, che non è una caratteristica tipicamente occidentale, ma è universale e la combattono coerentemente in tutto il mondo. I loro obiettivi non sono tanto chiese e sinagoghe, quanto centri commerciali, autobus, luoghi di vacanza, quartieri finanziari (la City di Londra), e il World Trade Center, simbolo del capitalismo mondiale. Gli scrittori islamisti sono espliciti nella loro opposizione alla moderna società aperta. Sayyd Qutb, leader dei Fratelli Musulmani in Egitto, insiste nel dire che: "Un’offensiva totale, una guerra santa, deve essere condotta contro la modernità, così che avvenga un riarmo morale". Qutb attribuiva il suo fondamentalismo a due anni passati negli Stati Uniti, che gli apparivano come "una combinazione disastrosa di materialismo avido e individualismo egoista". Il portavoce di Al Qaeda Abu Ghaith, in una dichiarazione video trasmessa da Al Jazeera dopo l’11 settembre, disse: "Questa è una battaglia decisiva tra l’ateismo e la fede". Il leader talebano Mohammed Hussein Mostassed era stato ancor più esplicito: "Gli Americani stanno combattendo per vivere e per godere dei beni terreni. Ma noi stiamo combattendo perché possiamo morire nel nome di Dio". Come conclude David Kelley: "Queste sono le idee che alimentano il terrorismo: l’odio per l’individualismo, per la ragione, per il progresso, per il capitalismo, per la libertà e per il governo secolare. Queste sono le fonti reali della civiltà moderna, le fonti di tutti i benefici di cui godiamo in America, i benefici che vorremmo veder goduti dalla gente ovunque nel mondo. Questo non è un conflitto fra l’Islam e l’Occidente. E’ un conflitto interno al mondo islamico e interno all’Occidente, fra coloro che accettano i valori della civiltà moderna e coloro che li rigettano". E pur vero che, come scrive Dimitri Buffa nell'articolo "L’estremismo islamico a Como mette Magdi Allam nel mirino", pubblicato dall'OPINIONE il 23 settembre 2005, "In attesa dell’evoluzione democratica dell’Islam nel mondo arabo e non, da tempoin Italia si registra un’involuzione squadristica dei sedicenti rappresentanti delle comunità musulmane nostrane" Di seguito il testo dell'articolo: In attesa dell’evoluzione democratica dell’Islam nel mondo arabo e non, da tempo in Italia si registra un’involuzione squadristica dei sedicenti rappresentanti delle comunità musulmane nostrane. Bisogna sapere che l’islam non ammette preti, cioè mediatori tra l’uomo e Dio, cioè Allah, che poi è una parola che vuol dire semplicemente Dio, e quindi questi auto referenti imam del caciocavallo, che ogni due per tre qualcuno ci propina in tv a parlare a nome dell’immaginaria comunità islamica di Como piuttosto che di Torino, altro non sono che degli impostori. Nella migliore delle ipotesi. Non a caso l’unico imam di una certa serietà presente in Italia, quello della Moschea di Roma, nominato dall’Egitto, dal Marocco e dall’Arabia Saudita, si guarda bene dall’andare a incontri pubblici o peggio in onda auto promuovendo la propria carica come se rappresentasse tutta la comunità islamica romana. Semmai di un imam si può dire che è la guida della preghiera e che è autorizzatoa tenere la "kutba", una specie di sermone che, per capirsi, assomiglia alla predica del prete a messa la domenica. Punto. Invece sabato 17 settembre il sedicente imam della comunità islamica di Como, tale Sawfat El Sisi, spalleggiato da una decina di energumeni barbuti, ha fatto irruzione in un teatro tenda dove Magdi Allam stava presentando il suo ottimo libro "Vincere la paura", che poi è un forte appello a tutti i cittadini di fede musulmana di ribellarsi ai regimi tirannici che li opprimono nel mondo arabo e soprattutto a non farsi fagocitare dalla multinazionale di Osama bin Laden. Il lettore si chiederà il perché di questa sceneggiata, a questo punto. La risposta è semplice: il molto democratico autonominato imam della comunità comasca dice che Allam non è degno dell’Islam e che scredita i musulmani semplicemente perché racconta la verità. Davanti alla gente incredula questo signor El Sisi ha detto di chiamarsi anche lui Allam di cognome ma di esserselo voluto cambiare per non essere confuso con il vicedirettore del "Corriere della sera". Sono seguite scene pietose con esclamazioni tipo "tu hai fatto male all’Islam e te ne devi andare". E alla fine, invece, il coraggioso Magdi (non deve essere bello vivere con sei angioletti di scorta a causa dell’ostilità ingenerata da gentaglia come questo imam e dalle minacce di Hamas, unite alle calunnie sparsegli intorno dallo stato maggiore dell’Ucoii) ha reagito come dovrebbe fare ogni buon musulmano, e anche cristiano, in Italia di fronte a questa gente violenta, dando dell’impostore all’energumeno barbuto. Perché nessuno di questi signori, immigrati o italiani convertiti, può veramente parlare a nome dell’Islam. E se lo fanno è solo perché, nell’ignoranza generale, hanno fatto della propria presunta fede islamica una remunerata professione. Non a caso ambirebbero all’8 per mille così poi i soldi, miliardi, se li spartirebbero queste associazioni, come l’Ucoii, che nella migliore delle ipotesi li userebbero per arricchimento personale. Ben sapendo che nella peggiore potrebbero finanziare la rete dei fratelli musulmani europei. Per non dire peggio. E che sia questo il bersaglio grosso a cui questi "professionisti dell’estremismo islamico" puntano è facile capirlo leggendo i passi della incredibile lettera che il convertito italiano, il sardo Roberto Piccaro, che si fa chiamare "hamza", ha osato scrivere a Ciampi per lamentarsi di presunte discriminazioni che in Italia patirebbero i cittadini di fede musulmana. Bel personaggio questo Piccardo, con un passato nell’estrema sinistra degli anni ’70 e che oggi rilascia interviste in cui si giustificano i kamikaze suicidi in Israele e in Iraq e nega allo stato ebraico il diritto di esistere. A gente come questa vogliamo dare l’8 per mille? Altro che consulta islamica, Pisanu farebbe bene invece a infiltrare carabinieri in borghese e poliziotti in ciascuna delle 160 moschee "fai da te" dell’Ucoii. E visto che c’è, farebbe bene forse a tenere d’occhio anche a questi irresponsabili e spesso imbecilli buonisti che fanno da sponda ai pericolosi estremisti da cui spesso vengono gli "home made kamikaze" di cui lo stesso Allam ha parlato in un altro fondamentale libro. Cattolici di base, Cobas, religiosi cristiani e accademici delle varie università orientali del Bel Paese da tempo giocano con il fuoco invitando ai loro convegni questi impostori e dando loro una dignità istituzionale e religiosa che in realtà non hanno. E’ tempo per i buoni cittadini italiani e stranieri che vivono in Italia, di qualunque fede essi siano, di dire semplicemente una parola, ma di ripeterla almeno tre volte: basta, basta, basta. Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla redazione de L'Opinione e Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita. diaconale@opinione.it lettere@ilfoglio.it |
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