Il sovranismo italiano
Editoriale di Maurizio Molinari
Testata: La Repubblica
Data: 27/09/2022
Pagina: 1
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: Il sovranismo italiano
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 27/09/2022, a pag. 1, con il titolo "Il sovranismo italiano" l'analisi del direttore Maurizio Molinari.

Molinari: “Le sorti dell'Italia sono decisive per quelle dell'Europa” -  Mosaico
Maurizio Molinari

25/9 ITALIA AL VOTO / – 3 / Ultimi fuochi di campagna elettorale per i 4  poli principali e le forze minori. Domani torna Bonaccini per il Pd e Fd'I  chiude con conferenza stampa - RavennaNotizie.it

Sulla scia della netta affermazione ottenuta nelle urne da Fratelli d’Italia, il nostro Paese avrà verosimilmente per la prima volta nella storia repubblicana un partito sovranista alla guida della maggioranza di governo. E ciò pone il dubbio su quali siano le radici, i valori e le intenzioni del “sovranismo” italiano. Fratelli d’Italia infatti, in seno al Parlamento europeo, non aderisce né al Partito popolare né al Partito socialista — come è stato per tutti gli altri governi della Repubblica — bensì al Gruppo dei conservatori e riformisti europei (Ecr), nato nel 2009, che si definisce difensore della sovranità dei singoli Stati contro il federalismo europeo. Se dunque l’Europa comunitaria, dalla sigla dei Trattati di Roma nel 1957 in poi, è stata guidata dal principio della crescente integrazione fra gli Stati nazionali con l’obiettivo ideale di arrivare ad avere una “sovranità europea” — inspirandosi ai padri fondatori Robert Schuman e Jean Monnet come alManifesto di Ventotene di Altiero Spinelli — i “conservatori e riformisti” puntano invece ad affermare il “principio di sussidiarietà” in base al quale ogni Paese Ue difende la propria sovranità fin dove possibile, lasciando all’Unione Europea solo gli aspetti “indispensabili”. I fautori della nascita del gruppo Ecr al Parlamento europeo furono i conservatori britannici, da sempre favorevoli ad un’Unione Europea poco integrata, e dopo la Brexit a prenderne le redini sono stati i polacchi di Diritto e Giustizia assieme proprio a Fratelli d’Italia, guidando ora una compagine di 63 parlamentari di 15 Paesi diversi fra i quali spiccano i neofranchisti di Vox in Spagna, l’estrema destra svedese che ha appena vinto le elezioni a Stoccolma e il partito ceco Ods guidato da Petr Fiala, premier di Praga e presidente di turno dell’Unione Europea. Ciò che, nell’Emiciclo di Strasburgo, divide questa combattiva pattuglia di sovranisti europei da popolari, socialisti, liberali e verdi sono due grandi temi: quello macro della visione dell’Unione Europea — di cui vogliono ridimensionare competenze e responsabilità — e quello specifico dello Stato di Diritto, che li ha portati a condividere le posizioni restrittive di Varsavia e Budapest su giustizia, libertà di stampa e diritti umani (come l’aborto) respingendo le istanze delle istituzioni europee. Poiché Fratelli d’Italia fa parte di tale schieramento sovranista è legittimo l’interrogativo se, una volta arrivato alla guida del governo, sposterà l’Italia più vicino a Varsavia e Praga rispetto a Parigi e Berlino. E non è una esiziale questione geografica perché, durante i 18 mesi del governo Draghi, Roma ha registrato una forte sintonia con Parigi e Berlino sulla necessità di accelerare verso la “sovranità europea” — ovvero il voto a maggioranza su molti aspetti cruciali nell’agenda Ue — che sarà il tema, già nel 2023, del prossimo scontro frontale a Bruxelles fra chi vuole rafforzare e chi invece indebolire le istituzioni europee. C’è questo interrogativo di fondo alla base dei dubbi cheserpeggiano in molti Paesi Ue dopo l’esito del voto italiano perché un cambiamento di fronte da parte di Roma innescherebbe un terremoto politico senza precedenti dentro le istituzioni Ue, capace di indebolire in maniera strategica la costruzione stessa dell’Europa comune la cui capacità di azione è stata provata negli ultimi 36 mesi almeno due volte: prima nell’acquistare i vaccini anti-Covid per i propri cittadini e poi per unirsi a favore di armi all’Ucraina e sanzioni alla Russia. Il recente voto con cui FdI e Lega al Parlamento Europeo hanno difeso Ungheria e Polonia nel braccio di ferro con Bruxelles, proprio sul tema dei diritti, aggiunge ulteriore incertezza su quali propositi abbia il partito di Giorgia Meloni riguardo al ruolo dell’Italia nell’Ue che, sin dalla fondazione, è stato sempre favorevole ad accrescere l’integrazione comunitaria. Prima tali dubbi vengono dissipati, meglio è. A confermare l’importanza che il “sovranismo” ha per FdI c’è intatti il frequente ricorso da parte di Meloni all’espressione «Italia sovrana» durante la campagna appena conclusa — dall’energia all’agricoltura — per indicare la volontà di affermarsi in contrapposizione alle istituzioni di Bruxelles, come se fossero un’entità a noi estranea e non invece anche l’espressione di nostri rappresentanti, nostre decisioni e nostre idee. A tentare di esplorare i sentieri del “sovranismo” europeo è stato, nel 2019, l’omonimo libro-reportage del francese Bernard Guetta (edito in Italia da Einaudi) che, viaggiando negli ex territori polacchi, magiari e italiani dell’Impero austroungarico, ha individuato la genesi di questa nuova forma di “etno-nazionalismo” in una reazione negativa alle ferite della globalizzazione, che celano spesso “il rifiuto dell’illuminismo” in nome di un ritorno alle radici delle antiche “patrie” di origine. Per Guetta il “sovranismo” è dunque frutto della confluenza fra populismo e nazionalismo, alimentando con la protesta la rilegittimazione dei confini per frenare migranti, culture e prodotti stranieri. Come se non bastasse, a tutto ciò bisogna aggiungere che l’Unione Europea è divenuta, a partire dal 2016, un crescente obiettivo sistematico della propaganda del Cremlino, fino alle recenti parole di Sergei Lavrov, ministro degli Esteri del Cremlino braccio destro di Putin, che è arrivato a definirla «una dittatura». Ecco perché la legittima richiesta di Giorgia Meloni di avere l’incarico a formare il prossimo governo si accompagna ad un’evidente necessità di fare chiarezza sulla volontà di trasformare il nostro Paese in una “nazione sovrana in Europa”. Perché l’identità europea è oramai parte integrante dell’identità italiana e perché così tanti interessi e progetti italiani dipendono oggi da questo legame intrinseco che i Padri Fondatori dell’Ue vollero per allontanare da noi i più orribili spettri della Storia del Novecento.

Per inviare a Repubblica la propria opinione, telefonare: 06/49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante
rubrica.lettere@repubblica.it