Mykhailo Podolyak: 'Cedere il Donbass non sarebbe sufficiente a fermare Putin'
Intervista di Andrea Nicastro
Testata: Corriere della Sera
Data: 27/06/2022
Pagina: 17
Autore: Andrea Nicastro
Titolo: 'I russi non negoziano, dettano le condizioni. Cedere il Donbass non sarebbe sufficiente a fermare Putin'
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 27/06/2022, a pag.17, con il titolo 'I russi non negoziano, dettano le condizioni. Cedere il Donbass non sarebbe sufficiente a fermare Putin' l'intervista di Andrea Nicastro.

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Andrea Nicastro

I russi hanno bombardato i cittadini rifugiati al Dramatic Theatre di  Mariupol

Kiev Dal suo ufficio, per arrivare alla scrivania del presidente, bisogna fare meno di quaranta passi. È uno dei consiglieri più ascoltati e Zelensky l’ha scelto come rappresentante personale al tavolo di pace con la Russia. Mykhailo Podolyak, perché non parlate più con i russi? Davvero volete far continuare a lungo questa guerra? «La Russia non è pronta a dialogare, sa solo dettare le sue condizioni».

Il Cremlino dice che siete voi ad aver chiuso le trattative. «Negoziare non significa accettare condizioni unilaterali. Il problema è che Mosca sente di avere tre vantaggi e non ha intenzione di rinunciarvi in nome della pace. Primo, ha accumulato molte armi e pensa di riuscire a espellerci dal Donbass. Secondo, ritiene che le sue lobby in Europa riusciranno a invertire il sentimento generale pro-ucraino. Terzo, crede che gas, petrolio, grano e migrazioni spingeranno l’opinione pubblica globale ad appoggiarla».

Ukrainian negotiator says talks with Russia have become more complicated
Mykhailo Podolyak

E non è vero? «No, non è la realtà. Con più armi possiamo respingerli e l’Europa non cederà. Né noi ucraini né l’Unione Europea possiamo chiudere la guerra alle condizioni russe. Non sarebbe la fine, ma l’inizio di un ricatto russo in attesa di un’altra invasione».

Dopo il primo round negoziale del 28 febbraio in Bielorussia, lei dichiarò che Mosca non stava dando ultimatum. Cos’è cambiato? «I russi non avevano ancora capito in cosa si sono cacciati. Non pensavano avremmo resistito né consideravano lo smacco reputazionale che hanno poi subito. Da allora a oggi, l’élite russa si è convinta che uccidere altre centinaia di bambini o radere al suolo Kiev non fa più differenza. Non vedono arrivare conseguenze più gravi di quelle che già hanno subito, in un certo senso, credono di avere carta bianca per continuare a comportarsi così. Condanne e destituzioni arriveranno solo in caso di sconfitta, quindi a loro basta conquistare l’Ucraina per evitarle. Per questo adesso parlano solo con ultimatum».

Eppure il 18 marzo, dopo gli incontri a Istanbul, lei era ancora fiducioso. Disse: «In dieci giorni si può arrivare a un accordo». «Erano cominciate le sanzioni internazionali, nessun filorusso li aveva accolti in Ucraina, pensavamo avessero capito. Invece abbiamo scoperto le stragi a nord di Kiev e a quel punto siamo stati noi a realizzare che la Russia non era quella che credevamo. Non è uno Stato legale che ha controversie con noi su alcuni territori o sulla nostra quota di grano o metallo nel mercato internazionale. No, la Russia è solamente votata alla distruzione o allo smantellamento totale dello Stato ucraino. Ogni obiettivo intermedio non l’accontenterà».

Sono sue valutazioni o le richieste russe? «Oltre ai territori occupati, Mosca vuole imporre la sua visione di sicurezza in Europa. Quindi no a un’allargamento della Nato che comprenda Ucraina, Finlandia e Svezia e soprattutto cancellazione dell’Ucraina come Stato autonomo».

Come? «Chiedono il nostro disarmo, lo smantellamento della Marina, il divieto di produrre armi, il controllo sui porti, la distruzione delle infrastrutture di trasporto viario, ferroviario ed energetico, la confisca dei terreni agricoli nelle aree conquistate…».

Però se voi cedeste il Donbass, magari… «Non servirebbe a nulla. Cedendo alla pressione russa e firmando un accordo di pace la guerra non finirà. Non è finita nel 2014, la Russia ha ripreso fiato e ha attaccato. Questa volta lo farebbe contro l’Europa. Se Putin non pagherà per questa invasione, il prossimo attacco sarà ancora più massiccio. La Russia andrà avanti a riprendere alcuni territori che reputa suoi. Continuerà a bombardare città, ricattare, sfruttare la sua propaganda in Europa per creare una spaccatura. Questa guerra non è per un Paese o un pezzetto di territorio, è una guerra per i principi internazionali e democratici».

Promettendovi l’ingresso in Europa, Bruxelles non vi ha chiesto di cedere il Donbass? «Durante le trattative si parlava sempre di cedere qualcosa, in particolare i nostri territori. Invece poi l’Europa, nonostante la forte pressione da parte russa, si è presa le sue responsabilità. Da 30 anni l’Ue non riusciva a esercitare la sua leadership, oggi sta cambiando. Ha capito che un nuovo muro di Berlino al confine con l’Ucraina non basterebbe. Sentiamo dichiarazioni sui valori europei, su quanto l’Ue è pronta a pagare. È un’Europa coraggiosa e responsabile, che ci vedrà sempre al suo fianco».

C’è qualcuno che può mediare? La Turchia ad esempio? «In marzo Ankara voleva dimostrare di contare nel Mar Nero e non c’erano molti Paesi disponibili a mediare, ma non ha portato proposte al tavolo. Oggi credo che l’Italia potrebbe avere un ruolo. Mi pare che Draghi e Di Maio abbiano capito le vere ragioni di questa invasione e le sue ricadute sulla sicurezza globale e il mercato europeo».

E gli oligarchi russi? Non possono avere alcun ruolo? A Istanbul c’era Abramovich. «Abramovich ha aiutato dal punto di vista emotivo. Non di più. D’altra parte tutti gli oligarchi sono dei semplici portafogli per la verticale del potere russa. Possono acquistare cose di lusso per se stessi e per i gerarchi, ma non decidono nulla».

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