Covid: mantenere la guardia ancora alta
Editoriale di Maurizio Molinari
Testata: La Repubblica
Data: 17/10/2021
Pagina: 1
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: Lotta al Covid. I pericoli dell’ultimo miglio
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 17/10/2021, a pag. 1, con il titolo "Lotta al Covid. I pericoli dell’ultimo miglio", l'editoriale del direttore Maurizio Molinari.

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Maurizio Molinari

Overview - COVID-19 - Eurostat

Grazie all’introduzione dell’obbligo di Green Pass l’Italia vede il traguardo del 90 per cento di vaccinati che significa immunità di gregge e ciò rende possibile immaginare per fine anno l’uscita dallo stato di emergenza nazionale innescato dalla pandemia Covid 19. Essere arrivati all’ultimo miglio della sfida al virus venuto da Wuhan — che ci ha causato 4,7 milioni di casi e oltre 131 mila vittime — impone la necessità di riflettere su che cosa ha funzionato e su quanto potrebbe ancora andare storto. A funzionare è stato in primo luogo il senso di responsabilità dei cittadini — più volte sottolineato in questi lunghi mesi dal capo dello Stato, Sergio Mattarella — che davanti all’attacco a sorpresa nel febbraio 2020 accettarono la limitazione delle proprie libertà per la sicurezza collettiva e che, in una miriade di situazioni singole e straordinarie, si sono battuti contro la pandemia nelle corsie d’ospedale, nei laboratori scientifici, svolgendo mansioni pubbliche e non. È stata l’Italia come collettività di cittadini che, durante il governo Conte II, ha fatto quadrato dimostrando di sapersi difendere da un nemico feroce, invisibile e sconosciuto. È su questa capacità di resilienza che il governo Draghi ha costruito la seconda fase della lotta al virus, quella del contrattacco basato sull’unica arma efficace disponibile: i vaccini.

Se la campagna vaccinale, coordinata dal generale Francesco Paolo Figliuolo, è riuscita a trovare le dosi in quantità sufficiente e distribuirle alle Regioni — a dispetto di molteplici ostacoli — raggiungendo la maggioranza dei cittadini, è stata la scelta del Green Pass da parte del governo Draghi a consentire l’accelerazione numerica che ha permesso di superare la barriera dell’80 per cento di vaccinati ad una velocità tale da far adesso ipotizzare di raggiungere il 90 per cento a inizio novembre. Il pubblico apprezzamento di Bruxelles e Washington per tale strategia anti-virus premia la decisione di Roma di aver scelto di non fare concessioni ai No Vax, puntando solo ed esclusivamente a raggiungere l’immunità di gregge ovvero la fine della pandemia. Creando un precedente di coincidenza fra interesse nazionale e salute pubblica destinato a diventare parametro di riferimento per le democrazie industriali obbligate ad affrontare le sfide del nuovo secolo — salute, cyber, clima e terrorismo — senza rinunciare al rispetto dei principi dello Stato di Diritto. La somma fra la capacità di resistere al virus durante il Conte II e l’efficacia nell’aggredirlo con Draghi ci dice che questi venti mesi hanno fatto venire alla luce — superando difficili crisi — una coesione fra cittadini ed istituzioni che è alla base dello spirito repubblicano a cui si ispira la nostra Costituzione. È questa coesione che ha generato l’antidoto ad un populismo che fino all’arrivo della pandemia sembrava inarrestabile nel nostro Paese. E se qualche leader populista nazionale o autocrate straniero ha pensato che la pandemia sarebbe stata il colpo di grazia per le nostre istituzioni democratiche già in crisi di fiducia, ora si deve ricredere: anziché collassare, il Paese si è risollevato e rafforzato. Dimostrando, una volta ancora, che la democrazia rappresentativa seppur per definizione imperfetta resta il migliore dei sistemi possibili per garantire sicurezza, benessere e diritti ai propri cittadini. È anche questo il messaggio che arriva dalla grande dimostrazione democratica avvenuta ieri a Roma. Ma essere in procinto di sconfiggere la pandemia non significa aver già vinto. Come insegna Yogi Berra, il grande campione italoamericano di baseball «non è finita, finché non è finita». E c’è ancora qualcosa che può andare storto nell’ultimo miglio anti-virus che abbiamo davanti. Il primo e più evidente pericolo viene dalle frange estremiste, di ogni colore e matrice, che tentano di sfruttare i No Vax per far sopravvivere populismo e sovranismo nella forma più radicale, portando la sfida alle istituzioni fino oltre la linea rossa dell’uso della violenza, come dimostrato dall’assalto di sabato scorso alla sede della Cgil a Roma. Poiché sovranisti e populisti in ultima istanza vogliono delegittimare le istituzioni democratiche, non deve sorprendere se, trovandosi in evidente difficoltà, si riducono a compiere le scelte più pericolose per tentare di non scomparire del tutto. Questo significa che le prossime settimane saranno ad alto rischio perché sovranisti e populisti hanno un evidente interesse ad evitare la vittoria dello Stato sul Covid 19 ma il tempo gioca oramai contro di loro. C’è anche un secondo pericolo, più politico, che incombe sul Paese: l’elezione presidenziale a inizio 2022 rischia di rompere la coesione istituzionale legata alla simultanea presenza di Mattarella al Quirinale e di Draghi a Palazzo Chigi che ha consentito al Paese di mettere sui giusti binari lotta al virus e ricostruzione economica. Rinunciare a tale coesione rischia di aprire una fase di forte instabilità dovuta in primo luogo all’indebolimento delle maggiori forze in Parlamento, M5S e Lega. Da qui la necessità di affrontare i rischi dell’ultimo miglio della lotta al virus facendo leva sui risultati più importanti che abbiamo finora acquisito — responsabilità personale dei cittadini e coesione istituzionale — per impostare nel migliore dei modi lo scenario più cruciale dopo il superamento della pandemia: la stabilità della ricostruzione economica sulla base degli accordi europei.

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