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L'Opinione Rassegna Stampa
06.03.2011 ISAF: Così combattiamo la corruzione
L'analisi di Anna Rolli

Testata: L'Opinione
Data: 06 marzo 2011
Pagina: 1
Autore: Anna Rolli
Titolo: «Così combattiamo la corruzione»

Sull'OPINIONE del 04/03/2011, Anna Rolli analizza la presenza dell'Isaf in Afghanistan.

In Afghanistan, sotto l’egida dell’Isaf, opera una complessa struttura organizzativa che, è bene ricordarlo, schiera militari e funzionari provenienti da ben 48 nazioni. I membri della Guardia Di Finanza italiana sono impegnati sia nella formazione (Task Force Grifo) sia nell’organizzazione del sistema giuridico afgano. Quella che segue è una testimonianza informale di un loro ufficiale del complesso multinazionale Europol: circa 250 funzionari di polizia attivi in tutto il paese. “Appena giunto, un colonnello afgano con cui condividevo l’ufficio mi chiese di raccontargli come avevo fatto carriera in Italia e come ero riuscito a raggiungere il grado di maggiore. Io, ovviamente, ho risposto che mi ero molto applicato nello studio, facendo di tutto per farmi stimare e apprezzare per il mio impegno e così un po’ alla volta ero stato ricompensato. Il colonnello mi ha ascoltato con attenzione e poi mi ha raccontato la sua storia. Quando era un semplice soldato si dedicava alle estorsioni, prendeva mazzette dai civili in ogni occasione però non le teneva per sé ma le divideva con tutti i suoi comandanti; grazie a questo comportamento di ’lealtà’ i suoi capi lo avevano promosso e di grado in grado era arrivato a quelli più elevati. Il colonnello me lo ha raccontato per spiegarmi qual era il problema principale che dovevamo affrontare: l’attività investigativa sulla corruzione dei poliziotti. Siamo molto impegnati nella lotta alla corruzione e il governo afgano è cosciente del problema. Con i colleghi tedeschi, rumeni, americani, spesso saltano fuori delle differenze tra gli ordinamenti. Gli afgani lavorano con il codice di procedura penale introdotto nel 2004 come transitorio e in attesa di approvazione definitiva, è copiato da quello iraniano, copiato a sua volta da quello italiano, di fatto lo abbiamo scritto noi italiani e quindi lo capiamo bene. Purtroppo però, nelle corti, i loro magistrati a volte non hanno basi culturali adeguate e spesso sono soltanto analfabeti che applicano la shariah. Ci sono 250 membri della polizia europea distaccati nei vari ministeri allo scopo di aumentare la loro efficienza. Come italiani cerchiamo di lavorare sempre in modo pratico. Durante le riunioni si cerca di dare il meglio di sé ma non si arriva all’essenziale, solo lavorando insieme si capiscono i problemi organizzativi che saranno anche banali ma che rappresentano la vera debolezza. Faccio degli esempi. Si scopre che un’automobile della polizia ha estorto denaro ad un check point, il problema è che nessuno sa chi guidava quella macchina. Allora abbiamo progettato un programma informatico con il quale si stabilisce da quale comando dipende la macchina, chi è il poliziotto responsabile e in che orario, sia per l’uso (e quindi per i danni) sia per le estorsioni, esattamente come succede nei nostri autoparco. C’è inoltre il problema dell’identificazione perché qui non c’è un’anagrafe, non ci sono documenti e neppure la patente. Avevamo un bambino malato che aveva bisogno di essere curato in Italia. Ma per mandare un bambino in Italia bisogna sapere chi è, e così il primo problema è stato quello di inventarci una specie di documento di identità. Poi c’è la condizione economica disastrosa, sono sorte tante società di micro credito per favorire lo sviluppo, però lo Stato dovrebbe avere delle entrate sicure e sufficienti e invece non c’è ancora un sistema tributario e per il 95% le entrate provengono soltanto dalle imposte doganali, settore curato dai colleghi della Task Force Grifo che sta anche formando e istruendo la polizia di frontiera e i doganieri. Un altro grave problema è la corruzione all’interno del governo. Sembra che il fratello del presidente Karzai traffichi con l’oppio e con i signori della guerra e non si parla mai di vendere l’oppio coltivato all’industria farmaceutica. Un altro fratello è proprietario della Banca di Kabul, la più grande banca del paese, e sembra che si dedichi al riciclaggio del denaro sporco. Che fare in una situazione simile? Certamente in Afghanistan si percepisce il desiderio di migliorare e di lavorare per costruire il paese e gli afgani che sono molto dignitosi e fieri parlano dei talebani come di persone che non appartengono alla loro cultura e che non hanno niente a che fare con loro. La prima volta che ho perquisito una casa afghana, su ordine del magistrato, mi ha colpito la fierezza e il loro modo di esigere rispetto nonostante la situazione incresciosa. Purtroppo Isaf è più attenta a colmare i vuoti di personale che ad aumentare il livello di efficienza delle strutture esistenti. Noi italiani abbiamo un approccio più adatto al contesto e puntiamo di più sulla qualità. Un mese per addestrare un finanziere è poco. In Italia un finanziere viene addestrato per un anno e per i primi due o tre non lavora mai da solo. Cosa possono imparare gli afgani con l’addestramento di un mese? E’ stato appena approvato un provvedimento, una legge del Governo afgano, che riguarda tutti gli organismi di vigilanza privata che diventeranno così fuorilegge. In realtà per i loro comportamenti, spesso delinquenziali, fuorilegge formalmente lo sono già ma con il nuovo provvedimento vengono obbligati a confluire nelle forze di polizia. In questo modo ci ritroveremo all’interno della polizia cinque/seimila corrotti molto più addestrati degli altri, avremo più poliziotti, ma meno controllo sulla struttura di polizia. All’inizio si parlava di grandi riforme oggi si cerca di dare veste giuridica a ciò che esiste già. Si sta cercando una via di mezzo che sia accettabile per il paese e per la comunità internazionale. Se si studiano i nostri documenti più recenti ci si accorge che le aspettative sono diminuite e si percepisce il desiderio di responsabilizzare gli afgani il prima possibile. Dobbiamo costruire una polizia afgana in grado di combattere la corruzione ed un esercito che possa sostenere un governo eletto democraticamente, che cosa possiamo sperare di più? Le forze internazionali dovrebbero rimanere più a lungo, se vogliono davvero stabilizzare il paese. Se ce ne andremo prima il lavoro fatto potrebbe risultare inutile. Il rischio è quello di andarsene con un gran successo sulla carta ma lasciando grandi problemi irrisolti. Sono molto grato alla Guardia di Finanza per la possibilità di questa esperienza, sono stato in Afghanistan per 13 mesi tornando a casa ogni due per 15 giorni e provo l’orgoglio di aver svolto e di svolgere un lavoro molto utile. Gli afgani hanno un ottimo rapporto con noi italiani, sono intelligenti e svegli. Gli spagnoli non fanno niente, la loro di fatto è una presenza formale, gli americani dispiegano le forze e si muovono autonomamente, noi italiani invece lavoriamo con i colleghi afghani e cerchiamo di stare sempre insieme alla gente.

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