Riportiamo dall'OPINIONE dioggi, 07/04/2009, a pag. 6, l'articolo di Michael Sfaradi dal titolo " 'Nessuna' nave affondata, 'nessun' dialogo con Israele ".
Dal Medio Oriente arrivano due notizie che aggiungono, come se ce ne fosse bisogno, ulteriore confusione. La prima è che durante l’operazione “piombo fuso” c’erano voci che davano l’aeronautica militare israeliana impegnata in Sudan e la marina in zone non specificate del Mar Rosso al fine di contrastare navi cargo che imbarcavano uomini e materiali bellici destinati a Hamas. Trattandosi di semplici voci eravamo convinti che si trattasse di una “bufala giornalistica”, ma le rivelazioni della stampa statunitense hanno aperto la possibilità che dietro quelle voci ci fosse del vero, anche se Israele fino ad oggi non ha né negato né confermato nulla. Fino ad oggi in Europa non si sapeva molto alla parte “navale” della questione ma stamattina, l’agenzia di stampa iraniana Irna, ha ufficialmente smentito che una sua nave sia stata affondata, e nello smentire una voce ha di fatto confermato una notizia fino ad oggi totalmente ignorata dai media internazionali. Questa mossa che non ha altra spiegazione che un cortocircuito nei pensieri, altro non fa che confermare un quadro di guerra sotterranea combattuta fra Israele e l’Iran in parallelo all’azione di Gaza. A questo punto lo scenario diventa davvero preoccupante, perché se Iran ed Israele hanno già cominciato a colpirsi direttamente e non per “interposta persona” come è stato fino ad ora, si chiarisce cosa potrebbe accadere nel caso del fallimento della nuova politica americana. Anche il presidente palestinese Abu Mazen, per non essere da meno, ha dato la sua “non notizia” escludendo la possibilità dell’apertura di un dialogo con il nuovo governo israeliano prima che Netanyahu non metta in chiaro che le trattative di pace debbono avere come fine quello dei due Stati per i due popoli. Questa presa di posizione del presidente palestinese sa tanto di “aria fritta” perché non è in discussione la creazione di un nuovo Stato, ma la possibilità che i profughi entrino in Israele. Abu Mazen, come i dirigenti iraniani, prima di rilasciare alla stampa dichiarazioni dovrebbe pensarci meglio, perché non è mistero che chi non accetta l’esistenza di due Stati sia proprio gran parte del suo popolo. In primis Hamas che vuole la nascita dello Stato palestinese solo dopo la completa distruzione di Israele, e a seguire anche importanti esponenti del suo partito politico Fatah, come Mohammed Dahlan che la scorsa settimana si è permesso il lusso di dichiarare che neanche lui riconosce il diritto all’esistenza dello Stato d’Israele. Quando gli è stato fatto notare che negli accordi di Oslo i palestinesi riconoscevano l’esistenza di Israele ha risposto che quegli accordi sono stati firmati dall’Olp, facendo finta di ignorare che l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina è formata al 70% proprio da Fatah. Come al solito si cambiano le sigle e si ricomincia da capo, il classico gioco delle tre carte. Il mondo islamico e quello arabo in particolare dovrebbero evitare ulteriori cortocircuiti davanti al pericolo di nuove guerre ed alla sofferenza delle popolazioni. Prima di cercare la pace con Israele dovrebbero far pace con i loro cervelli, capire esattamente che cosa vogliono, visto che, se fino ad oggi una pacificazione del Medio Oriente ancora non c’è, la responsabilità è loro.
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