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L'Opinione Rassegna Stampa
05.03.2009 La cancellazione di Israele
Ecco cosa vogliono gli antisemiti di Durban II

Testata: L'Opinione
Data: 05 marzo 2009
Pagina: 1
Autore: Dimitri Buffa
Titolo: «Ecco cosa vogliono gli antisemiti di Durban II»

Riportiamo dall'OPINIONE di oggi, 05/03/2009, l'articolo " Ecco cosa vogliono gli antisemiti di Durban II ", di Dimitri Buffa. Ecco l'articolo:

“Israele è uno stato fondato sul razzismo dell’ideologia sionista che era a sua volta un’appendice dell’ideologia colonialista europea del diciannovesimo secolo”. Ergo? Come può pretendere di essere riconosciuto? Alla conferenza cosiddetta di Durban II, che si terrà a Ginevra ad aprile pur in assenza degli Usa di Obama e di altre nazioni occidentali di buon senso, tra cui si spera anche l’Italia, si discuterà di questo. I professinisti dell’odio anti israeliano e anti semita hanno infatti spostato in alto l’asticella e il traguardo del loro libro dei sogni, anzi degli incubi. Non basta più uno statement sia pure vergognoso come quello dell’agosto 2001 in cui si equiparò Israele al Sud Africa e i palestinesi ai negri. No, ora l’obbiettivo è la delegittimazione con firma Onu della stessa esistenza dello stato israeliano. Un po’ come molti attenti osservatori vanno dicendo da anni. E se non ci credete andatevi a leggere un documento di ben 28 pagine a cura del Consiglio nazionale delle forze islamiche in Palestina, insieme a un serie di ong che si erano già caratterizzate e distinte per la campagna di boicottaggio dei prodotti israeliani all’epoca di Durban 2001, tenuta in agosto, cioè il mese prima degli attacchi alle Torri gemelle di New York. Il tutto supervisionato dalla lobby di Badil, cioè un movimento che supporta a modo suo il diritto al ritorno dei profughi palestinesi in Israele, in uno stato binazionale, e promuove un’informazione a dir poco distorta sulle reali cause dell’eterno essere profughi dei palestinesi. Il tutto convogliato attraverso il comitato nazionale palestinese della campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzionamento di Israele, Bdsn (una sigla che ricorda sinistramente le pratiche sado maso sessuali, ndr) che in Italia ha come filiale i brucia bandiere di Forum Palestina. In queste 28 pagine si dice che l’Onu, nonostante le 72 condanne di Israele quasi sempre immotivate e dovute alle maggioranze di paesi islamici nelle varie commissioni come quella sui diritti umani, non ha ancora fatto abbastanza. E si accusano gli Stati Uniti di sostenere il razzismo di Israele e l’islamofobia con la scusa della lotta al terrorismo islamico. Più avanti viene addirittura suggerio all’Onu di estromettere gli Usa dalla diplomazia che dovrebbe occuparsi del conflitto Medio Orientale. Israele viene descritto come un “regime criminale” che si è macchiato di crimini contro l’umanità e si chiedono per lo stato ebraico le stesse sanzioni già comminate a suo tempo al Sud Africa. Insomma questo è il piattino che si sta preparando a Ginevra. E Durban II (la vendetta?) ha tutte le premesse per fare rimpiangere persino Durban I. Si parlava del boicottaggio: nel sito di Forum Palestina viene presa ad esempio l’azienda italiana del caffè Lavazza, resa stra nota in Italia oltre che dalla eccellente qualità dei propri prodotti, dalle pubblicità “misticheggianti” di Paolo Bonolis e della sua spalla Luca Laurenti. Bene secondo i deliri del Forum Palestina “ogni volta che compriamo un pacco di caffè Lavazza o il nostro barista ci propone una tazzina di caffè Lavazza, inconsapevolmente contribuiamo all’economia di guerra israeliana ed all’oppressione del popolo palestinese.” E questo perché “..l’azienda Lavazza ottenne la certificazione kosher ed anche la certificazione “Badax” richiesta dalla Comunità Ebrea Ortodossa, entrambe necessarie per operare nel mercato di uno stato a caratterizzazione religiosa e confessionale quale è Israele”. I crimini della Lavazza agli occhi dei palestinesi sarebbero iniziati nel 1980, “quando l’architetto Gil Sagy iniziò a viaggiare per lavoro attraverso l’Europa, specialmente fra Parigi e Milano e, durante uno dei suoi soggiorni a Milano, Sagy comprò due macchine per il caffè espresso, una per casa sua e l’altra per il suo studio, e qualche chilo di caffè Lavazza.” Siccome “ i clienti del suo studio mostrarono di apprezzare moltissimo il caffè offerto dall’architetto, al punto che in ogni suo viaggio in Italia Sagy doveva comprare caffè per venire incontro alla domanda crescente, e poiché seguito della recessione economica nel 1985 l’edilizia israeliana, specialmente quella pubblica, entrò in crisi, e Sagy dovette cercarsi un altro lavoro, a quel punto entrò nel business con la Lavazza e ne divenne il rappresentante a Tel Aviv e Gerusalemme.” A quel punto “il mercato del caffè in Israele passò sotto la Lavazza”. E Sagy, che aveva fondato la Gils Coffee Ltd, e avviato l’importazione dei prodotti Lavazza e delle macchine espresso industriali, delle caffettiere per le famiglie e delle macchine espresso per le case, fece fortuna. Ma i bruciabandiere di Forum Palestina non sanno che al caffè Lavazza “più lo butti giù e più ti tira su?”

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