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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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11/4/02 Yom ah-Shoa' - Il giorno della Shoa'
Riflessione di Deborah Fait
Abbiamo passato anche quest'anno la Giornata della Shoa' e l'atmosfera in Israele era tragica, arida, disperata.

Come potevamo stare in piedi, sull'attenti, piangendo al suono delle sirene? Avevamo lacrime da piangere per i nostri sei milioni di morti?

Come potevamo raccontare ai nostri giovani che, si, i loro nonni erano finiti nei forni ma che era stato un periodo di follia del mondo, un periodo di odio irripetibile. Come potevamo dire che, si, era successa la Shoa', l'abominio dell'umanità, ma non temete, figli, non accadrà mai più: oggi noi viviamo liberi a casa nostra.

Con che coraggio potevamo dire questo ai nostri figli?

Una settimana prima un ragazzo palestinese aveva scelto la sera del Seder di Pesach per farsi saltare nella sala ristorante di un albergo di Nataniah.

Durante il Seder di Pesach, la festività più importante dell'ebraismo, si legge la "Haggada'" , la storia del popolo ebraico che si libera fuggendo dalla schiavitù del Faraone.

In quel albergo di Nataniah c'erano molti anziani che si apprestavano a ricordare, dopo 4000 anni e nel libero Stato di Israele, la storia del popolo ebraico schiavo in Egitto. Si preparavano ad assaggiare le erbe amare e a bere i quattro calici di vino. Come tutti gli ebrei nel mondo. Come tutti in Israele.

Il ragazzo palestinese, nella grandezza del suo odio barbaro, ha voluto impedire che quelle persone ricordassero la loro storia antica, dalla schiavitù fino alla libertà agognata, dicendo alla fine, quasi gridando in un'esplosione di gioia, le parole di sempre, le parole della speranza e del sogno, le parole di ogni anno negli ultimi duemila "L'anno prossimo a Gerusalemme"!





Li ha fatti saltare per aria e morire prima che riuscissero a dirlo. E forse, mentre si apprestava a morire per uccidere, quel ragazzo (quell'assassino, quel terrorista) avrà sorriso per il suo odio soddisfatto e placato dal sangue e dalla disperazione degli odiati giudei. Tra le 28 vittime una in particolare ci ha sconvolti , aveva 92 anni e sul suo braccio hanno trovato stampato il numero della morte, Auschwitz.

Era sopravissuta all'inferno per morire in un altro inferno, a casa sua, nella libera Israele , per mano di un altro giovane nazista che non si chiamava Adolf o Heinrich ma Mohamad o Abdul. L'odio invece aveva lo stesso nome: era il solito odio, freddo e feroce oggi come 60 anni fa. Come dire dunque ai nostri figli di piangere col cuore in pace al suono straziante delle sirene? Come dire loro di ricordare i morti della Shoa' con lacrime chiare e dolci ?

Come dir loro tutto questo quando per le strade di Israele, casa loro, altri ebrei, donne anziani bambini, vengono ancora ammazzati intenzionalmente?

Come dire che una nonna novantaduenne era appena morta ammazzata perchè ebrea, in Israele, dopo essersi salvata da chi voleva ucciderla, perchè ebrea, 60 anni prima, in Polonia?

E' difficile spiegare tutto questo ai nostri figli che oggi cantano di pace e muoiono per odio e non capiscono perchè. Ancora. Sempre, Senza pietà.



Cantano una canzone oggi i nostri figli:



" Ci avevate promesso la pace,

ci avevate promesso ramoscelli d'ulivo e fiori,

ci avevate promesso una colomba....invece siamo qui a fare la guerra, ancora, come avete fatto voi.

Diteci, quali promesse potremo fare noi ai nostri figli?"





E noi non sappiamo cosa rispondere.

Non abbiamo risposte.

Fino a quando ebrei saranno ammazzati perchè ebrei, non avremo risposte.

L'unica risposta è Israele: credete in Israele, figli, amate Israele, è il nostro miracolo.

E i nostri figli capiscono.



Deborah Fait

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