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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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13/5/02 Il tabù politicamente correttissimo del cattivone Sharo
Riflessione di Claudio Carpentieri
Una delle più riuscite mistificazioni della propaganda anti-israeliana,dipinge il Primo Ministro Sharon come un novello,ferocissimo Goliath,spietato oppressore dei Palestinesi (tanto è vero che nei quotidiani arabi è "satiricamente" ritratto come un vampiro intento a bere sangue palestinese).

Ma Ariel Sharon è lo stesso che,all'indomani (8 marzo 2001) del suo insediamento ufficiale,tramite una lettera scritta di suo pugno invitò Arafat a sottoscrivere una sorta di "patto tra gentiluomini",perchè entrambe le parti in lotta tenessero lontane dalla lotta stessa i civili,senza ottenere la benchè minima risposta.

Il Premier di Gerusalemme è lo stesso che più volte ha incaricato suo figlio Omri di trattare informalmente con gli uomini di Arafat,per evitare eventuali contrasti ad opera dei ministri della destra radicale.

Egli è lo stesso "cattivone" che,il 22 maggio 2001,accettò integralmente il Piano Mitchell - elaborato dall'omonimo senatore americano che portò l'IRA ed il Governo Britannico allo storico accordo dell'aprile '98 - per la cessazione delle violenze e la ripresa dei negoziati,proclamando un immediato e totale "cessate il fuoco";Arafat invece lo respinse in blocco,e appena 8 giorni dopo (1° giugno 2001),un "martire della causa palestinese" entrò in azione a Tel Aviv,dilaniando i corpi di 23 adolescenti ebrei. Si tratta proprio del medesimo "mostro plutocratico e militarista" che,accogliendo le richieste della diplomazia internazionale,si trattenne dal decretare una risposta a quel feroce attentato,come pure alla strage del 9 agosto a Gerusalemme (20 civili uccisi).

Lo stesso contestatissimo leader che ha rinunciato ai 7 giorni di cessazione totale delle violenze come prerequisito essenziale per potersi sedere al tavolo negoziale con Arafat.

Lo stesso che,sino all'omicidio del noto ministro e parlamentare israeliano Rehavam Ze'evi - operato da un commando del Fronte Popolare ospitato da Arafat steso nel suo quartier generale di Ramallah - ,avvenuto il 17 ottobre scorso,ha sempre limitato nelle forme e nei tempi le reazioni militari agli attentati in continua crescita,dirigendole contro obiettivi strettamente militari (come depositi di armi ed esplosivi,covi per le cellule terroristiche,alcuni comandi della polizia palestinese,molti membri della quale si sono immolati come "martiri di Allah e della causa palestinese",e le "azioni mirate" contro i capi militari delle organizzazioni integraliste ed estremiste).

Sharon,inoltre,ha sempre respinto le richieste,dei ministri della destra radicale e dei generali,volte a decretare l'uccisione di Arafat,il suo arresto,o l'esilio forzato all'estero:anche quando queste,di fronte alla drammatica escalation terroristica cui Arafat stesso non pare essere affatto estraneo (vedi acquisto delle 50 tonnellate di armi potenti e modernissime,sequestrate dalle "teste di cuoio" israeliane il 4 gennaio scorso,a bordo del cargo "Karine-A" in navigazione nel Mar Rosso),si sono fatte più insistenti,sfiorando una crisi di governo.

Non è finalmente giunto il momento di inquadrarne il pur contestabilissimo operato,nell'ottica più ampia del leader che si trova a dover costantemente mediare tra le richieste dei vari partiti e membri dell'ampia coalizione che sostiene il suo governo di unità nazionale,poi tra queste e quelle,altrettanto continue,della diplomazia internazionale?

E di considerarlo degno del rispetto dovuto al Primo Ministro liberamente eletto di un Paese democratico (peraltro l'unico in tutto il Medio Oriente)?



Cordiali saluti



di Claudio Carpentieri


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