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Storia
La nascita di Israele - parte prima

Storia

Secondo la Bibbia antiche tribù di israeliti conquistarono parte della terra di Canaan lungo la costa verso il 1200 AC La storia di quella terra è scandita dai nomi di tantissime popolazioni: Cananei, egiziani, israeliti, assiri, babilonesi, persiani, greci, romani, arabi, mamelucchi, ottomani, inglesi.

Verso il 950 sotto re Salomone venne costruito il I Tempio (datato 931, 41 anni dopo la sua salita sul trono); dopo la sua morte il regno venne diviso in due: a nord il regno di Israele, a sud il regno di Giuda

Nel 586 la Giudea venne conquistata dai Babilonesi che distrussero il Tempio e iniziò la prima diaspora

Nel 539 Ciro di Persia conquista Babilonia e gli ebrei poterono tornare a Gerusalemme dove in 70 anni costruirono il II Tempio

Nel 330 Alessandro Magno Alessandro Magno conquista la Persia e la Palestina. La dominazione ellenica durò fino al 168 con la rivolta dei Maccabei (da cui la festa di Hanukah); gli ebrei ripresero il potere sulla regione.

Nel 63 la Giudea venne conquistata da Pompeo e divenne provincia dell’impero romano, e in questo momento si incomincia a parlare di Palestina, dal nome dei Filistei che si erano trasferiti su parte della costa. E’ da considerare che si calcola che a Roma, già 100 anni prima, su 1 milione di abitanti, fra 30 e 40000 fossero ebrei; da questo si deduce che la diaspora fosse in realtà un fenomeno già esistente, di per sé.

Nel 70 vi fu una violenta rivolta popolare soffocata da Tito e la distruzione del II Tempio.

Nel 476 cadde l’impero romano e la Palestina finì sotto l’impero Bizantino fino al 636 quando venne conquistata dagli arabi. Il 2° califfo, Omar fece costruire sulle rovine del Tempio la moschea di Al-Aqsa, sulla spianata sulla quale gli ebrei avevano edificato il loro Tempio, e rimase solo il muro occidentale dove oggi è il muro del Tempio (molto più lungo di quel che si vede di solito). Il controllo arabo durò quindi 460 anni, fino al 1099.

Nel XII secolo vi fu il dominio cristiano portato con le crociate (200 anni, dal 1099 al 1291).

Dal 1291 per altri 200 anni fu sotto il controllo dei Mamelucchi, e anche di mongoli e turchi, fino al 1517.

Poi per 400 anni fu sotto il controllo dei Turchi Ottomani, fino al 1917. Ma nel frattempo nel 1840 il primo ministro inglese Lord Palmerston propone per la prima volta una colonizzazione ebraica "per tenere aperta la porta d’oriente alle truppe ed ai commerci inglesi",

Ma la Rivoluzione francese aveva portato in Europa due idee fondamentali; l’eguaglianza fra i cittadini e la libertà delle nazioni. Gli ebrei, sparsi in Europa, da un lato si assimilano, dall’altro si chiedono perché non devono avere una nazione come gli altri popoli.

Si arriva dunque al 1897 nel quale si tenne il I Congresso Sionista a Basilea dove Theodor Herzl, giornalista che visse a Parigi l’affaire Dreyfuss, e che nel 96 aveva pubblicato Lo stato ebraico, vero atto di nascita del sionismo politico, con il programma di Basilea, lanciò la proposta della creazione di uno stato per gli ebrei, in Palestina, e proprio in quegli anni iniziò una forte immigrazione, soprattutto dall’Europa nord orientale. Egli, grande protagonista della vita culturale viennese della fine dell’800, era un uomo dotato di grande carisma che gli permise di trasformare quello che era un dibattito interno al mondo ebraico in un tema che coinvolse il mondo intero. Egli non aveva certo grandi risorse economiche, e non era guardato con simpatia dal mondo religioso. Ma riuscì a trovare ascolto sia fra i finanzieri ebrei, sia dai potenti dell’epoca, come l’imperatore Guglielmo II, il sultano turco, il segretario alle colonie britanniche, il Kaiser, il Papa e il ministro dell’interno dello Zar.

Con la 1° guerra mondiale Inghilterra e Francia sconfissero l’impero ottomano e si divisero l’area, la Francia a nord (Siria e Libano di oggi), l’Inghilterra Israele, Territori, Giordania e Iraq (accordi Sykes-Picot); tali accordi sono alla base del Mandato su quelle popolazioni considerate "incivili". Nel frattempo nel 1916 Sir McMahon commissario inglese in Egitto aveva promesso agli arabi l’indipendenza in cambio del loro aiuto nella guerra contro l’impero Ottomano con la rivolta araba.

Ma i britannici avevano promesso non solo l’indipendenza agli arabi, ma anche agli ebrei, come national home; e contemporaneamente avevano pattuito coi francesi che la Palestina sarebbe stata internazionalizzata; ma poi se la tennero come Mandato.

Nel 1917 con la Dichiarazione Balfour gli inglesi promisero agli ebrei il loro appoggio per la creazione di un focolare (Home) (in effetti come vedremo fu anche per loro una ricompensa per l’aiuto di Weizmann, con le sue ricerche sulla cordite, a sconfiggere l’impero ottomano).

Testo della Dichiarazione Balfour

2 Novembre 1917

Dear Lord Rothschild,

I have much pleasure in conveying to you, on behalf of His Majesty's Government, the following declaration of sympathy with Jewish Zionist aspirations which has been submitted to, and approved by, the Cabinet:

His Majesty's Government view with favour the establishment in Palestine of a national home for the Jewish people, and will use their best endeavours to facilitate the achievement of this object, it being clearly understood that nothing shall be done which may prejudice the civil and religious rights of existing non-Jewish communities in Palestine, or the rights and political status enjoyed by Jews in any other country.

I should be grateful if you would bring this declaration to the knowledge of the Zionist Federation.

Yours,

Arthur James Balfour

 E' con estremo piacere che le porto, a nome del governo di sua Maestà, la seguente dichiarazione di simpatia verso le aspirazioni degli ebrei sionisti, che è stata sottoposta ed approvata dal Consiglio dei Ministri.

Il governo di sua Maestà vede con favore la creazione in Palestina di una focolare (home) nazionale per il popolo ebraico, e si adopererà al meglio delle proprie possibilità per facilitare il raggiungimento di questo obiettivo, con la chiara intesa che nulla sarà fatto che possa pregiudicare i diritti civili e religiosi delle comunità non-ebraiche già esistenti in Palestina, né i diritti o lo status politico di cui godono gli ebrei in qualunque altra nazione nel mondo.

Le sarei grato se volesse portare a conoscenza della Federazione Sionista questa dichiarazione.

Vostro

Arthur James Balfour

Già 5 mesi prima, a dimostrazione di quella che era l’atmosfera fra le potenze in guerra con i turchi, Jules Cambon, segretario generale del ministero degli esteri francese, scriveva a Sokolow, capo del dipartimento politico dell’organizzazione sionistica mondiale:

"Siete stati così gentili da informarmi del vostro piano riguardo l'espansione della colonizzazione ebraica della Palestina. Mi avete comunicato che, se le circostanze lo consentissero e se d'altro canto fosse garantita l'indipendenza dei luoghi sacri, sarebbe cosa equa e giusta se le forze alleate contribuissero alla rinascita della nazionalità ebraica sulla terra da cui il popolo ebraico fu esiliato secoli fa. Il Governo francese, che è entrato in guerra per difendere un popolo ingiustamente attaccato, e che continua a combattere per assicurare la vittoria della giustizia sulla forza, non può che simpatizzare per la vostra causa, il cui trionfo è legato a quello degli Alleati. Sono dunque felice di potervi dare questa assicurazione".

Dopo poco tempo, l’11 agosto 1919, Balfour scriveva al suo successore, Lord Curzon, inizialmente molto avverso nei confronti del sionismo: In Palestina non ci proponiamo di avviare consultazioni per conoscere i desideri degli attuali abitanti.

In Palestina per diritto e non a causa delle sofferenze

 

"Per chi si chiede cosa si intenda con lo sviluppo del Focolare Ebraico in Palestina, si potrebbe rispondere che non è in atto l’imposizione di una nazionalità ebraica su tutti gli abitanti della Palestina, ma lo sviluppo ulteriore della già esistente comunità ebraica, con l’assistenza degli Ebrei di ogni parte del mondo, in modo che possa diventare il centro in cui tutto il popolo ebraico possa stabilire, sulle sue basi religiose ed etniche, il suo interesse ed orgoglio. Ma affinché questa comunità possa disporre delle migliori prospettive per un libero sviluppo e godere appieno dell’opportunità per il popolo ebraico a realizzare le proprie capacità, è essenziale che si sappia che vive in  Palestina per diritto e non a causa di sofferenze. Questa è la ragione per cui è necessario che l’esistenza di un Focolare Nazionale Ebraico in Palestina venga internazionalmente garantito e che venga formalmente riconosciuto sulla base della sua antica connessione storica."

"In Palestine as of right and not on sufferance ...

"When it is asked what is meant by the development of the Jewish National Home in Palestine, it may be answered that it is not the imposition of a Jewish nationality upon the inhabitants of Palestine as a whole, but the further development of the existing Jewish community, with the assistance of Jews in other parts of the world, in order that it may become a centre in which the Jewish people as a whole may take, on grounds of religion and race, an interest and a pride. But in order that this community should have the best prospect of free development and provide a full opportunity for the Jewish people to display its capacities, it is essential that it should know that it is in Palestine as of right and not on sufferance. That is the reason why it is necessary that the existence of a Jewish National Home in Palestine should be internationally guaranteed and that it should be formally recognized to rest upon ancient historic connection."

 

Nel 1920 la Lega della Nazioni che stava nascendo diede all’Inghilterra la conduzione dei territori della Palestina.

In questi anni fra il 1881 (anno dell’attentato mortale allo zar Alessandro II) e il 1921 vi furono in Russia oltre 2000 pogrom che agitarono il mondo.

 

Perché, nel giro di una trentina d’anni tra la fine dell’ottocento e l’inizio del novecento, circa due milioni e mezzo di ebrei fuggono dall’impero russo con qualsiasi mezzo a loro disposizione, spesso in condizioni non molto migliori dei disperati che sbarcano – o naufragano – oggi sulle nostre coste? Perché di questi circa ottantamila approdano, e si radicano, in un desolato paese del terzo mondo, semidesertico, infestato da malattie endemiche e da bande di predoni, saltando dalla padella nella brace? Una risposta la troviamo in queste due parole, in russo ed in ebraico: pogrom ed aliyà.

I pogrom

La definizione data dall’enciclopedia Britannica della parola russa pogrom (letteralmente: tumulto, devastazione) è dell’attacco di una folla omicida – con l’acquiescenza, spesso l’aperta istigazione e l’appoggio delle pubbliche autorità - contro persone inermi di una minoranza, quasi sempre ebrei. Per questa ragione furono gli ebrei dell’Europa orientale i primi a seguire Herzl. Ma molti andarono in America, e prima della fine del secolo 1 milione erano arrivati in America (le compagnie facevano prezzi degni delle attuali low cost).

L’impero russo manteneva gran parte della popolazione - nella grande maggioranza analfabeta e dedita all’alcool – in condizioni misere, prive delle più elementari libertà (i servi della gleba erano soggetti all’arbitrio della nobiltà latifondista), ed in uno stato di ignoranza abbietta. La folla era facile da aizzare contro gli ebrei, accusati di ogni nefandezza da un clero ortodosso fanatico quanto ignorante, ed oggetto nelle prediche pasquali dell’accusa non solo di deicidio, ma anche di rapire bambini per berne il sangue. Per conto suo la polizia segreta zarista (Okhrana) soffiava sul fuoco, sia per deviare contro gli ebrei il malcontento popolare, sia perché li vedeva potenzialmente come pericolosi agitatori, per il solo fatto di saper leggere e scrivere; tra gli ebrei non c’erano analfabeti.

Quale fosse l’attitudine ufficiale del governo zarista è illustrato dalla spiegazione data allo zar, da parte del suo primo ministro (Plehve), delle conseguenze previste delle nuove, oppressive misure antisemite emanate contro una popolazione ebraica indifesa, già molto mal ridotta: "… degli ebrei un terzo morirà di stenti, un terzo si convertirà, il terzo restante fuggirà all’estero …" . Il solo "progresso" nazista in materia sono stati i campi di sterminio; le idee erano le stesse.

Nel suo libro 200 anni insieme Alexander Solgenitsin ricorda che, nel corso di 887 massacri avvenuti in Ucraina, due terzi circa vennero perpetrati da bande e raggruppamenti nazionalisti ucraini, in particolare quelli di Petliura, un sesto dall’esercito bianco di Denikin, alquanti meno – pur se non pochi - dall’armata rossa; in sostanza, nessun gruppo armato in Russia si tirò indietro al momento di accoppare ebrei.

Nell’Europa orientale i pogrom naturalmente ripresero in pieno durante la seconda guerra mondiale; accanto all’organizzazione nazista per lo sterminio degli ebrei su scala industriale, nelle "fabbriche della morte" di Auschwitz, Chelmno, Maidanek, Sobibor, Trebinka …, collaborazionisti russi, polacchi, ucraini, ungheresi e dei paesi baltici fecero i loro eccidi "artigianali". Emblematico il caso di Jedwabne in Polonia, nell’estate 1941; poco dopo l’invasione tedesca della zona, prima occupata dai russi in base all’accordo tra Hitler e Stalin del 1939, numerosi abitanti cattolici della cittadina uccisero nei modi più atroci quasi tutti i loro compaesani ebrei (circa 1600 morti; solo 7 i superstiti), massacrandoli a bastonate, scannandoli, sventrandoli e bruciando vivi gli ultimi in un fienile, buttando nelle fiamme coi forconi i bambini rimasti. Il tutto sotto gli occhi dei soldati tedeschi, che scattarono soddisfatti foto ricordo; dopo tutto, era tanto "lavoro" di meno per loro. Per nulla isolato, il caso si ripete in Polonia, Estonia, Lituania, Lettonia, Ucraina …

Continuarono anche nel dopoguerra, pur se in tono minore dato che ormai il 90% degli ebrei era stato ucciso; qualche superstite c’era ancora. Tipico il pogrom di Kielce, in Polonia, il 4 luglio 1946, in cui vennero uccisi una quarantina di ebrei, e parecchie decine feriti più o meno gravemente. Aizzata da voci – demenziali nella loro malvagità, ed inutile dire del tutto infondate – secondo cui gli ebrei rapivano bambini per sgozzarli, e berne il sangue (vecchia infame accusa, con cui fin dal medioevo erano stati ammazzati migliaia di innocenti), una folla omicida, aiutata da consistenti forze di polizia, aggredì circa duecento superstiti di Auschwitz, alloggiati in un centro di raccolta nel centro cittadino. Solo alla sera arrivarono truppe da Varsavia, portando in salvo i feriti (per uccidere anche loro la folla assediò invano l’ospedale, difeso dai militari); le autorità del posto si erano tenute da parte, quando non avevano dato man forte agli assassini.

 

 

 

 

L’Aliyà.

Col termine aliyà, letteralmente salita, si indica l’emigrazione ebraica in Israele; anche prima del movimento sionistico organizzato di fine ottocento, durante il lungo esilio vi fu sempre chi per motivi ideali "saliva" nella terra d’Israele, ed a Gerusalemme, a pregare per la sua ricostruzione. Fin dall’esilio di Babilonia, dopo la distruzione del primo tempio, il testo biblico stesso – come ad esempio nei salmi, e nei libri profetici di Ezra e Nehemia – testimonia il profondo attaccamento del popolo ebraico alla propria terra, tuttora richiamato più volte nelle preghiere quotidiane. Così a dispetto di tutti gli ostacoli rimasero sempre nuclei ebraici a Tiberiade, a Safed, a Hebron, e naturalmente a Gerusalemme, dove già a metà ottocento erano più di metà degli abitanti.

Accanto a gruppi d’ispirazione religiosa – in aperto contrasto con l’establishment religioso molto conservatore, che in sostanza concepiva (ed in alcuni settori lo fa tuttora) il ritorno degli ebrei nella loro terra solo nel quadro di un movimento sionistico dell’era messianica – si collocano iniziative decisamente laiche, sia a livello politico come quella che vede come animatore principale Teodoro Herzl, sia a livello assistenziale come quella finanziata in buona parte dai Rothschild.

Al sionismo si erano prospettate diverse soluzioni, come l’Argentina, l’Uganda, il Mozambico.

Nel 1902 il KKL inizia a distribuire nelle case il bossolo per acquistare terreni (idea del V congresso del 1901).

I terreni erano sia dei grandi proprietari (effendi), siriani ed egiziani, 73%, sia dei piccoli (fellahim), 27%.

Nel 1909 nasce a Degania il primo kibbutz, con la logica che considera una bestemmia lo sfruttamento del lavoro altrui. In tal modo il sionismo non divenne colonialismo, come usava a quei tempi.

Ma a questo punto si rese necessario organizzare delle unità di autodifesa (Hashomer) contro le bande di predoni arabi che agivano indisturbate finché stavano alla larga dai potenti e dai presidi militari turchi.

A furia di comperare, pur tra molte difficoltà, nel 1945 lo Jishuv, entità ebraica della Terra di Israele possiederà 175000 ettari. In effetti la maggior parte delle terre vendute erano quelle aride, dune o paludi. Ma siccome venivano fertilizzate, anche con l’aiuto dei contadini arabi, i grandi proprietari che avevano tenuto per sé le terre fertili mal gestite aizzarono le masse per bloccare la presa di coscienza occidentale dei contadini arabi.

Nel 1943 gli arabi possiedono 76662 dunum urbani, contro 70111 in mano agli ebrei, e 36851 rurali, contro 42330 in mano degli ebrei.

 

Mandato

Dal 1917 al 1920 vi furono 3 Amministratori britannici, Allenby, Money e Bols, dal 1920 al 1948 vi furono 12 Alti commissari (Samuel – un ebreo sionista-, Clayton, Plumer, Luke, Chancellor, Young, Wauchope, Andrews, Battershill, MacMichael, Vereker, Gordon Cunningham.

 

 

Popolazione


Nel 1903 gli ebrei erano 25000 (su 450000 abitanti), per salire a 85000 nel 1914 allo scoppio della I guerra mondiale.

Il viaggio verso Israele si chiama, come abbiamo visto prima, Aljià, salita, intesa come elevazione spirituale, più che come salita verso Gerusalemme, che si trova in posizione elevata. Vi furono 5 ondate di aljià.

La prima dagli anni 70 del 1800 che portò a Petah Tikva una specie di idea di kibbutz ante litteram, coi soldi del barone Rotschild. Ad ebrei russi (ca 25000) e rumeni si unirono ebrei di Gerusalemme.

I dominatori Turchi sono duri, ma si comprano col bakshish, mancia, e la malaria è il peggior nemico.

La seconda aljià segue i pogrom del 1905 e soprattutto il massacro di Kishinev del 1903. Arrivano ca 40000 immigrati. Ho già detto della creazione del kibbutz di Degania, per realizzare quel modello socialista che non avevano potuto realizzare in Russia.

Nel 1914 sono oltre 85000. Ma i cittadini di paesi come la Russia in guerra contro la Turchia dovettero andare via e molti si rifugiarono in Egitto.

La terza 1919-23 portò 35000 giovani da Russia, Polonia e Galizia

La quarta 1923-28 portò invece commercianti e artigiani che andarono nelle città, come Haifa, Gerusalemme e Tel Aviv (85000 persone)

Ma in questi anni malattie e attacchi spinsero anche il 20% degli abitanti a partire, fra il 1910 e il 1931 verso USA, Canada e Sud America.

Nel primo censimento del 1922 la popolazione risulta di 752000, dei quali 589000 musulmani 83000 ebrei 71000 cristiani e 8000 di altri gruppi. Ma nel 1927 sono già ca 150000.Nel successivo censimento del 1931 i musulmani risultarono 762000 (+ 29%), gli ebrei 175000 (+ 109%), i cristiani 89000 (+ 25%) e gli altri 10000 (+ 33%). In particolare è interessante che gli ebrei immigrati sono 112000 su 4000000 fuggiti dall’Europa orientale.

E intanto nacque la Haganà, esercito di civili per la difesa degli ebrei, e la Histadrut, sindacato dei lavoratori, e una assicurazione malattie e anche una assemblea legislativa, per far rispettare leggi e regolamenti.

Nacque l’università di Gerusalemme, a monte Scopus, e il Technion di Haifa.

Ed Eliezer ben Yehuda scrisse il primo dizionario di ebraico, lingua sempre rimasta nella tradizione ebraica, ma non come lingua viva, per la vita di tutti i giorni.

Agli ideali romantici di Herzl si sostituisce l’idea di una vita dura, da conquistare giorno per giorno.

Dal 1932 al 1938 vi fu la quinta aljià, soprattutto da Germania ed Austria, ma anche dall’Italia, dove erano state promulgate le leggi per la difesa della razza. Fu un’immigrazione di studiosi, capitalisti, imprenditori e tecnici.

Nel 1937 vigilia della II guerra mondiale sono già 300000, nel 38 si arriva a 400000 e nel 45 sono 608000 a fronte di 1200000 arabi.

I coltivatori passano da 11000 nel 1914 a 100000 nel 1941.

Anche i coltivatori arabi salgono da 390000 nel 1922 a 777000 nel 1947, e i loro depositi nelle banche salgono da 298000 lire a 7000000 fra il 1935 e il 1947.

 

Storia

In una terra senza identità politica, amministrata dai turchi con assoluta corruzione, l’agricoltura (latifondo) è arretrata, i commerci quasi inesistenti e l’industria del tutto assente

Arrivano i primi pionieri e Weizmann dirà che per essere sionisti, con una simile situazione ambientale, non occorre essere pazzi, ma giova.

 

L’11 dicembre 1917 il generale inglese Allenby sconfigge i turchi ed entra a Gerusalemme; fra le sue truppe vi era anche la legione ebraica, che si era formata in quell’Egitto dove molti ebrei erano scappati.

Sembrerà strano, ma in quel momento i rapporti fra arabi ed ebrei erano tali che, durante il 1° congresso di Londra venne firmato il seguente accordo:

Accordo fra il Re del Hijaz e Khadim al-Haramayn as-Sharifayn, l'Emiro Feisal Ibn al-Hussein al-Hashemi e il Presidente dell’Organizzazione Sionista Mondiale Dr. Chaim Weizmann (3 gennaio 1919)



3 gennaio 1919

Sua Altezza Reale l’Emiro Feisal, in nome e per conto del Regno Arabo di Hedjaz, e il Dr. Chaim Weizmann, in nome e per conto dell’Organizzazione Sionista, memori dell’affinità razziale e degli antichi legami esistenti fra gli Arabi ed il Popolo Ebraico, comprendendo che il modo più sicuro di portare a compimento le loro aspirazioni nazionali passa attraverso una strettissima collaborazione allo sviluppo dello Stato Arabo e della Palestina, ed essendo desiderosi di confermare ulteriormente la buona intesa che esiste fra loro, si sono accordati sui seguenti Articoli:
 


ARTICOLO I

La più cordiale buona volontà e comprensione regoleranno tutte le relazioni e gli impegni fra lo Stato Arabo e la Palestina, e a questo fine agenti arabi ed ebrei debitamente accreditati saranno posti e mantenuti nei rispettivi territori.



ARTICOLO II

Immediatamente dopo il completamento delle delibere della Conferenza di Pace, i confini definiti fra lo Stato Arabo e la Palestina saranno determinati da un’apposita Commissione, gradita ad ambo le parti.



ARTICOLO III

Nello stabilire la Costituzione e l’Amministrazione della Palestina si adotteranno tutte le misure possibili per garantire l’applicazione della Dichiarazione del Governo Britannico del 2 novembre 1917.



ARTICOLO IV

Si prenderanno tutte le misure per incoraggiare e stimolare l’immigrazione su larga scala degli Ebrei in Palestina e per insediare il più presto possibile gli immigranti ebrei sul territorio, mendiante insediamenti contigui e coltivazione intensiva della terra. Nel prendere tali misure i diritti dei contadini e dei proprietari di tenute arabi saranno salvaguardati, ed essi saranno assistiti nel portare avanti il loro sviluppo economico.



ARTICOLO V

Nessun regolamento né legge proibirà o interferirà in alcun modo con il libero esercizio della religione; il libero esercizio e godimento della professione di fede e del culto saranno permessi per sempre. Nessuna prova di appartenenza confessionale sarà mai richiesta per l’esercizio dei diritti civili o politici.



ARTICOLO VI

I Luoghi Santi musulmani saranno sotto il controllo dei Musulmani.




ARTICOLO VII

L’Organizzazione Sionista propone di inviare in Palestina una Commissione di esperti, incaricati di compiere uno studio dettagliato delle possibilità economiche del paese, e di riferire circa gli strumenti più adeguati al suo sviluppo. L’Organizzazione Sionista metterà la sopra citata Commissione a disposizione dello Stato Arabo allo scopo di compiere uno studio dettagliato delle possibilità dello Stato Arabo, e di riferire circa gli strumenti più adeguati al suo sviluppo. L’Organizzazione Sionista farà ogni sforzo per assistere lo Stato Arabo, fornendogli i mezzi per sviluppare le sue risorse naturali e le sue possibilità economiche.



ARTICOLO VIII

Le parti convengono di agire dinnazi al Congresso di Pace in completo accordo ed armonia su tutte le materie qui contenute.



ARTICOLO IX

Ogni materia di disputa che possa sorgere fra le parti contraenti sarà portata davanti al Governo Britannico per un arbitrato.

Firmato a Londra, Inghilterra, il 3 gennaio 1919.

Chaim Weizmann
e Feisal Ibn al-Hussein.


 

 

 

 

Lettera dell’Emiro Feisal a Felix Frankfurter, Presidente dell’Organizzazione Sionista d’America


DELEGATION HEDJAZIENNE
Parigi, 3 marzo 1919.

CARO SIGNOR FRANKFURTER,

voglio cogliere questa occasione del mio primo contatto con i Sionisti Americani per dirLe ciò che ho potuto spesso dire al Dr. Weizmann in Arabia e in Europa.

Noi sentiamo che Arabi ed Ebrei sono cugini come razza, che hanno subito oppressioni simili nelle mani di potenze più forti di loro, e che per una felice coincidenza sono stati capaci di muovere insieme il primo passo verso il conseguimento dei loro ideali nazionali.

Gli Arabi, specialmente quelli colti, guardano con la più profonda simpatia al movimento sionista. La nostra deputazione qui a Parigi è interamente a conoscenza delle proposte presentate ieri dall’Organizzazione Sionista alla Conferenza di Pace, e le consideriamo moderate e corrette. Per ciò che ci riguarda faremo del nostro meglio per sostenerle vogliamo augurare agli Ebrei un sincerissimo benventornati a casa.

Con i capi del vostro movimento, specialmente con il Dr. Weizmann, abbiamo avuto e continuiamo ad avere le relazioni più strette. Egli ha dato molto aiuto alla nostra causa, e io spero che gli Arabi possano presto essere in condizione di ricompensare in qualche modo gli Ebrei della loro gentilezza. Stiamo lavorando insieme per Medio Oriente riformato e revitalizzato, e i nostri due movimenti si completano l’un l’altro. Il movimento ebraico è nazionale e non imperialista. Il nostro movimento è nazionale e non imperialista, e in Siria c’è posto per entrambi. Davvero io penso che nessuno possa essere un vero successo senza l’altro.

Gente meno informata e responsabile dei nostri e dei vostri leader, ignorando la necessità di collaborazione fra Arabi e Sionisti, ha cercato di approfittare delle difficoltà locali che necessariamente devono sorgere in Palestina nelle fasi iniziali dei nostri movimenti. Alcuni di essi, temo, hanno presentato in cattiva luce i vostri fini ai contadini arabi, e i nostri fini ai contadini ebrei, con il risultato che le parti interessate hanno potuto sfruttare quelle che chiamano le nostre differenze.

Vorrei trasmetterLe la mia ferma convinzione che queste differenze non riguardano questioni di principio, ma dettagli che inevitabilmente si presentano in ogni contatto fra popoli vicini, risolvibili facilmente mediante una reciproca buona volontà. Sono certo che quasi tutti scompariranno quando una migliore reciproca conoscenza verrà raggiunta.

Sono impaziente, e il mio popolo lo è con me, di vedere un futuro in cui noi aiuteremo voi e voi aiuterete noi, cosicché i paesi a cui siamo mutuamente interessati possano di nuovo prendere il loro posto nella comunità dei popoli civili del mondo.

Sinceramente,

Suo Feisal



 

 

 

 

Risposta di Felix Frankufurter all’Emiro Feisal


5 marzo 1919.
 

ALTEZZA REALE,

a nome dell’Organizzazione Sionista, mi permetta di ringraziarLa per la Sua recente lettera, che abbiamo profondamente apprezzato. Quelli di noi che provengono dagli Stati Uniti hanno già apprezzato le amichevoli relazioni e l'attiva cooperazione che Lei ha instaurato coi leader sionisti, particolarmente il Dr. Weizmann. Sapevamo che non poteva essere altrimenti; noi sapevamo che le aspirazioni dei popoli arabo ebraico erano analoghe, che ciascuno aspirava ad ottenere la propria nazionalità nella propria patria, a dare il proprio specifico contributo alla civiltà, cercando entrambi di vivere in pace secondo le proprie consuetudini.

I leader Sionisti ed il popolo ebraico che essi rappresentano avevano guardato con soddisfazione al vigore spirituale del movimento arabo. Cercando essi stessi giustizia, erano ansiosi che i giusti obiettivi nazionali del popolo arabo fossero accolti dalla Conferenza di Pace.

Conoscendo il Suo operato e le Sue precedenti dichiarazioni, sapevamo che il movimento sionista, cioè gli obiettivi nazionali del popolo ebraico, godevano del Suo sostegno e di quello del popolo arabo a nome del quale Lei parla. Questi obiettivi, definiti dall’Organizzazione Sionista, sono ora dinnanzi alla Conferenza di Pace. Siamo davvero lieti che Lei consideri queste proposte "moderate e corrette" e del fatto di avere in Lei un convinto fautore della loro realizzazione.

Di fronte al popolo arabo e a quello ebraico vi sono difficoltà che potrebbero minare le capacità politiche sia dei leader arabi che di quelli ebrei.  Riedificare due grandi civiltà che hanno sofferto oppressione e malgoverno per secoli non è un'impresa facile . Abbiamo entrambi le nostre difficoltà, e cercheremo di superarle da amici, amici che sono animati da propositi simili e che sperano in un libero e completo sviluppo per i due popoli vicini. Arabi ed Ebrei sono popoli confinanti, e non possiamo che vivere gli uni accanto agli altri, da amici.

Con grande rispetto,

Felix Frankfurter


 

 

 

 

Da un articolo dell'Emiro dei Bani Hashim e custode delle Sacre Moschee, Sharif al-Hussein Ibn Ali al-Husseini, che Allah ne abbia misericordia, pubblicato sul quotidiano di Mecca "al-Qiblah" il 23 marzo 1918

Le risorse del paese [Palestina Occidentale] sono terreno ancora vergine, e saranno sviluppati dai coloni ebrei. Uno dei segni caratteristici del nostro tempo è che sino a pochi anni orsono il palestinese migrava dal paese, e vagava per mari in ogni direzione. Il suolo natìo non riusciva a trattenerlo, sebbene fosse la terra in cui in suoi antenati avevano vissuto per mille anni. Oggi vediamo invece che gli Ebrei che provengono dall'estero si rifugiano in Palestina provenendo dalla Russia, dalla Germania, dall'Austria, dalla Spagna e dall'America. La causa di tutto ciò non può sfuggire a quanti sono dotati di perspicacia. Essi già sapevano che quella terra spettava ai suoi figli originari (abna'ihi al-asliyin) e, nonostante le divergenze fra loro, costituiva per essi tutti una sacra ed amata madrepatria. Il ritorno in patria degli esiliati (jaliya) rappresenterà una scuola sperimentale sul piano materiale e spirituale, a beneficio dei loro fratelli che sono con loro sui campi, nelle fattorie, nel commercio, ed in tutto ciò che concerne il lavoro e il sostentamento.

Ma che cosa succede a questo punto!

Amin El-Hussein, nelle prigioni inglesi per un attentato contro gli ebrei che pregavano al muro del pianto, venne liberato dagli inglesi nel 1920 e rifornito di armi; egli divenne il gran Muftì, andò in Germania dove divenne alleato e intimo amico di Hitler, e poi perseguito come criminale di guerra.

, nelle prigioni inglesi per un attentato contro gli ebrei che pregavano al muro del pianto, venne liberato dagli inglesi nel e rifornito di armi; egli divenne il gran Muftì, andò in Germania dove divenne alleato e intimo amico di Hitler, e poi perseguito come criminale di guerra.

, nelle prigioni inglesi per un attentato contro gli ebrei che pregavano al muro del pianto, venne liberato dagli inglesi nel e rifornito di armi; egli divenne il gran Muftì, andò in Germania dove divenne alleato e intimo amico di Hitler, e poi perseguito come criminale di guerra.

Nel 1921 Abdullah, fratello di Feisal, invase l’attuale Giordania e ricevette queste terre dagli inglesi. E invece il tentativo di creare un consiglio misto arabo ed ebraico fallisce, e allora la società delle nazioni conferma il mandato agli inglesi, richiamando gli impegni della dichiarazione Balfour. In seguito poi ai disordini arabi del maggio 1921 venne creata la commissione d’inchiesta Haycraft per alleggerire l’atmosfera.

La dichiarazione Balfour venne ripresa nel 1920 nel trattato di pace della conferenza di San Remo; le lingue ufficiali diventano 3. Tuttavia l’idea portata avanti dalla dichiarazione Balfour (e prevista nel Mandato) venne poi ridotta nel 1922 dal memorandum Churchill, che vedeva possibile un’immigrazione, ma non la creazione dello stato. E il cambiamento della politica inglese è evidente se si pensa che l’articolo 6 del Mandato raccomandava di incoraggiare l’immigrazione ebraica, mettendo a disposizione degli immigrati zone demaniali e zone incolte, mentre gli inglesi lasciarono agli effendi, i latifondisti arabi, la possibilità di speculare sulla cessione dei loro terreni privati.

Può essere interessante leggere quel che scriverà Winston Churchill nelle sue memorie, a proposito dell’Islam: Come sono terribili le maledizioni che l’Islam stende sui suoi fedeli! Oltre alla follia fanatica, che è pericolosa negli uomini come l’idrofobia nei cani, vi è questa terribile, fatalistica apatia. Gli effetti sono evidenti in molti stati, con le improvvide abitudini, coi negligenti sistemi di agricoltura, coi pigri metodi di commercio, con l’insicurezza della proprietà che si trovano ovunque i seguaci del Profeta comandano e vivono. Un sensualismo degradato priva la vita della sua grazia e raffinatezza, il prossimo della sua dignità e santità. Il fatto che nella legge islamica ogni donna debba appartenere ad un uomo, come sua proprietà assoluta, come bambina, come moglie o come concubina, deve rinviare la fine della schiavitù al momento nel quale la fede nell’Islam avrà smesso di essere un grande potere fra gli uomini. I singoli islamici possono mostrare splendide qualità, ma l’influenza della religione paralizza lo sviluppo sociale in coloro che la seguono. Non esiste al mondo una forza retrograda più forte di questa. Lungi dall’essere moribondo, l’Islam è una fede militante che fa proselitismo. Si è già allargata nell’Africa centrale, allevando guerrieri coraggiosi ad ogni livello: e dove la cristianità non si rifugia nelle sicure armi della scienza, quella scienza contro la quale questo Islam ha inutilmente lottato, la civiltà della moderna Europa potrebbe cadere, così come cadde la civiltà dell’antica Roma. (The River War, first editino, vol II pages 248-50).

Gli anni successivi videro grande tensione fra arabi ed ebrei, e si arrivò nell’agosto del 29 al massacro della secolare comunità ebraica di Hebron, che era certissima, per via dell’antica amicizia coi notabili arabi, di essere al sicuro. Gli arabi lanciarono un appello alla guerra santa contro gli ebrei, e vi furono pogrom anche a Gerusalemme, Tiberiade e Safed. La commissione presieduta da Sir Russell Shaw giustificò le rappresaglie ebraiche come legittima difesa. La successiva commissione Hope individuò le ragioni dei disordini nella carenza di risorse e nella disoccupazione fra gli arabi, e sostenne che, considerati i metodi di coltura arabi non vi erano più terre fertili da assegnare ai nuovi coloni. L’alto commissario Chancellor raccomandò allora la sospensione dell’immigrazione e dell’acquisto delle terre, ma l’ufficio per le colonie respinse tale raccomandazione.

In questi anni anche Gandhi si espresse sulla questione, dicendo che se gli ebrei volevano stabilirsi in Palestina non dovevano farlo con l’aiuto dell’Inghilterra, ma solo con l’accordo delle popolazioni locali. Avrebbe preferito una reazione non violenta, ma non condannò le violenze arabe.

Negli anni i rapporti fra movimento sionistico ed Inghilterra diventano sempre più difficili, in contrapposizione alla loro alleanza contro il comune nemico tedesco (a sua volta difeso dagli arabi – il Gran Mufti era grande amico di Hitler); si arriva così al 1937 quando gli inglesi crearono la commissione Peel che propose la divisione del paese in due stati, nord ovest gli ebrei, il resto unito alla Transgiordania, tenendo Gerusalemme e Jaffa sotto il proprio controllo, e poi al 1939, quando con il Libro Bianco l’Inghilterra limita drasticamente sia l’immigrazione ebraica sia l’acquisto delle terre. In tale documento ci si proponeva di creare uno stato sovrano e indipendente entro 10 anni. In tale stato si sarebbero fatti coesistere arabi ed ebrei, e i 10 anni servivano proprio per creare tali condizioni. Intanto si sarebbe creata un’assemblea costituente, con arabi, ebrei e inglesi, e si sarebbe suddiviso il territorio in tre zone, in una delle quali gli ebrei non avrebbero potuto acquistare terre, in un’altra avrebbero potuto con limiti, mentre nella terza sarebbe stato del tutto libero. Ben Gurion diceva: combatteremo il libro bianco come se non vi fosse la guerra, e combatteremo la guerra come se non vi fosse il libro bianco. Ma col libro bianco l’Inghilterra contraddiceva la dichiarazione Balfour. L’Inghilterra convocò una nuova conferenza a Londra, nel marzo 1939, ma fu vanificata dal rifiuto degli arabi di sedersi al tavolo con Ben Gurion e Weizmann, come succederà di nuovo nella ulteriore conferenza di Londra che verrà convocata nel 1946. E nel momento dello scoppio della II guerra mondiale, mentre gli ebrei di Palestina si unirono alle forze alleate, e in un solo mese su 500000 residenti 119000 si arruolarono a fianco degli alleati, il gran Muftì al-Husseini, zio di Arafat, e Rashid Alì si allearono alla Germania e costituirono una divisione islamica di 20000 uomini.

All’inizio della guerra, nel 1940 il mercantile Patria ricevette l’ordine di ripartire con 1800 profughi per le isole Mauritius. La Haganà lo sabotò per impedirne la partenza. Peggio andò ai passeggeri dello Struma che, nel 1942 venne affondato in Turchia dove era stato rispedito, e morirono in 775. Ma in questi anni la situazione rimase abbastanza tranquilla, al punto che la Haganah, nata nel 19, e l’Irgun, creato nel 39 con 600 dissidenti della Haganah, deposero le armi. Solo il Gruppo Stern, del quale parleremo fra poco, continuò la battaglia contro gli inglesi.

Le notizie dei campi di sterminio filtravano appena, e quando queste arrivarono negli USA i sionisti l’11 maggio 1942 organizzarono con Ben Gurion una conferenza detta Programma Biltmore che li impegnava a creare uno stato ebraico in terra di Israele.

Intanto Churchill si rese conto, discutendo con Weizmann, che il problema andava risolto altrimenti che con il libro bianco, e promise di ritornare allo spirito della dichiarazione Balfour. E in cambio gli ebrei formarono la brigata ebraica, forte di 26000 uomini. Ma mentre il parlamento inglese, in segno di lutto per le notizie sugli ebrei in Europa manteneva un minuto di silenzio, in Palestina le autorità inglesi mantennero un rapporto molto duro con gli ebrei. E così nel 1944 il ministro britannico per il M. O. Lord Moyne venne ucciso dal gruppo Stern.

Il 22 luglio 1946, come reazione all’arresto il 26 giugno di 2500 persone delle quali 7 furono condannate a morte, l’Irgun, braccio armato del partito revisionista, sotto il comando di Begin, dopo aver avvisato (inascoltato) gli inglesi di un prossimo attentato al loro comando, fece saltare l’albergo King David, dove era alloggiato lo stesso; vi furono 90 morti fra inglesi, arabi ed ebrei. Begin era la guida del partito Heruth, partito erede di Jabotinski, figura mitica della destra israeliana, rivalutata solo dopo la fine dei governi laburisti di Israele, per via dell’ostilità fra Ben Gurion e Jabotinski. Questi fu considerato il fascista israelita, perché propugnava l’uso della forza come strumento di lotta politica. Ma quando nacque il nazismo si oppose a tale ideologia. Dall’Irgun si staccò poi un gruppo più estremista che, dal nome del suo capo, si chiamò gruppo Stern.

Oltre all’Irgun operava la Haganà che operava soprattutto contro la polizia costiera per facilitare lo sbarco dei clandestini. Per esempio dall’Italia partirono molte navi obbligate a cambiare nome durante il viaggio. Fra coloro che collaborarono in quest’opera è Ada Ascarelli, vedova di Enzo Sereni, che si era fatto paracadutare oltre le linee tedesche ed era stato preso e mandato a Dachau dove morì. La vedova riuscì a far partire dall’Italia 25000 profughi. A La Spezia gli inglesi bloccarono la nave Fede con 1000 superstiti dai lager. I portuali italiani scesero in sciopero in favore dei naufraghi, aiutati anche da De Gasperi, e la nave partì solo dopo la minaccia di 10 suicidi al giorno (tipo Masada). E poco dopo agenti del Mosad, i servizi segreti ebraici, fecero saltare con una mina nel porto di Barletta la nave Lino carica di armi per gli arabi.

E intanto si arriva al 1945 con due cambiamenti storici fondamentali. Roosevelt morì di emorragia cerebrale, Churchill venne sostituito a capo del governo britannico da Attlee, che nominò ministro degli esteri Bevin, intransigente esecutore del libro bianco. In America il rapporto Harrison suggerì di portare in Palestina gli ebrei sfuggiti ai lager. Venne costituita una commissione anglo-statunitense; Truman propose a Bevin di accogliere 100000 profughi, ma egli rifiutò. Chiese anche di non dividere il territorio e di prolungare il mandato, ma di nuovo egli rifiutò. E il 31 luglio 46 alla Camera dei Comuni Morrison presentò un suo piano che prevedeva la suddivisione del territorio in 4 zone, una araba, una ebraica, una inglese e Gerusalemme internazionale. In tal modo l’Inghilterra si sarebbe assicurato il controllo della Transgiordania, del canale di Suez e l’accesso al mar Rosso. Gli ebrei rifiutarono e allora gli inglesi convocarono la nuova conferenza di Londra alla quale ho già fatto cenno, ma a questo punto gli arabi rifiutarono di nuovo di sedere con gli ebrei, e allora l’Inghilterra decise di portare il problema all’ONU e nacque la U.N.S.C.O.P., commissione composta da 11 stati, Australia, Canada, Cecoslovacchia, Guatemala, Yugoslavia, India, Iran, Olanda, Perù, Svezia, Uruguay.

La Commissione ha realizzato che il punto cruciale della questione palestinese deve essere individuato nel fatto che due considerevoli gruppi, una popolazione araba con 1200000 abitanti, e una ebraica con oltre 600000, con un’intensa aspirazione nazionale, sono diffusi su un territorio arido, limitato e povero di tutte le risorse essenziali. E’ stato pertanto facile concludere che, finché entrambi i gruppi mantengono costanti le loro richieste, è manifestamente impossibile in queste circostanze soddisfare interamente le richieste di entrambi i gruppi, mentre è indifendibile una scelta che accettasse la totalità delle richieste di un gruppo a spese dell’altro. Decise quindi di assegnare agli ebrei le zone dove fossero maggioranza o almeno in percentuale significativa, oltre alle zone desertiche del Negev, pensando di abolire le limitazioni del libro bianco. Alcuni gruppi ebraici accettarono, altri, favorevoli alla grande Israele rifiutarono, mentre gli arabi tutti rifiutarono, ma con diverse motivazioni, dal rifiuto dello stato ebraico alla suddivisione prevista. Gli stati arabi fecero ricorso alla Corte internazionale di Giustizia, ma il ricorso fu respinto.

Nel 1947 la nave President Warfield, divenuta Exodus 1947 venne respinta dagli inglesi con 4500 profughi a bordo, e accompagnata prima in Francia poi nientemeno che ad Amburgo. Tale episodio segnò la sconfitta della politica inglese. Tale sconfitta si iniziò con la dichiarazione di Bevin del ritiro inglese, e la dichiarazione all’ONU dell’URSS della volontà di costituire uno stato ebraico (sottolineo ebraico, visto quel che si dice oggi, a distanza di 60 anni). Il 14 maggio 1947 Gromyko si pronunciò a favore della spartizione del paese. Il 29 novembre l’ONU vota di costituire 2 stati indipendenti legati da alleanza economica, con Gerusalemme retta da uno statuto speciale.

A dicembre si tenne a Tel Aviv la riunione presieduta da Ben Gurion che apprezzò la risoluzione dell’ONU e propose un programma in 5 punti:

- favorire l’immigrazione di almeno 1000000 di ebrei

- creare un regime democratico basato su libertà della persona, suffragio universale, sottomissione della minoranza alla maggioranza, amicizia ebraico-araba

- assicurare l’egemonia e l’unità degli operai

- considerare Gerusalemme il cuore della nazione ebraica

- opporsi alla propaganda estremista che voleva la totalità del paese.

Ma poi la situazione degenera in tutto il paese, e ci furono nuovi attentati contro gli ebrei. Il 22 aprile 1948 un’auto esplode uccidendo 50 ebrei. Gli osservatori pensano che gli ebrei non ce la possano fare, ma la Haganà in aprile riuscì a spezzare l’isolamento. Il maggior sforzo si sviluppò a Gerusalemme, che era sempre stata una città a maggioranza ebraica. Aveva 200000 abitanti, e buona parte degli ebrei erano antisionisti. Gerusalemme era isolata, ma con l’operazione Nachson venne creato un corridoio di comunicazione con la costa. Tale operazione costò molti morti. E il 6 aprile 1948, con la città allo stremo, arrivarono 131 camion con 550 tonnellate di viveri. Pochi giorni dopo venne riconquistata Tiberiade, poi Haifa, ma qui gli ebrei scoprirono che 70000 arabi lì residenti erano fuggiti in Libano. E lo stesso successe a Jaffa, Tiberiade e in altri centri.

Fra il 9 e il 10 aprile a Deir Yassin vi fu una grande battaglia per riaprire la strada verso Gerusalemme. Gli ebrei con gli altoparlanti invitarono ad uscire, ma prima circa 200 uscirono, poi gli altri attaccarono e gli ebrei scatenarono una violenta controffensiva che fece morire 250 abitanti, compresi bambini e donne. E lì finì la resistenza araba.

 Ben Gurion mandò un telegramma di cordoglio all’emiro di Transgiordania, e il Gran Rabbino maledisse gli autori della strage.

Pochi giorni dopo gli arabi assalirono un convoglio di medici e infermieri che andava all’ospedale di Monte Scopus, uccidendo 77 ebrei.

La lega araba invitò la popolazione a cercare rifugio nei territori confinanti. Il 3 aprile 1948 la radio araba da Cipro ordinava di fuggire dalle case, il 16 aprile l’arcivescovo greco cattolico disse che i profughi avevano avuto l’assicurazione che sarebbero tornati alle loro case in 1 o 2 settimane. La Histadrut invece distribuiva volantini invitando gli arabi a non andare via o a ritornare. Il 26 aprile in un rapporto della polizia inglese si legge che da parte ebraica si compie ogni sforzo per rassicurare gli arabi a tenere aperte le loro attività, promettendo salva vita e interessi. Ma nonostante tutto in un solo mese 250000 arabi scappano.

Dopo la suddivisione fatta dagli inglesi che avevano creato il regno di Giordania assegnando agli Hussein la maggior parte del territorio della Palestina storica, e della popolazione palestinese, ora l’ONU assegnò allo stato ebraico il 55% della superficie rimanente (in gran parte occupata dal deserto del Negev) con 500000 ebrei e 497000 arabi. Il resto veniva attribuito allo stato arabo con 725000 arabi e 10000 ebrei (che oggi verrebbero chiamati, in tono dispregiativo, coloni). E si fissava una zona internazionale a Gerusalemme e Betlemme delimitata dalla Linea verde.

Gli ebrei esultarono, gli arabi proclamarono lo sciopero generale, e saccheggiarono attività ebraiche a Gerusalemme. Gli ebrei, dopo forti discussioni se procedere o attendere, per la volontà di Ben Gurion e Weizmann (o adesso o mai più) il 14 maggio 1948 proclamarono lo stato di Israele. Le parole di Ben Gurion furono: Noi membri del Consiglio nazionale rappresentante del popolo ebraico in Palestina e del movimento sionistico nel mondo, riuniti in assemblea solenne oggi, data di scadenza del mandato britannico in Palestina, in virtù del diritto nazionale e storico del popolo ebraico e della risoluzione presa dall’assemblea generale delle nazioni unite, proclamiamo la fondazione nazionale dello stato ebraico in Palestina, che si chiamerà Israele. 30 deputati, 13 scelti come ministri, e 31 minuti furono sufficienti per tutto questo.

E credo giusto ricordare anche le prime parole di Ben Gurion:

"Eretz Israel fu la culla del popolo ebraico. Qui si è formata la sua identità spirituale, religiosa e politica. Qui gli ebrei formarono il proprio stato, crearono valori d’importanza nazionale ed universale e diedero al mondo l’eterno Libro dei Libri.

Dopo essere stato esiliato con la forza dalla sua terra, il popolo ebraico mantenne la propria fede per tutta la Diaspora e non cessò mai di pregare e sperare di poter tornare e riottenere la sua libertà politica".

 

Il territorio dello stato era grande meno della Lombardia. Da quel momento a Roma gli ebrei ripresero a passare sotto l’arco di Tito, considerato maledetto dopo la distruzione del II tempio.


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