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Huffington Post Rassegna Stampa
13.09.2020 L'Huffington Post contro Donald Trump: Mattia Feltri, PERCHE'?
Nell'articolo di Luciana Borsatti

Testata:Huffington Post
Autore: Luciana Borsatti
Titolo: «Il campione Navid è stato giustiziato. L’Iran ha tradito ancora la sua storia»
Riprendiamo da HUFFINGTON POST l'articolo di Luciana Borsatti dal titolo "Il campione Navid è stato giustiziato. L’Iran ha tradito ancora la sua storia".

L'Huffington Post pubblica un articolo che reputa Donald Trump tra i responsabili della morte - comminata in Iran dal regime degli ayatollah - del giovane sportivo Navid Afkari. La testata, diretta da Mattia Feltri, si schiera così in modo deciso contro l'attuale Presidente americano (addirittura definito "un elefante tra i cristalli recidivo"), per attaccare il quale non esita a rovesciare la realtà dei fatti. Conosciamo e stimiamo Mattia Feltri da sempre, gli chiediamo: PERCHE' ?

Ecco l'articolo:

Luciana Borsatti
Luciana Borsatti

Usa e Iran, furia Trump: «Vertici militari di Teheran? Terroristi» - Il  Mattino.it
Donald Trump, Hassan Rohani

Il campione di lotta iraniano Navid Afkari ha perso la sua battaglia per la vita. Oggi è stato giustiziato in un carcere di Shiraz, dopo due condanne a morte per aver ucciso un funzionario pubblico nel corso di una delle tante manifestazioni svoltesi in Iran nel corso del 2018: tutte proteste originate da un profondo malessere economico e sociale, ma che in molti casi avevano finito per investire anche il sistema e le massime cariche della Repubblica Islamica. Inutile dunque è stata la mobilitazione internazionale per la salvezza di Navid, con gli appelli lanciati anche da Amnesty International alla comunità internazionale ad intervenire presso le autorità iraniane per salvarlo dall’esecuzione. Con lui erano stati condannati anche i due fratelli Vahid e Habib, cui sono stati inflitti 54 e 27 anni di carcere. Tutti e tre avevano denunciato di avere subito torture in carcere, Vahid aveva confessato in pubblico sulla tv di stato ma poi ha ritrattato perché la sua confessione gli era stata estorta con la tortura, ha detto il suo legale Hassan Younesi. La richiesta di una revisione della sentenza sarebbe stata respinta in modo sommario dalla Corte suprema. Secondo Iranwire, la famiglia dell’uomo che l’atleta avrebbe ucciso - Hassan Torkaman, un membro locale dei Basiji, il corpo dei volontari dei Pasdaran - aveva concesso il suo perdono, o per lo meno aveva cominciato a negoziare per farlo. In questi casi la legge islamica del “qesas” prevede una pena detentiva e un risarcimento per i familiari, il cosiddetto ‘prezzo del sangue’. La notizia del perdono è stata smentita dalle autorità giudiziarie locali, ma confermata da altre fonti, fra cui lo stesso legale. Ma l’atleta, proprio per aver partecipato alle proteste, era anche accusato di “moharebeh” ,ossia di aver ingaggiato guerra contro Dio. Nei fatti, contro il sistema della Repubblica Islamica. Per la salvezza dell’atleta si erano spesi anche i vertici di varie organizzazioni sportive internazionali, e purtroppo anche lo stesso presidente Usa Donald Trump, un elefante tra i cristalli recidivo, che in un tweet aveva sostenuto che l’unica colpa di Navid era stata quella di partecipare a una protesta antigovernativa, “contro il peggiorare della situazione economica nel Paese” – come se la sua politica di massima pressione condotta contro l’Iran non fosse almeno in parte responsabile di tale peggioramento.

Zarif in arrivo in Europa, la sua diplomazia non può trascurare i diritti umani In ogni caso, l’esecuzione di Navid non è proprio il migliore viatico per il tour che il ministro iraniano Javad Zarif si appresta a fare la prossima settimana in diverse capitali europee, e che dovrebbe passare martedì prossimo anche per Roma. Al centro dei colloqui il ritorno da parte di tutti – Iran e partner europei – al rispetto dell’accordo sul nucleare iraniano (Jcpoa), da cui Trump si è unilateralmente ritirato tre anni fa: nei giorni scorsi gli Usa hanno fallito nel loro tentativo in Consiglio di sicurezza dell’Onu di ripristinare le sanzioni contro Teheran, e questo anche grazie a Londra, Parigi e Berlino. Ma il pur grato ministro Zarif si è fatto annunciare con un tweet in cui dice che, se vogliono davvero tornare al pieno rispetto dell’accordo, gli europei devono anche “respingere il terrorismo economico Usa, come hanno già rigettato i loro vandalismo” alle Nazioni Unite. E forse Zarif non sarà aiutato nel suo incontro a Londra nemmeno dal fatto che domani Nazanin Zaghari-Ratcliffe, la cittadina anglo-iraniania da quattro anni prigioniera in Iran con l’accusa di aver operato contro il governo - ma negli ultimi tempi agli arresti domiciliari - dovrà comparire di fronte a un giudice per vedersi notificate nuove accuse nei suoi confronti. Certo, la magistratura iraniana è indipendente e dall’esecutivo e ogni sistema giudiziario deve esserlo indipendente da altri poteri dello Stato e anche dalle pressioni internazionali, se ritiene di avere agito nel giusto. Ma si sa bene che la magistratura iraniana è anche un corpo compattamente ultraconservatore, e che spesso ha messo i bastoni fra le ruote a governi riformisti e moderati. Questo è stato vero anche per il governo di Hassan Rouhani, il quale d’altra parte ha ormai le mani molto più legate di prima, dopo la sconfitta subita sul piano politico interno e il drastico calo di consensi popolari proprio per la mancata riuscita dell’accordo sul nucleare, rimasto lettera morta a discapito soprattutto dell’economia iraniana e della conseguente capacità del Paese di rispondere efficacemente alla pandemia da Covid.

Il vero dominus in Iran sono ormai i Pasdaran, e l’Europa non può chiamarsene fuori Il vero dominus sulla scena iraniana ormai è il corpo dei Pasdaran, un potentato economico e politico e non solo militare. Viste le politiche adottate da questa amministrazione Usa non sapremo mai come l’Iran sarebbe stato oggi se tutto fosse andato come doveva, e se la distensione prodotta dal Jcpoa avesse dato i suoi frutti anche in un miglioramento della situazione delle libertà e dei diritti sul piano interno. Forse, in questo mondo di “se” che il primo mandato presidenziale di Trump ci sta lasciando in eredità, Navid Afkari sarebbe ancora vivo e così tanti manifestanti uccisi nelle proteste di novembre; e anche i passeggeri del volo civile abbattuto per errore dalla contraerea dei Pasdaran dopo l’uccisione del generale Soleimani. E forse l’avvocata per i diritti umani Nasrin Sotoudeh non avrebbe già superato il primo mese di sciopero della fame per protestare contro le condizioni carcerarie di tutti i detenuti per reati di ‘coscienza’ come lei. Forse, chissà. Ma certo l’Europa avrebbe potuto fare di più per evitare questa tragica spirale in cui sono state inghiottite le vite di tanti iraniani, e in cui tanti altri annaspano ancora per sopravvivere. Ciò non toglie che, quando le autorità iraniane rivendicano l’indipendenza del loro sistema giudiziario dovrebbero anche dimostrare, in primo luogo ai loro connazionali, che Navid era davvero colpevole, che non aveva subito pressioni né torture, che il suo diritto alla difesa e a successivi gradi di giudizio era stato rispettato. E poi dovrebbero anche spiegare in cosa consista il reato di “ingaggiare guerra contro Dio”. E ancora, ci dicano le autorità iraniane: forse che fra i 99 appellativi di Allah non vi è anche quello di essere “il misericordioso” in tutte le possibili sfumature, “il compassionevole” e “colui che tutto assolve”? Non è in nome di questa misericordia divina che ogni politico e funzionario della Repubblica Islamica dà inizio ad ogni suo intervento pubblico, in patria e all’estero? Ci dicano, i vertici di questa Repubblica Islamica, quanto sinceramente musulmani sono davvero. E se davvero vogliono dialogare con il mondo (e sul rispetto del Jcopa e della legalità internazionale violata dagli Usa hanno molte ragioni dalla loro parte) rispettino anche il diritto degli imputati al giusto processo e impongano una moratoria su tutte le esecuzioni. Una moratoria sulla pena di morte è un segno di civiltà, in linea con quella millenaria civiltà persiana che l’Iran giustamente rivendica come propria. Così la Repubblica Islamica potrebbe dimostrare, in questo campo, la sua superiorità morale rispetto agli Usa, dove la pena di morte viene ancora applicata. E rispetto ad altri stati ugualmente islamici come l’Arabia Saudita, per esempio: una monarchia assoluta, e non una repubblica, che non impicca i condannati ma li decapita con la spada, e che i giornalisti scomodi li massacra e li fa a pezzi nei suoi consolati. I politici iraniani possono essere sottili diplomatici, il ministro Zarif in arrivo in Europa lo ha più volte dimostrato. Ci dimostrino dunque ora, finalmente, di avere una vera lungimiranza strategica anche nel gestire la questioni interne, e non solo la loro politica estera.



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