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Informazione Corretta - La Stampa - Il Foglio Rassegna Stampa
17.10.2012 Secondo dibattito Romney-Obama: cronache e commenti
di Piera Prister, Maurizio Molinari, Mattia Ferraresi

Testata:Informazione Corretta - La Stampa - Il Foglio
Autore: Piera Prister - Maurizio Molinari - Mattia Ferraresi
Titolo: «Elezioni presidenziali 2012: secondo dibattito Obama-Romney - Obama va all'attacco e si riscatta - Tre donne decidono il dibattito. Due tifano Obama, una modera»

Riportiamo dal sito internet della STAMPA l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Obama va all'attacco e si riscatta ". Dal FOGLIO di oggi, 17/10/2012, in prima pagina, l'articolo di Mattia Ferraresi dal titolo "  Tre donne decidono il dibattito. Due tifano Obama, una modera".
Ecco i pezzi, preceduti dal commento di Piera Prister dal titolo "Elezioni presidenziali 2012: secondo dibattito Obama-Romney ":


Mitt Romney


 Barack Obama

INFORMAZIONE CORRETTA - Piera Prister : " Elezioni presidenziali 2012: secondo dibattito Obama-Romney "


Piera Prister

Questo secondo dibattito presidenziale Obama-Romney ha avuto un formato e uno stile diversi dal precedente. Come ai tempi degli incontri -Town Hall - in una passata America coloniale, che erano una forma di vera democrazia diretta, risalente al XVII sec. quando la maggior parte dei membri di una comunita’ si incontravano per decidere su argomenti di politica e di economia locale, cosi’ questa serata del 16 ottobre 2012, a Hofstra University in Hempstead, New York ha visto i due contendenti, il presidente Barack Obama e lo sfidante Mitt Romney protagonisti e avversari, in un forum in cui hanno risposto alle domande di cittadini ancora indecisi su temi di politica internazionale ed interna selezionati dalla societa’ di ricerca demoscopica Gallup. Moderatrice dell’incontro era Candy Crowler, giornalista di CNN. Nel complesso e’ stato un dibattito molto serrato e combattuto che Charles Krauthammer ha paragonato ad un incontro di boxe sul ring, con frequenti interruzioni e sovrapposizioni di voci. Dalle domande dei cittadini rivolte ai due contendenti, il presidente Barack Obama, ha riacquistato un po’ di slancio e un po’ dello smalto che aveva perso nel primo dibattito -he regained momentum in the presidential race- mentre Mitt Romney ha riconfermato la sua sicurezza, la sua eleganza verbale e il suo modo di fare cortese anche nel criticare l’avversario, rivolgendosi a lui a tu per tu e guardandolo negli occhi. Questa sera Obama ha fatto meglio, anche se ha replicato talvolta l’atteggiamento scorretto del suo vicepresidente Joe Biden, quando anch’egli ha confuso la dimostrazione di forza interiore con l’aggressivita’. Mentre Romney ha riconfermato la sua autorevolezza di leader che e’ in grado di mettersi al servizio dell’America, dell’Occidente e della democrazia. Romney per tutta la durata dell’incontro sia in politica estera che in politica interna ha dimostrato d’avere la visione del mondo, perche’ – QUANDO NON C’E’ LA GIUSTA VISIONE DEL MONDO, IL MONDO PERISCE - (Proverbi 29:18), come gia’ l’aveva avuta Ronald Reagan. Ma il dibattito va anche visto nel dettaglio. Patetico è stato il presidente nel tentare di dimostrare che nei prossimi quattro anni sistemerà tutto mantenendo la stessa politica. Facile giuoco ha avuto Romney nel sostenere che come governatore del Massachusetts questi medesimi problemi li ha già affrontati con successo, che sa gestire uno stato, e che può ripetere il successo a livello federale. Giustappunto patetica è stata la dichiarazione di Obama che Romney è un bugiardo, ma sicuramente i suoi elettori lo apprezzeranno per queste sortite e per queste cadute di stile. E’ chiaro che sull’odio di classe Obama è assai abile a rimestare nel torbido e a caratterizzare Romney come un riccone che paga poche tasse sui profitti, e che investe in aziende cinesi che portano via lavoro agli americani. Il fatto che Obama paghi anche lui poche tasse sui suoi profitti, e che investa anche lui in aziende cinesi, Romney lo ha detto, ma forse non in modo sufficientemente chiaro. Sul confronto tra i piani di Romney e di Obama, purtroppo quel che conta non è il contenuto, ma come lo si dice. Temo che troppi elettori continueranno a dar credito al presidente. Obama ha vinto sulle domande di dettaglio perche’ ha una maggiore abilità di Romney a rigirare la frittata e ad eludere le domande, e su questo non conta per forza il contenuto delle proprie posizioni. Romney si è fatto coinvolgere nella mancata risposta data da Obama ad una elettrice indecisa, sul tema dell’ eguale remunerazione tra uomini e donne per lo stesso lavoro. Obama abilmente ha cambiato argomento deviando l’attenzione sul tema degli anticoncezionali, manipolando il pubblico femminile. Ma Romney gli ha assestato un contraccolpo spiattellandogli i numeri della accresciuta disoccupazione femminile durante l’attuale amministrazione. E’ chiaro che le donne non hanno bisogno di anticoncezionali gratuiti, quanto di occupazione retribuita con “equal pay”. L’uccisione dell’ambasciatore americano a Benghazi, e dei tre membri della sua scorta è stato un argomento a grande favore di Romney perche’ il presidente Obama ha mentito al paese sostenendo d’aver dichiarato subito dal Rose Garden della Casa Bianca che quello era stato un attacco terroristico. Ma nei prossimi giorni il congresso e la stampa affronteranno il tema di nuovo in maggior dettaglio. Sorprende per altro che la moderatrice Crowley di CNN abbia fatte le pulci a Romney su questo punto, su una banale imprecisione, senza guardare alla trave nell’occhio del presidente, e le dichiarazioni false sue, del segretario di Stato Hillary Clinton e dell’ambasciatrice USA all’ONU, Susan Rice che per giorni hanno ribadito che quello era stato una protesta spontanea scatenata da un video anti-Maometto. Ma Il momento di gloria Romney l’ha avuto sul quesito sollevato da un elettore afro americano, che ha dichiarato d’aver votato nel 2008 per Obama, e che non credeva che avrebbe votato di nuovo per lui, visto che sta ora assai peggio di prima. Interessante la risposta dei due contendenti sulla indipendenza degli Stati Uniti dal petrolio importato: Obama ha dichiarato che lui ha aumentato le perforazioni nei terreni di proprietà federale, mentre anche i gatti sanno che li ha fortemente ridotti grazie ad una infinità di normative che ha introdotto che hanno inceppato le imprese che avrebbero voluto investire. Mah! Negli ultimi quattro anni ha sorpreso la incapacità di Obama ad affrontare la legalizzazione di tanti clandestini secondo le leggi approvate dal governo federale, introducendo semplici norme attuative attraverso un Congresso dove aveva la maggioranza schiacciante. DI conseguenza e’ stato preso di contropiede e non ha saputo rispondere quando una elettrice ispanica gli ha posto il quesito a proposito. Sulle distanze prese da Obama da Israele, definite da Romney come “a daylight distance of Israel from us”, Obama ha taciuto. Chissa’ che qualche elettore non si ricreda, e prenda lo spunto per non votare di nuovo per Obama. La crisi economica e’ fintanto evidente, e tutti si rendono conto che i numeri dei disoccupati, dei sottoccupati, del deficit federale, degli assistiti dallo stato con sussidi alimentari, parlano chiaro. Dal dibattito di questa sera e’ emerso un presidente in carica che divide, un presidente pieno di rancore che agita la lotta di classe, tra ricchi e poveri. Diceva Churchill che il vizio inerente al capitalismo e’ la divisione ineguale dei beni e la virtu’ inerente al socialismo e’ l’eguale condivisione della miseria. E’ paradossale che dopo il fallimento del comunismo in Unione Sovietica che e’ durato quasi un secolo, dopo averlo provato per quattro anni in America, con risultati disastrosi, il presidente Obama abbia l’ardire di riproporlo per altri quattro anni, senza alcun rispetto ed amore per il suo paese. Di fatto, in quattro anni il presidente Obama ha indebolito l’immagine degli Stati Uniti che non fanno piu’ paura nemmeno alla plebaglia di Bengasi. Osama Bin Laden disse dopo l’attacco dell’11 settembre 2001: “Quando la gente vede un cavallo forte accanto ad un cavallo debole, naturalmente tifera’ per quello piu’ forte” L’America deve evitare di farsi percepire come il cavallo piu’ debole. (Da un video-tape di Osama Bin Laden attorniato da esaltati islamisti, datato il 13 dicembre 2001 da Qandahar in Afghanistan).

La STAMPA - Maurizio Molinari : " Obama va all'attacco e si riscatta "


Maurizio Molinari

Per 96 minuti all’attacco, incapace di stare seduto sullo sgabello, impegnato a smentire il rivale su ogni affermazione fino a farlo scivolare sulla Libia: Barack Obama si impone su Mitt Romney nel dibattito alla Hofstra University anche se non in maniera netta come era riuscito al rivale a Denver.

La moderatrice Candy Crowley, della Cnn, non fa neanche in tempo a dare il benvenuto agli sfidanti nel town hall meeting di Hempstead che Obama parte all’attacco, accusando Romney di aver voluto la "bancarotta dell’auto mentre noi abbiamo creato posti di lavoro". Romney risponde che "la procedura della bancarotta l’avete fatta anche voi per Gm e Chrysler" ma Obama apre un altro fronte: "Il governatore elenca sempre i suoi cinque punti del programma ma in realtà ne ha uno solo, far pagare meno tasse ai ricchi".

Non sono passati neanche dieci minuti dall’inizio ma Obama e Romney duellano nelle parole e nei gesti. Entrambi in mezzo al town hall meeting, circondati dal pubblico, si parlano sopra l’un l’altro, smentendosi con scambi di battute spesso vivaci. Obama punta a smentire qualsiasi affermazione di Romney. Quando il governatore si dice "a favore del carbone", gli lancia un siluro: "A favore del carbone? Ma come? Quando eri governatore del Massachusetts hai chiuso una fabbrica dicendo che faceva male alla salute". Romney incassa il colpo, non ribatte, ma pochi attimi dopo è efficace nel rimproverare a Obama che "il prezzo della benzina era meno caro quando sei stato eletto". "Certo che lo era - ribatte il presidente - e il motivo era la recessione, causata dalle politiche dell’amministrazione repubblicana che mi ha preceduto". Il ritmo è incalzante, la moderatrice fa fatica a far rispettare i tempi e in un paio di occasioni lascia gli sfidanti duellare per lunghi minuti, senza neanche intervenire. "Da quando Obama è alla Casa Bianca 3,5 milioni di donne in più sono diventate povere" dice il governatore. "Ricordate che Romney paga il 14 per cento di tasse, meno di tutti voi" ribatte il presidente rivolto al pubblico.

Entrambi sono efficaci, quando si arriva alla boa dei primi 60 minuti il dibattito è in equilibrio fra due stili differenti. Obama, con indosso la cravatta rossa da combattimento, attacca senza sosta mentre Romney, che ne ha una regimental blu dimostra più calma, vuole essere presidenziale, punta a rovesciare le parti per far risaltare gli eccessi di foga del rivale. A infrangere il precario equilibrio arriva la domanda di un’elettrice incerta che chiede a Romney: "In cosa lei sarà diverso da George W. Bush, che era anch’egli repubblicano?". Romney risponde citando l’impegno per dimezzare il deficit e per far rispettare alla Cina "le regole della concorrenza nel commercio". Ma Obama lo infilza: "Romney non è la persona migliore per fare la voce dura con i cinesi, visto che la sua compagnia privata ha investito proprio in Cina". Passano lunghi minuti, e si parla d’altro, prima che Romney replichi: "Da otto anni i miei averi sono in un blind trust, è vero che ha investito in Cina ma non ho controllo su queste scelte". E poi aggiunge: "D’altra parte presidente anche lei ha un fondo pensione che investe in Cina". Obama è veloce nella controbattuta: "La mia pensione è inferiore al sup stipendio". In sala stampa c’è ilarità, nell’aula del dibattito anche, Obama percepisce di avere il momento favorevole. E Romney tenta di spezzarlo riportando il confronto sui dati negativi dell’occupazione negli ultimi quattro anni. Va anche oltre, dimostrandosi efficace nel sorprendere il presidente sul tema dell’immigrazione, che è un suo cavallo di battaglia, quando gli rimprovera "perché non ha mantenuto la promessa di fare la riforma nel primo anno di governo?". Obama è in evidente contropiede, abbozza una replica sulle "difficoltà di lavorare con il Congresso" ma non è convincente.

E’ in questo momento, a circa 15 minuti dalla fine, che l’equilibrio si rompe. Tutto nasce da una domanda apparentemente insidiosa per il presidente perché chiede a Obama di giustificare il fallimento nel garantire la sicurezza all’ambasciatore Usa Christ Stevens, assassinato a Bengasi lo scorso 11 settembre. Romney all’inizio è abile nel rimproverare a Obama di "essere andato a fare comizi a Las Vegas dopo la morte di Stevens" evidenziando la carenza di attenzione per la tragedia ma poi il botta e risposta con Obama va sul terreno della definizione di "atto terroristico" per il blitz di Bengasi. E Romney commette l’errore di affermare: "Nel discorso pronunciato alla Casa Bianca il 12 settembre lei non lo definì tale". Per Obama la schiacciata è quasi un gioco da ragazzi: "Ma davvero? Andiamo a vedere la trascrizione del testo...". Crowley conferma all’istante: "Nel discorso alla Casa Bianca Obama disse "atto di terrorismo"". La smentita è netta, Romney subisce il colpo, tenta di risollevarsi ricordando che "l’ambasciatrice all’Onu Susan Rice parlò di manifestazione spontanea" ma lo smacco risulta evidente a chi sta guardando la tv. Obama è veloce a far capire che non è un episodio casuale perché spesso Romney si contraddice. Negli ultimi 7-8 minuti il presidente consolida il vantaggio. Quando arriva la domanda sulle armi da fuoco, ricorda "Romney era favorevole al bando delle armi d’assalto prima di essere a favore, ha cambiato opinione per avere i voti della Nra" la lobby dei portatori di armi da fuoco. Come dire: l’ennesima giravolta. Romney, seduto sullo sgabello, neanche si alza per rispondere. La rottura dell’equilibrio è evidenziata dalle dichiarazione finali. Romney sfrutta i propri 120 secondi per ribadire l’impegno a creare posti di lavoro mentre Obama, che parla per ultimo, mette a segno un colpo basso. "Romney ha detto che il 47 per cento degli americani si sente vittima, non gli si può credere". E’ il riferimento al video girato a Boca Raton, in Florida, tallone d’Achille del candidato repubblicano. Quando i riflettori si spengono sono volti e gesti delle mogli, entrambe vestite di rosa, a svelare gli opposti stati d’animo: Michelle abbraccia Obama sfoggiando un grande sorriso mentre Ann accoglie Romney con evidente freddezza. Se a Denver Romney aveva riaperto la sfida presidenziale, alla Hofstra University Obama è tornato in sella, facendo capire che si batterà senza risparmi per essere rieletto alla Casa Bianca.

Il FOGLIO - Mattia Ferraresi : " Tre donne decidono il dibattito. Due tifano Obama, una modera "


Mattia Ferraresi

New York. Tre donne sono sedute intorno al dibattito presidenziale alla Hofstra University di Long Island, il meno stilnovista degli eventi elettorali. Due di queste sono le donne-schermo di Barack Obama, e in quanto tali offrono al presidente una copertura per velare le sue debolezze; l’altra è la moderatrice del dibattito, Candy Crowley, che ha rifiutato di essere invisibile come “una mosca appoggiata al muro” e da giorni reitera promesse di aggressività e interruzioni quando i candidati si divincolano dalle domande per rintanarsi nella comfort zone dei discorsi precotti. Nella danza dei personaggi femminili attorno al dibattito, la prima donna, Hillary Clinton, tenta di mettere una porta tagliafuoco per contenere il pasticcio dell’Amministrazione sull’attacco al consolato americano di Bengasi che l’11 settembre ha ucciso l’ambasciatore Chris Stevens e altri tre americani. Quando lunedì sera Clinton dal Perù ha detto “mi prendo la responsabilità” dell’accaduto e che “il presidente e il vicepresidente non erano adeguatamente informati sulle decisioni specifiche a proposito della sicurezza” ha di fatto scoperchiato l’operazione di scagionamento postumo del presidente. L’attacco di Bengasi – un atto terroristico premeditato che nulla aveva a che fare con manifestanti offesi da un video blasfemo che al compound di Bengasi non si sono visti – è diventato la patata bollente lanciata dal dipartimento di stato alla Casa Bianca (che l’attacco fosse l’esito di una protesta sfuggita di mano “non era la nostra conclusione”, si legge in un briefing di Foggy Bottom), respinta poco cortesemente al mittente dal vicepresidente Joe Biden, poi giustificato dal superconsigliere obamiano David Axelrod. Le richieste di aumentare la sicurezza, dice, sono affare del dipartimento di stato e non sono mai arrivate alla Casa Bianca, a questo punto in linea con la condotta di Clinton. C’è una curiosità anche sul tempismo con cui sono uscite le parole di Clinton: mercoledì scorso il segretario ha dato un’intervista a Monica Langley del Wall Street Journal e la cronista ha dichiarato che Hillary aveva fatto l’identica assunzione di responsabilità ripetuta poi lunedì. Non c’erano accordi o vincoli sulla data di pubblicazione, ma il quotidiano ha tenuto in congelatore le dichiarazioni fino a ieri, quando ormai la presa di posizione era nota. Nemmeno una fiera avversaria come Hillary poteva lasciare che Obama si presentasse al secondo dibattito presidenziale, dopo che Mitt Romney gliele aveva suonate nel primo round, con il fardello di una tragedia irrisolta che ha acceso lotte intestine nell’Amministrazione e ha cercato, per quel che poteva, di coprire Obama prendendo su di sé la responsabilità. L’altra donna-schermo, l’ambasciatrice presso l’Onu, Susan Rice, ovvero l’araldo della versione della protesta sfuggita di mano, nonché la candidata perfetta alla sostituzione di Hillary in caso di un secondo mandato democratico (ma le sue quotazioni sono crollate da Bengasi in poi, ça va sans dire) ha cercato di coprire l’altra spalla del presidente. Alla riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu sul medio oriente ha detto che Hezbollah è parte integrante della “killing machine” di Bashar el Assad, ha superato a destra la posizione dell’ambasciatore israeliano, Ron Prosor ed è tornata a essere la belligerante Rice che ha convinto (assieme a Samantha Power) l’Amministrazione a intervenire in Libia. In un momento in cui il governo di Obama deve giustificare, con un certo imbarazzo, le sue azioni militari selettive e l’inazione in Siria, l’accelerata di Rice può far comodo a un presidente in crisi di leadership e sotto il torchio dei sondaggi sfavorevoli.

Una vigilessa per dirigere il traffico

A differenza del dibattito di Denver, alla Hofstra University ci sono le domande dal pubblico e il sogno bipartisan è che la la moderatrice Candy Crowley si trasformi in una placida vigilessa che dirige il traffico. Mark Halperin del Time ha recuperato qualche giorno fa una copia dell’intesa firmata dai team legali dei duellanti sul modo di amministrare il dibattito: niente follow- up del moderatore sulle domande, niente interruzioni da parte di chi dirige, sono proibite le domande dirette fra un candidato e l’altro o la richiesta, sempre diretta, di promettere qualcosa. Crowley, il personaggio che completa il cast femminile del dibattito, dovrebbe stare nascosta nella buca del suggeritore e da lì dirigere con invisibili indicazioni il confronto, e improvvisamente tutti temono che si spinga più in là, oltre i confini degli accordi vidimati. Lei si scrolla di dosso le pressioni: “Se il pubblico chiede mele e quelli rispondono arance, li interromperò”.

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