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Il Foglio - FondazioneCdF.it Rassegna Stampa
30.12.2010 Ahmadinejad si allarga all'Onu, ma cresce il dissenso interno in Iran
Commenti di Giulio Meotti, Amir Taheri

Testata:Il Foglio - FondazioneCdF.it
Autore: Giulio Meotti - Amir Taheri
Titolo: «La marcia sull’Onu dell’Iran passa per Ground Zero e Durban III - Abbasso il dittatore!»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 30/12/2010, a pag. 2, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo "  La marcia sull’Onu dell’Iran passa per Ground Zero e Durban III". Da FONDAZIONECDF.IT l'articolo di Amir Taheri dal titolo " Abbasso il dittatore!".
Ecco i pezzi:

Il FOGLIO - Giulio Meotti : " La marcia sull’Onu dell’Iran passa per Ground Zero e Durban III "


Giulio Meotti

Roma. “Durban III” come il coronamento di quella che un’ambasciatrice americana al Palazzo di Vetro, Jeanne Kirkpatrick, ebbe a definire “la lunga marcia sull’Onu”. Dove a marciare è l’Iran.
Teheran domina già molti organismi delle Nazioni Unite, come la commissione Onu per i Diritti delle donne, il programma per lo Sviluppo, il Fondo di sviluppo per le donne, l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, l’ufficio Onu per la droga e il crimine e la commissione sulla Prevenzione del crimine e la giustizia penale. Il presidente Ahmadinejad è riuscito anche a portare a New York Durban III, il remake del festival dell’Onu sul razzismo celebrato nel 2001 in Sudafrica e nel 2009 in Svizzera. Il Palazzo di Vetro ha approvato la “A/C.3/65/L.60”, piattaforma programmatica di Durban III. E’ stata scritta dallo Yemen, uno dei paesi giudicati “non liberi” da Freedom House e che guida il blocco africano assieme a Sudan e Libia. Teheran trasformerà l’evento in un’altra messinscena antisemita e antioccidentale. Israele e Canada hanno annunciato il boicottaggio. “L’Onu ha scelto come data il 21 settembre 2011”, dice l’esperta del Palazzo di Vetro Claudia Rosett. “Dieci giorni dopo il decimo anniversario degli attacchi dell’11 settembre che hanno buttato giù le Torri gemelle, ucciso quasi tremila persone e trasformato una parte di Manhattan in una zona militare di cenere e macerie”.
Ahmadinejad a Durban III terrà banco sul razzismo, impartendo “lezioni di civiltà” agli Stati Uniti. Non mancheranno proclami a favore del terrorismo, perché come ha detto l’ambasciatore iraniano all’Onu, Mohammad Khazaee, “è legittima la lotta dei popoli sotto dominio coloniale (leggi Hamas e Hezbollah, ndr) per la liberazione nazionale”.
Durban III è soprattutto il risultato della preponderante influenza iraniana all’interno dell’Organizzazione della Conferenza islamica (Oci), la grande associazione di stati islamici impegnati a promuovere la “solidarietà musulmana”, ma che in realtà “vuole distruggere il principio di universalità dei diritti umani e delle libertà alle Nazioni Unite”, come spiega Paul Marshall dell’Hudson Institute.
Per molti anni l’Organizzazione, che ha sede a Gedda in Arabia Saudita, era dominata dai paesi arabi sunniti del Golfo. Dal 2003 l’Iran è il pezzo da novanta dell’Oci (il suo più grande avversario all’interno era l’Iraq di Saddam Hussein). A febbraio gli ayatollah iraniani sono riusciti a far approvare dal parlamentino dell’Oci il cosiddetto “Gaza Day”.
Sotto pressione dell’Iran, l’Organizzazione della conferenza islamica ha chiesto a tutti i propri aderenti di rivedere al ribasso le relazioni diplomatiche, di quei pochi stati arabi che ce le hanno, con Israele. I membri dell’Oci votano all’unisono (come su Durban III), controllano il trenta per cento dell’Assemblea generale dell’Onu e dominano il Consiglio dei diritti umani (17 su 47 membri). Svolgono un lavoro decisivo assieme ai 118 paesi “non allineati”. Il nuovo segretario dell’Oci, il turco Ekmeleddin Ihsanoglu, non ha “soltanto” sposato il diritto iraniano al nucleare, ha fornito ad Ahmadinejad le sedi dell’Organizzazione per proclamare la necessità di “eliminare il regime sionista”. La Conferenza islamica vuole ora un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza.

FONDAZIONECDF.IT - Amir Taheri : "Abbasso il dittatore! "


Amir Taheri

pubblicato sul New York Post il 23 dicembre 2010.

‘Abbasso il dittatore’. Questo è il mantra ripetuto negli ultimi giorni da migliaia di lavoratori e minatori iraniani: in oltre trenta città iraniane è esploso un movimento di protesta che potrebbe minacciare il regime khomeinista.

·      Mercoledì 22 dicembre una delegazione di lavoratori si è radunata davanti agli uffici del presidente Mahmoud Ahmadinejad chiedendo un incontro urgente per discutere la situazione esplosiva che si è venuta a creare nel paese. La tensione è scemata soltanto quando i manifestanti sono stati informati che Ahmadinejad si era recato a Istanbul per partecipare a un incontro.

·      A pochi chilometri di distanza un altro gruppo di lavoratori desiderosi di formare un sindacato indipendente si è radunato davanti al parlamento iraniano per protestare contro la decisione del governo di alzare solo del 6% il minimo salariale – a fronte di un tasso d’inflazione ufficiale dell’11%.

·      Persino a Tehran gli autotrasportatori hanno organizzato una protesta davanti alla temibile prigione di Evin per richiedere l’immediata scarcerazione dei loro leader, tra cui Mansour Osanloo e Reza Shahabi. Osanloo, che sta scontando una condanna di cinque anni, è ricoverato nell’ospedale della prigione; Shahabi ha appena terminato uno sciopero della fame di 60 giorni contro il suo “arresto illegale”.

·      Nel centro industriale di Qazvin i lavoratori hanno paralizzato le fabbriche farmaceutiche, tessili e di ceramiche e alcuni lavoratori continuano a presidiare l’ufficio del governatore perché da oltre undici mesi non ricevono il salario dall’azienda tessile statale per cui lavorano.

·      Nel Golestan migliaia di minatori hanno bloccato la produzione di carbone in numerose aree perché in 21 delle 42 miniere di carbone i lavoratori non ricevono lo stipendio da mesi;

·      Negli ultimi giorni ad Ardebil i lavoratori hanno scioperato con l’appoggio del movimento studentesco universitario.

·      Nelle città portuali di Bandar Abbas, Bushehr e Khorramshahr i camionisti hanno scioperato contro l’aumento del prezzo della benzina, che rende difficilissima la loro attività.

Inoltre il pane rischia di scomparire dagli scaffali per lo sciopero nazionale dei dipendenti e di sei manager dell’Agenzia Statale del Grano, che controlla tutti i silos e i granai del paese che riforniscono le panetterie private.

Secondo fonti non ufficiali due milioni di lavoratori, soprattutto nel settore pubblico, hanno accolto con favore l’idea della creazione di sindacati autonomi, e per la prima volta il messaggio dei sindacati ha avuto una certa eco nella maggioranza della forza lavoro.

Il ministro del lavoro ha dichiarato che ogni giorno in Iran 3000 persone perdono il lavoro, e sono sempre di più i lavoratori che puntano il dito contro l’avventurosa politica estera del loro presidente.

Siamo alla resa dei conti tra i lavoratori iraniani e il regime? È bene che il mondo – compresi i media internazionali – presti attenzione.

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