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Corriere della Sera - La Stampa - Informazione Corretta - La Repubblica Rassegna Stampa
04.10.2010 Terrorismo islamico: Obama mette in guardia l'Europa,ma Zucconi non ci crede
cronache di Stefano Montefiori, Guido Olimpio, Francesco Grignetti, Enrico Franceschini. Analisi di David Braha, Vittorio Zucconi

Testata:Corriere della Sera - La Stampa - Informazione Corretta - La Repubblica
Autore: Stefano Montefiori - Guido Olimpio - Francesco Grignetti - Enrico Franceschini - Vittorio Zucconi
Titolo: «Terrorismo, per Londra e Parigi rischio reale - Il comandante e l’informatico: due ombre dietro il complotto - In Italia sotto controllo aerei, treni e monumenti - La voce tradisce i terroristi ecco come Londra li ha scoperti - La Bella Addormentata nel»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 04/10/2010, a pag. 15, la cronaca di Stefano Montefiori dal titolo " Terrorismo, per Londra e Parigi rischio reale", l'articolo di Guido Olimpio dal titolo " Il comandante e l’informatico: due ombre dietro il complotto ". Dalla STAMPA, a pag. 15, l'articolo di Francesco Grignetti dal titolo "  In Italia sotto controllo aerei, treni e monumenti ". Da REPUBBLICA, a pag. 8, l'articolo di Enrico Franceschini dal titolo " La voce tradisce i terroristi ecco come Londra li ha scoperti ", a pag. 1-9, l'articolo di Vittorio Zucconi dal titolo "  Il semaforo della paura  ", preceduto dal nostro commento. Pubblichiamo il commento di David Braha dal titolo " La Bella Addormentata nel 2010: Europa e terrorismo ".
Ecco gli articoli:

CORRIERE della SERA - Stefano Montefiori : " Terrorismo, per Londra e Parigi rischio reale "


Osama Bin Laden

PARIGI — Il presidente americano Obama ha organizzato riunioni di emergenza venerdì sera, sabato e ha chiesto aggiornamenti anche ieri mattina. La Commissione europea sorveglia attentamente la situazione, ha detto ieri la responsabile degli Affari interni Cecilia Malmström. Sulla stampa, i telegiornali e i siti di informazione di tutto il mondo ricompare l’immagine della Tour Eiffel sorvegliata da soldati armati di mitra: l’Europa è sotto la minaccia di attentati terroristici, e dopo il Dipartimento di Stato americano ieri anche il Foreign Office britannico ha deciso di ricordarlo ai connazionali che avessero in mente di viaggiare in particolare verso la Francia e la Germania.

L’allarme planetario per un attentato sul suolo europeo, definito ormai «altamente probabile» dal ministro dell’Interno britannico Theresa May, sta raggiungendo la sua massima intensità dopo essere partito quasi in sordina un mese fa con le dichiarazioni del capo dell’antiterrorismo francese: «La minaccia non è mai stata così grande in Francia», disse in un’intervista Bernard Squarcini, il 10 settembre. Da allora il ministro dell’Interno Brice Hortefeux ha parlato di «attacco imminente», la polizia ha dato la caccia a una kamikaze algerina, la Tour Eiffel è stata evacuata (due volte) così come le stazioni Saint-Michel e Saint-Lazare.

Lo scenario più temuto dai servizi segreti occidentali è un attacco simultaneo di commando nelle grandi capitali europee, sullo stile di quello che nel 2008 a Mumbai fece 166 morti: jihadisti pronti a sparare sulla folla nei luoghi più affollati e turistici delle città, e a prendere ostaggi negli hotel. Osama Bin Laden in persona avrebbe autorizzato e finanziato l’operazione secondo quanto raccontato da Ahmed Siddiqui, l’islamico con passaporto tedesco arrestato dagli americani in Afghanistan e incontrato in questi giorni nella base di Bagram da un diplomatico tedesco. Due settimane fa è stato arrestato a Napoli un francese di origine araba, reduce della guerra in Afghanistan, sospettato di reclutare terroristi e in possesso di un kit per fabbricare bombe. In Francia, il ministro Hortefeux ha reagito ieri agli avvisi anglosassoni confermando che «la minaccia è reale, e la vigilanza massima. Abbiamo preso nota degli allerta di Washington e Londra». «La minaccia terroristica può colpirci in ogni momento», ripete Hervé Morin, ministro della Difesa. Il rischio però è che si crei un corto circuito di allarmi che si alimentano a vicenda. Non è sicuro, anzi secondo una fonte del Dipartimento di Stato è improbabile, che il «travel alert» americano sia frutto di nuove informazioni : potrebbe t r at t ar s i dell a semplice ricezione dei passati appelli alla cautela del governo francese. La paura cresce ormai tra Europa e America, ma gli stessi servizi francesi ricordano che dall’11 settembre in poi vengono sventati in media due attacchi all’anno. E allora, perché venire allo scoperto proprio stavolta, con il rischio di terrorizzare la popolazione assecondando indirettamente le mire del nemico?

L’opposizione francese in questi giorni si è scagliata contro Sarkozy e il suo governo, accusandoli di giocare sulla presunta minaccia terroristica per rinforzare «l’ossessione della sicurezza» dei cittadini. «Cinismo», secondo l’ex premier Dominique de Villepin, che chiede alle autorità informazioni più precise o maggiore riservatezza. La scelta di comunicare il rischio potrebbe rivelarsi un semplice eccesso di cautela, e questo è l’auspicio di tutti. Intanto, il livello di allerta resta «rosso». Come è sempre stato, dal 2005 a oggi.

CORRIERE della SERA - Guido Olimpio : " Il comandante e l’informatico: due ombre dietro il complotto "


Guido Olimpio

WASHINGTON — Due uomini per un complotto in Europa. Due operativi che parlano poco, ma agiscono in modo coperto. Il primo è Ilyas Kashmiri. In una rara intervista si è presentatocosì: « Non sono il tipico leader jihadista che lancia slogan, io sono un comandante militare. E ogni bersaglio ha i suoi tempi e motivazioni». Poi ha aggiunto riferendosi alla strage di Mumbai (2008) dove è emerso un suo ruolo: «È poca cosa rispetto a quello che è stato pianificato per il futuro».

La storia di Ilyas è quella del genio — cattivo — sfuggito al controllo. Legato ai servizi pachistani, ha operato per anni nel Kashmir contro gli indiani e si racconta abbia personalmente eseguito delle decapitazioni. Dopo l’11 settembre ha creato la sua organizzazione, il fantomatico «Esercito delle Ombre», con il quale mette a segno diversi attacchi. Arrestato nel 2003 perché sospettato di voler assassinare il presidente Musharraf, è rimesso in libertà. Kashmiri cerca un rifugio più protetto e si trasferisce nel Nord Waziristan che diventa il suo regno. Apre piccoli campi di addestramento, amplia la rete di reclutamento. I volontari — molti gli europei — sono addestrati a condurre azioni tipo commando, usano sistemi di comunicazione sofisticati, dedicano molto tempo all’indottrinamento religioso. Un training severo durante il quale il mujahed è sottoposto a lunghi periodi di privazione del sonno e del cibo. Per temprarlo quando dovrà barricarsi in un hotel c on deci ne di ostaggi. È quello che è avvenuto a Mumbai. Gli indiani, durante le indagini sul massacro, avrebbero intercettato comunicazioni che coinvolgono Kashmiri. Scoperta che non è una sorpresa.

Ilyas, stringendo rapporti con i qaedisti e il temuto network Haqqani, ha messo in piedi una struttura eversiva simile a quella di un servizio segreto. E l’intelligence Usa è diventata un bersaglio: non si esclude che l’uccisione degli agenti Cia nella base di Khost sia stata pianificata da Kashmiri usando un infiltrato giordano. Sì, perché l’Esercito delle Ombre conta sugli uomini dietro le linee. Militanti «in sonno» dispiegati nei Paesi occidentali. In America ne sono stati individuati almeno due. In Gran Bretagna, come abbiamo anticipato ieri, hanno captato conversazioni interessanti di elementi residenti da tempo. Altri ancora sono in Germania, dove Kashmiri dispone di mujahedin tedeschi preparati dagli estremisti uzbeki.

Risalendo la filiera tedesca — sostengono fonti investigative — gli americani hanno trovato tracce di un secondo personaggio. Una vecchia conoscenza: Said Bahaji, ricercato per l’attacco dell’11 settembre. Attivo nella famosa moschea di Amburgo, ha aiutato alcuni dei piloti-kamikaze. Fuggito in Pakistan il 4 settembre 2001, sarebbe nascosto nel Waziristan del Sud. È considerato un «facilitatore» di attacchi ed è bravo con il computer, usato sia per propaganda sia per tenere i contatti.

Ahmed Siddiqui, cittadino tedesco arrestato in estate e legato alla rete di Kashmiri, ha rivelato di aver incontrato Bahaji ed ha raccontato molto su quello che hanno in mente i suoi referenti. Dettagli investigativi che portano alle «ombre» di Ilyas nascoste in Europa e inquietano l’antiterrorismo.

La STAMPA - Francesco Grignetti : " In Italia sotto controllo aerei, treni e monumenti "


Roberto Maroni, Ministro dell'Interno

L’allerta terrorismo c’è ed è inutile negarlo: al ministero dell’Interno in questi giorni è tutto un fermento di riunioni e incontri. Il network d’intelligence e di polizia dei Paesi occidentali è all’opera. C’è semmai un pizzico d’irritazione perché il «warning» diramato dall’amministrazione americana mette in piazza alcune informazioni che secondo molti, nei governi europei, andavano tenute maggiormente riservate. E’ un fatto comunque che in Francia, Germania, Gran Bretagna, ma anche in Italia e in Belgio, siano sotto controllo speciale sia le stazioni ferroviarie che gli aeroporti, le metropolitane, i luoghi dove ci sono assembramenti di turisti, i cosiddetti «siti sensibili» tra cui ambasciate, centri culturali, luoghi di culto. C’è particolare attenzione per istituti e linee aeree americane e israeliane. Il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, al riguardo è stato assai esplicito: «La minaccia è attendibile». Tende a tranquillizzare tutti, Maroni. Ma non dimentica l’episodio di Milano, dove un egiziano ha cercato di farsi esplodere dentro una caserma dell’esercito. E dunque: «Il quadro è complicato».
Tutte le fonti informative sul territorio sono state attivate per captare eventuali segnali di pericolo. Quel che è certo è che molti allarmi si sono susseguiti nelle ultime settimane, ma - sottolineano le fonti - non sono mai stati «circostanziati» almeno per quanto riguarda il nostro Paese. E’ indubbio però che si sta registrando a livello europeo una certa «fibrillazione», il che rende il quadro complicato e necessita della massima attenzione.
Non sono stati presi al momento provvedimenti particolari né sarebbero state innalzate le misure di sicurezza che, viene fatto notare, sono comunque a livelli molto alti ormai da parecchio tempo.
In tanta tensione, ma anche a controprova che le relazione nel campo dell’antiterrorismo funzionano in maniera eccellente, due giorni fa è stato fermato a Napoli da agenti della Digos un giovane franco-algerino di 28 anni, ricercato dall’autorità giudiziaria francese, ma ritenuto meritevole di massima «attenzione» anche dall’intelligence americana. Il giovane è stato bloccato nei pressi della Stazione centrale e pare che gli abbiano sequestrato un kit per la fabbricazione di esplosivo, ma si esclude che avesse intenzione di farne uso in Italia o che avesse contatti con cellule pericolose. Era in transito per l’Italia, giunto ai primi di settembre e da quel momento seguito a ogni passo perché segnalato precedentemente da francesi e americani. Da ultimo, l’hanno pedinato e filmato per tre giorni fino alla cattura di sabato. Al presunto terrorista, indagato in Francia, è stato notificato il mandato di arresto europeo e adesso sarà estradato. Qualche giorno fa era accaduto qualcosa di analogo con un pakistano, anch’esso dotato di passaporto francese.
E ora s’indaga, a Napoli, sui rapporti che il franco-algerino può avere costruito in questi pochi giorni: frequentava le moschee di via Arnaldo Lucci e di Piazza Mercato. Sono al vaglio alcuni appunti annotati su un taccuino; gli inquirenti hanno sequestrato anche un computer e un cellulare. Il procuratore aggiunto Rosario Cantelmo, della sezione Antiterrorismo della Procura, ha aperto un fascicolo.

La REPUBBLICA - Enrico Franceschini : " La voce tradisce i terroristi ecco come Londra li ha scoperti "


Enrico Franceschini

LONDRA - Tutti conoscono le impronte digitali. Meno note, ma ugualmente importanti per identificare un sospetto di un crimine, sono le "impronte vocali": ossia il tono, il timbro, l´accento con cui parla una persona. Ed è proprio grazie a questo tipo di tracce che il General Communication Headquarters (Gchq), l´agenzia più segreta dello spionaggio britannico, che si occupa della sorveglianza elettronica, ha scoperto il piano per un attacco "stile Mumbai" contro città europee da parte di una cellula terroristica legata ad Al Qaeda in Pakistan. Dal suo quartier generale di Cheltenham, cittadina più nota per le terme e le corse dei cavalli, nella contea di Gloucester, a nord-ovest di Londra, lo spionaggio elettronico di Sua Maestà ha ascoltato telefonate fra musulmani britannici che si addestravano in un campo di Al Qaeda, vicino al confine tra Afghanistan e Pakistan, e loro amici, familiari o complici nel Regno Unito. Le voci sono state confrontate con le impronte vocali dell´immenso archivio del Gchq.
In questo modo è stato possibile identificare i soggetti che parlavano, e tramite loro risalire ad altre persone coinvolte nelle telefonate. Verificato chi erano e che cosa orchestravano, lo spionaggio britannico ha fornito alla Cia le coordinate da cui provenivano le telefonate; e dopo non molto tempo un drone, uno degli aerei senza pilota usati con crescente successo nella lotta al terrorismo, ha sparato una salva di missili sul campo di addestramento di al Qaeda.
Rivelato da fonti dell´intelligence al Sunday Times, il ruolo del Gchq nelle operazioni contro Al Qaeda in Afghanistan e Pakistan sembra dunque molto più importante di quanto si sapesse. Il servizio di spionaggio elettronico britannico, in virtù di un accordo con gli Stati Uniti, usufruisce dei satelliti di cui si serve anche la Nsa, la National Security Agency, l´agenzia che fa lo stesso lavoro per gli Usa. «E´ una collaborazione che sta dando buoni frutti», dice una fonte al giornale londinese. Nel caso in questione, le antenne dello spionaggio hanno individuato le voci di una ventina di musulmani britannici presenti nel campo di Al Qaeda. Svariati di loro avevano un accento della zona di Rochdale e di città delle Midlands. Poco per volta, le impronte vocali hanno permesso di identificarne alcuni. E ascoltandoli è emerso il piano per colpire varie città in Europa con attacchi di terroristi armati di mitra e granate, nello stile dell´attentato di Mumbay, la vecchia Bombay dell´India coloniale, che fece 160 morti e centinaia di feriti nel 2008.
«Il Gchq è oggi in prima linea nella lotta al terrorismo di matrice islamica», commenta Richard Aldrich, uno storico dell´intelligente britannica.
Le intercettazioni sono un mezzo nuovo e altamente sofisticato nella guerra contro Al Qaeda. Ma il fatto che il piano sia stato rivelato ai media viene considerato un danno dai dirigenti dello spionaggio occidentale. «Non siamo certi di avere messo fuori gioco questa operazione», afferma un fonte a Londra. Per questo ieri, confermando l´allarme dato da Washington, il Foreign Office ha avvertito i cittadini britannici che si trovano in Francia e Germania a stare in guardia, segnalando il crescente pericolo di un attacco in quei due paesi, così come in altri e nella stessa Londra, dove la City, ovvero le istituzioni finanziarie, è giudicata tra i possibili obiettivi.

INFORMAZIONE CORRETTA - David Braha : " La Bella Addormentata nel 2010: Europa e terrorismo "


David Braha

Nei giorni scorsi abbiamo letto sui giornali di tutto il mondo la notizia dei falliti attentati terroristici in Europa per mano di Al Qaeda. O meglio, gli attentati erano apparentemente ancora nella fase di progettazione, ma gli 007 del Vecchio Continente in collaborazione con la CIA sono riusciti a fiutare il pericolo con tempismo e ad evitare così il peggio. L’idea era la seguente: colpire siti simbolici solitamente affollati in diverse città europee – si parlava addirittura della Torre Eiffel a Parigi – al fine di creare scompiglio e di mietere il maggior numero di vittime possibile. Quindi fin qui nessuna novità, ad eccezione del fatto che stavolta gli attacchi sarebbero dovuti essere simultanei. Ma per il resto lo schema del caro vecchio terrorismo islamico non sembrava riservare nulla di nuovo.

 Eppure qualcosa di nuovo c’era: una novità che a me è apparsa tanto sorprendente quanto agghiacciante. Per la prima volta da anni siamo infatti arrivati molto vicini ad assistere ad attentati di grandissimo impatto politico, psicologico, ed emotivo in paesi occidentali, ma soprattutto in Europa. Stavolta infatti l’obiettivo non sembrava quello del “semplice” attentato finalizzato ad una “semplice” carneficina: attentati di questo tipo li abbiamo visti nei recenti esempi di Fort Hood in Texas, del volo Amsterdam-Detroit, o di Times Square; o andando ulteriormente indietro nel tempo, a Madrid e a Londra rispettivamente nel 2004 e nel 2005. Ma questa volta l’obiettivo era diverso. Questa volta Al Qaeda voleva colpire simboli nazionali, luoghi con un profondo valore ideologico ed affettivo per noi europei: in altre parole, lo stile di questi attacchi sarebbe stato più simile a quello dell’11 Settembre, piuttosto che ad altri.
 
 Ma non è solo questo, ovvero l’idea di un 11 Settembre europeo, ciò che mi è apparso così sconvolgente. Quello che mi ha lasciato letteralmente di stucco è stata la relativa indifferenza nella quale questa notizia è passata. È rimbalzata qua e la da un giornale all’altro, passando per qualche notiziario televisivo e radiofonico, per poi spengersi miseramente in non più di quarantotto ore. E adesso? Possiamo dire di aver scampato – ancora una volta – il pericolo, ma nessuno tra politici e pubblico si rende conto della reale portata di una cosa del genere? A rileggere dei libri e degli articoli ormai datati su come gli Stati Uniti abbiano ignorato e mal interpretato tutti i campanelli di allarme prima dell’11 Settembre, mi sembra che l’Europa stia cadendo nella stessa identica trappola.

 Di solito si dice che la storia, e soprattutto gli errori commessi in passato, insegnano a migliorarsi e a migliorare il futuro. Io non ci ho mai creduto, soprattutto quando si tratta dell’Europa e degli europei. Perché l’autolesionismo condito da una punta di politically correct mostrato dal Vecchio Continente in numerose occasioni e nei campi più disparati – immigrazione, sicurezza interna, relazioni diplomatiche con il mondo islamico, e chi più ne ha, più ne metta – ha proprio dell’incredibile. Come al solito pensiamo secondo quello che gli americani chiamano NIMBY, acronimo per “Not In My Back Yard”: ovvero la politica del respingere i problemi il più lontano possibile facendo finta che non esistano. Peccato che il più delle volte questi problemi si rivelano essere dei veri e propri boomerang, che possiamo respingere una, due, tre volte, ma decisamente non all’infinito. E quindi quando vediamo le Torri Gemelle demolite, gli attentati ai danni di gente innocente in tutto il mondo, sangue, esplosioni, uccisioni, ce ne rammarichiamo e ci piace mostrare solidarietà verso i poveri sventurati. Ministri e politici fanno a gara per definire “inaccettabili”, “inammissibili”, “vergognosi” tutti questi atti di violenza. Ma poi ognuno torna alla propria routine come se la cosa non li riguardasse. Ed è proprio qui che facciamo l’errore più grave: la cosa ci riguarda, eccome. Un tempo si pensava che il terrorismo fosse un problema tutto israeliano, e il resto dell’occidente stava in finestra a guardare, ignorando la reale portata del fenomeno. Poi ci sono state le Torri Gemelle e il Pentagono, e l’America ha finalmente aperto gli occhi. Ma noi, con colpevole ingenuità, dormiamo ancora sonni tranquilli. Troppo tranquilli. Se il terrorismo islamico oggi si scaglia il più delle volte su obiettivi israeliani ed americani non vuol dire che l’Europa è esente da quest’odio: significa piuttosto che siamo i prossimi in lista d’attesa, che domani toccherà a noi.

 Era questo quindi il vero significato dei falliti attentati dei giorni scorsi. Come si dice, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, ma viste le non-reazioni di questi giorni l’Europa mi sembra anche cieca, muta, e paralizzata. Ci siamo adagiati sulla pace e sulla serenità che da noi regnano sin dalla caduta di Hitler, nell’illusoria convinzione di essere intoccabili, forse addirittura invincibili. Ma non è così. Il rischio è che prima o poi ce ne accorgeremo nel peggiore dei modi. C’è quindi bisogno di un 11 Settembre europeo per svegliarci dal torpore indotto dal nostro generale benessere? “No” è la risposta che vorremmo sentirci dire, quello che moltissimi tra noi credono. Ma “sì”, purtroppo, è quella reale.
magicdwd@hotmail.com   (e-mail di David Braha)

La REPUBBLICA - Vittorio Zucconi : " Il semaforo della paura "

Zucconi ritiene che l'allarme terrorismo diramato da Obama non sia altro che una strategia elettorale. E' possibile che in parte sia vero. Ma Zucconi scrive anche " Nessun viaggiatore per professione, businessman, commerciante, banchiere rinuncerà al viaggio per timore di Al Qaeda. Il brivido del "terrore in agguato" tocca soltanto i più deboli, forse i più ingenui. Coloro che non si rendono conto che la prima motivazione di queste iniziative dei governi, la cui inutilità è palese (da che cosa esattamente si dovrebbero guardare il signor Smith che fa shopping a Londra o la signora Johnson che visita il Louvre?) è politica.". Non prendere sottogamba la minaccia del fondamentalismo islamico non è da ingenui. Finalmente Obama si è reso conto del pericolo che minaccia l'Occidente. Solo gli zucconi continuano a non coglierlo.
Ecco l'articolo di Zucconi:


Vittorio Zucconi

Mister Smith va alla guerra, con la sua valigia da turista di nuovo riempita di paura. Sono trascorsi nove anni dalla dichiarazione di Guerra al Terrore fatta da Bush il 26 settembre del 2001. E ieri l´altro l´amministrazione Obama l´ha avvertito che l´Europa resta un campo di battaglia. Chi sta vincendo dunque, nove anni dopo l´inizio? Certamente non il signore e la signora Smith, non l´american tourist che si riscopre nel mirino. Si devono sentire molto più soddisfatti di loro i burattinai sempre invisibili e sinistri del terrorismo, che possono leggere la notizia che immediatamente, dopo l´allarme della Clinton, le compagnie di volo hanno visto diminuire del 16% le prenotazioni per novembre verso il Vecchio Continente e crescere del 10% le disdette.
Il sospetto inevitabile è che anche dietro questo ultimo avvertimento ci sia, oltre alla necessità legale di mettere il governo americano al riparo da richieste di danni nel caso che qualcosa accada ai turisti in Europa, ci sia, insieme con una parte di legittime informazioni, questa volta arrivate dall´intelligence europea, una dose robusta di calcolo politico. Manca ormai meno di un mese a quelle elezioni legislative del 2 novembre che dovrebbero ribaltare la maggioranza democratica nelle due Camere, isolare il presidente democratico e portare a Washington plotoni di demagoghi e fanatici appartenenti al "Partito del Tè", quello che beve e versa anti-obamismo a damigiane. Non ci sarebbe da stupirsi se anche Obama e i suoi utilizzassero ora, per contenerlo, e per disperazione, una pagina tratta dal libro delle strategie di Bush, Cheney e Karl Rove.
Un warning, un allarme ancora più forte e circostanziato di quell´allarme generico lanciato ieri l´altro dal Segretario di Stato Hillary Clinton, è atteso, informa una fonte ufficiale il New York Times. Ma l´uno come l´altro comportano una serie di piccole paure, di piccole seccature, di piccole angherie agli aeroporti senza effetti concreti. Si accumulano a cascata per rendere angoscioso e irritante il viaggio che dovrebbe essere di piacere. Gli agenti della Tsa, l´agenzia per la sicurezza dei trasporti, che tendono, come tutte le burocrazie a rilassarsi nella routine dei controlli aeroportuali quando non accade niente, rialzano la testa, gonfiano il petto e ricominciano ad angariare mamme con il biberon, uomini con la suole troppo spesse che potrebbero nascondere esplosivi, portatrici di tronchesine per unghie e pinzette per le ciglia, businessmen con portatili e telefonini. Gli allarmi non agitano più come nei primi mesi dopo l´11 settembre, secondo la classica sindrome del "lupo" gridato troppe volte, ma avvelenano la piccola quotidianità di turisti americani che spesso già sbarcano in Europa con l´inquietudine dell´esploratore in terra incognita.
Nessun viaggiatore per professione, businessman, commerciante, banchiere rinuncerà al viaggio per timore di Al Qaeda. Il brivido del "terrore in agguato" tocca soltanto i più deboli, forse i più ingenui. Coloro che non si rendono conto che la prima motivazione di queste iniziative dei governi, la cui inutilità è palese (da che cosa esattamente si dovrebbero guardare il signor Smith che fa shopping a Londra o la signora Johnson che visita il Louvre?) è politica.
Se a emettere l´allerta formale del Dipartimento di Stato per bocca del Segretario Hillary Clinton fosse stato George Bush o uno dei suoi portavoce, molti scriverebbero oggi che l´allarme fa parte di quella strategia elettorale del caldo e del freddo, del semaforo spento e acceso, che il predecessore di Obama usava abitualmente, e cinicamente, per ricompattare il proprio elettorato con la paura per «chi ci odia» e «ci vuole distruggere».
Sette volte in otto anni, Bush e l´amministrazione repubblicana usarono la leva del terrore senza dare altro che vaghe spiegazioni, per opportunismo elettorale o politico, come ha ammesso disgustato nelle sue recenti memorie il responsabile ultimo del famigerato "semaforo del terrore", quello che cambia colore secondo il livello di rischio, il capo dell´Agenzia per la Sicurezza Nazionale, Tom Ridge.
Ma questa volta è stato il team Obama ad azionare l´interruttore della paura e la prossimità del voto politico nazionale è troppo evidente per essere pura coincidenza. È possibile, naturalmente, che le segnalazioni arrivate dall´Europa, e in particolare dal Servizio Segreto di Sua Maestà britannica, rivelino ipotesi di operazioni terroristiche ordite da Al Qaeda attraverso agenti pachistani e algerini metastatizzati sul nostro continente.
Ma se questo fosse vero, significherebbe inesorabilmente che i nove anni di colossali investimenti in danaro e in vite umane, nostre come di iracheni, afgani, pachistani, fatti per tagliare Al Qaeda alle radici, ci hanno lasciati vulnerabili come nel 2001.
In vista di elezioni nelle quali, accanto all´interminabile e spesso demenziale lista di doglianze e accuse contro di lui (straniero, comunista, mussulmano, esoso, scialacquatore, indeciso, anti-americano, eccetera), ora c´è anche l´Afghanistan, divenuto la "Guerra di Obama" con la decisione di triplicare senza successo il numero di soldati al fronte, non dispiace all´amministrazione in carica di poter ricordare quali siano le ragioni profonde di questa guerra. Ricondurre l´attenzione al "perché combattiamo", come ripetevano i documenti di propaganda diffusi durante la Seconda Guerra.
Siamo lì per combattere quella matrice del terrorismo jihadista che continua a spingere i propri tentacoli in Occidente, avverte l´avvertimento. Mentre il problema della "Guerra Globale al Terrore" dichiarata da Bush nove anni or sono resta aperto. «Occorrerà molta pazienza», aveva detto il predecessore di Obama, e quella pazienza non deve esaurirsi ora soltanto perché il titolare della guerra in Afghanistan è cambiato.
Tutto questo, per la parte reale della minaccia come per quella politicamente montata, comporta per i "pazienti", per il signore e la signora Smith con in mano il biglietto aereo prepagato e non rimborsabile verso Londra, Roma o Parigi, un´ombra di inquietudine impotente sulla vacanza (il Dipartimento di Stato allude specificamente a «turisti americani»). Imporrebbe, secondo la dinamica di queste "allerte" o peggio "allarmi", una serie di vacui adempimenti specifici, indicati dallo stesso Dipartimento, come la compilazione di una lugubre scheda sul "parente più prossimo" al momento dell´imbarco negli Usa, da avvertire ovviamente in caso infausto, che negli ultimi mesi era stata dimenticata. Suggerisce la notifica della propria presenza ad ambasciate e consolati americani nella nazione visitata in caso di rapimento o cattura; la verifica accurata della propria copertura assicurativa, soprattutto sanitaria, in caso di ricovero d´urgenza e di trasporto a casa del ferito o della salma; i consueti avvisi sul consumo dell´acqua, possibilmente imbottigliata, perché il terrorista potrebbe puntare all´avvelenamento di pozzi e acquedotti; il comportamento in pubblico, da tenere sotto tono, per risultare meno americani e più invisibili possibile.
Dunque buon viaggio, Mister Simith, ma si ricordi: la guerra alla paura continua e la paura sta vincendo.

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