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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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La Stampa - Il Foglio Rassegna Stampa
25.08.2022 Arrestato Evgeni Roizman, 'disgustoso liberale'
Analisi di Anna Zafesova, Micol Flammini

Testata:La Stampa - Il Foglio
Autore: Anna Zafesova - Micol Flammini
Titolo: «In cella l'ultimo oppositore, scatta la rappresaglia di Putin - La Russia in carcere»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 25/08/2022, a pag. 20, con il titolo "In cella l'ultimo oppositore, scatta la rappresaglia di Putin", l'analisi di Anna Zafesova; dal FOGLIO, a pag. 1, l'analisi di Micol Flammini dal titolo "La Russia in carcere".

Ecco gli articoli:

Anna Zafesova: "In cella l'ultimo oppositore, scatta la rappresaglia di Putin"

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Anna Zafesova

«Perché mi hanno arrestato? Per quelle parole, invasione dell'Ucraina. Le ho dette ovunque e le ripeto ora». Evgeny Roizman non ha paura nemmeno mentre viene portato via da un plotone di teste di cuoio in mimetica e passamontagna, armati di scudi, pistole e una sega elettrica per sfondare la porta del suo appartamento. Non è servita: l'ex sindaco di Ekaterinburg ha aperto agli agenti venuti ad arrestarlo all'alba, e non sembrava nemmeno troppo stupito. Sapeva che sarebbero venuti, prima o poi: era rimasto l'unico politico di opposizione ancora in libertà in Russia, sfacciatamente esplicito a condannare la guerra, incredibilmente coraggioso a criticare il Cremlino e a schierarsi con l'Ucraina, come se non ci fossero già state tre incriminazioni, con processi e condanne a maximulte per "discredito delle forze armate" e "diffusione di fake sulla operazione militare speciale" che lui continuava a chiamare "guerra". Ora, in quanto recidivo, rischia fino a 10 anni di carcere, articolo 280.3 del codice penale russo, quello che ha già mandato dietro le sbarre più di 400 russi contrari alla guerra, e tutti i leader del dissenso che non hanno lasciato la Russia. Roizman era rimasto l'unico ancora in libertà, e non poteva non rendersi conto che il suo destino era segnato. Aveva condannato la guerra senza se e senza ma: il 24 febbraio era per lui «il giorno della vergogna nazionale», e non aveva mai avuto esitazioni a commentare le gesta di Vladimir Putin e dei suoi seguaci, nel suo solito linguaggio che non badava molto alla cortesia. Il 59enne oppositore è un personaggio insolito nel panorama politico russo: un leader emerso dal basso, è l'unico sindaco indipendente di una grande città eletto nel ventennio putiniano, e probabilmente il Cremlino aveva esitato a lungo proprio temendo una reazione della capitale industriale degli Urali. Ex operaio della grande fabbrica militare Uralmash (che i suoi nonni erano venuti a costruire dall'Ucraina), da giovane era finito in carcere per truffa e aveva impiegato 18 anni a laurearsi nella storia dell'industria degli Urali, per poi diventare un'attivista della lotta alla tossicodipendenza. Contestato per i suoi metodi bruschi, è diventato però popolarissimo nella Ekaterinburg delle bande e della droga degli anni Novanta, che l'ha eletto alla Duma nel 2003, e dieci anni dopo l'ha scelto come sindaco contro il parere del Cremlino. I suoi contatti con i vari partiti sono stati brevi e contrastati, sceglieva da solo le sue alleanze: si era schierato senza esitazioni con Alexey Navalny e la sua crociata contro la corruzione, e con l'Ucraina. Poeta dilettante e propagandista della vita sana, aveva fondato un museo di icone e anche dopo aver smesso di essere sindaco riceveva tutte le settimane i cittadini di Ekaterinburg. La sua fondazione aveva aiutato poveri, disagiati, malati e profughi: migliaia del milione e mezzo di abitanti di Ekaterinburg avevano un debito di graditudine con Roizman. Un personaggio simbolo, che perfino il governatore della regione Evgeny Kuyvashev ha cautamente difeso ieri. La decisione di arrestarlo, mentre i falchi della propaganda dopo l'omicidio di Darya Dugina invocano un'escalation sia al fronte che contro il dissenso, è un messaggio. Non ci saranno più intoccabili, soprattutto a Ekaterinburg, già attaccata da molti propagandisti nazionalisti come «centro di schifoso liberalismo». La metropoli degli Urali è stata dopo Mosca la città che ha protestato di più contro la guerra, e anche ieri la polizia ha arrestato chi manifestava contro l'arresto di Roizman. In una delle piazze centrali si è tenuta una protesta silenziosa di cittadini immobili in piedi, mentre al museo di Roizman sono apparsi anche cartelli. Molto eloquente quello di una ragazza: «Non riuscirete a metterci dentro tutti». In realtà, il regime ci sta provando: ieri a Mosca sono stati fermati diversi attivisti anti guerra e candidati alle elezioni municipali di settembre (uno, il comunista Sergey Burtsev, è anche stato picchiato). E Alexey Navalny è stato rispedito ieri in cella di punizione: la sua colpa sarebbe quella di non aver tenuto le mani dietro la schiena per 3 secondi, mentre veniva scortato nell'isolamento precedente.

Micol Flammini: "La Russia in carcere"

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Micol Flammini

Roma. Fino a ieri, Evgeni Roizman, ex sindaco di Ekaterinburg, era uno dei pochi eminenti critici del Cremlino non in prigione, nonostante avesse usato contro la guerra parole decise, definendola “la più meschina, vergognosa e ingiusta che la Russia abbia mai combattuto”. Contro di lui erano stati aperti tre procedimenti legali per aver screditato le Forze armate, e ieri è stato arrestato. Ekaterinburg è una città importante, detestata dai putiniani che la definiscono il centro dei “disgustosi liberali” e Roizman di questo centro è l’animatore. E’ amico di Alexei Navalny, e quando il dissidente fu incarcerato in molti pensavano a Roizman come nuovo volto simbolo dell’opposizione. Lui ha sempre declinato. Pavel Chikov, un avvocato difensore dei diritti umani, ha pubblicato una foto in cui compaiono: Vladimir Kara-Murza, Ilya Yashin, Andrei Pivovarov e Evegeni Roizman, tutti critici del Cremlino, tutti sullo stesso palco, tutti arrestati. Chikov commenta: “La mia Russia è in prigione”. La Russia che è contro la guerra, e che ha la forza di dirlo, dal 24 febbraio o vive in esilio o è stata arrestata. In una delle ultime interviste che Roizman ha rilasciato aveva detto che non si aspettava che tutti i russi parlassero apertamente come lui, ma si accontentava del silenzio come forma di protesta, di non sentire parole a favore della guerra e di non vedere ostentati i simboli dell’invasione come la Z. Il Cremlino è riuscito a cucire un paese a prova di guerra e al di là delle prime reazioni di sbigottimento da parte della popolazione russa. La giornalista americana nata in Russia Julia Ioffe, nell’ultimo numero della sua newsletter “Tomorrow will be worse”, analizza il fenomeno del dissenso e di come è mutata la reazione dei russi dall’inizio della guerra a oggi. Ai sondaggi russi è complesso prestare ascolto, quelli governativi hanno il compito di dire che Putin è in ascesa. Al Levada Center, uno dei pochi centri di analisi rimasti indipendenti, gli intervistati, in un contesto di repressione crescente, potrebbero non sentirsi liberi di comunicare le loro vere preferenze. Tuttavia, nota Ioffe, quella che è nata come la decisione di un solo uomo, Vladimir Putin, che avrebbe comunicato le sue intenzioni di attaccare l’Ucraina soltanto a una cerchia ristrettissima – il ministro degli Esteri Sergei Lavrov, secondo alcune fonti, lo avrebbe saputo due giorni prima o addirittura la sera stessa – ora sta diventando una decisione che appartiene a un intero popolo. L’economia russa rallenta, ma per il momento i russi non sentono ancora il peso delle sanzioni, il Cremlino si prepara all’eventualità che inizino a sentirlo in inverno. Dale C. Copeland su Foreign Affairs mette bene in chiaro quanto il rapporto fra Putin e l’Europa sia fatto di un’interdipendenza asimmetrica che ha permesso a Mosca di mantenere i suoi guadagni, se una reazione da parte dei cittadini per le ristrettezze economiche ci sarà, potrebbe esserci tra molto tempo. La possibilità che i viaggi nell’Ue siano vietati ai cittadini russi sta avendo come effetto quello di indurire le loro posizioni. In Russia si sta creando un effetto “rally around the president”, così lo chiama Ioffe: un senso di raggruppamento attorno alle idee di Putin, che spinge i russi, anche quelli meno interessati e più spaventati, a pensare: visto che si sta combattendo una guerra, seppure immotivata, è meglio vincerla che perderla. In un contesto in cui il dissenso è scomparso, i liberali sono in carcere o fuori dalla Russia, le voci critiche si esprimono in silenzio, e la voce di Putin per ora le sovrasta.

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