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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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La Repubblica - La Stampa Rassegna Stampa
15.07.2022 I crimini russi: violenza sui bambini e raid sulle città
Cronache di Daniele Raineri, Anna Zafesova

Testata:La Repubblica - La Stampa
Autore: Daniele Raineri - Anna Zafesova
Titolo: «Liza, uccisa a tre anni. L’ultima foto a Vinnytsya prima del missile - Raid sulle città in pieno giorno, così i russi danno la caccia ai civili»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 15/07/2022, a pag. 24, con il titolo "Liza, uccisa a tre anni. L’ultima foto a Vinnytsya prima del missile" l'analisi di Daniele Raineri; dalla STAMPA, a pag. 15, con il titolo "Raid sulle città in pieno giorno, così i russi danno la caccia ai civili", la cronaca di Anna Zafesova.

Ecco gli articoli:

Daniele Raineri: "Liza, uccisa a tre anni. L’ultima foto a Vinnytsya prima del missile"

Festival Internazionale del Giornalismo
Daniele Raineri

In pictures: Ukraine marks Day of Unity amid Russia invasion fears |  Euronews

Ieri mattina le navi russe in navigazione nel Mar Nero hanno sparato due missili Kalibr con una testata da 500 chilogrammi di esplosivo ciascuno contro Vinnytsya, una città tranquilla nel mezzo dell’Ucraina, dove non si è mai combattuto perché è a centinaia di chilometri da tutte i fronti. Pochi minuti prima una bambina di tre anni con la sindrome di Down, Liza, spingeva la sua carrozzina vicino alla piazzacentrale assieme a sua madre, Irina, che le ha fatto un video e l’ha postato su Instagram. Irina era di Vinnytsya ma lavorava a Kiev, a febbraio durante l’invasione aveva deciso di tornare nella sua città perché era più sicura. Stavano andando dal nonno, più tardi avevano un appuntamentodal medico. I Kalibr sono capaci di volare fino a 1.500 chilometri di distanza e mille chili di esplosivo sono la quantità usata in alcuni attacchi con le autobomba in Iraq e in Siria, quelli che fanno più morti. Quando i missili russi hanno toccato terra e sonoesplosi una scheggia ha ucciso Liza, le ha disintegrato il torace dalla vita fin quasi al collo, e questo spiega perché nelle foto si vedono soltanto le gambe e le scarpe e il resto è coperto. La madre Irina è viva ma è in terapia intensiva. L’attacco ha ucciso almeno 23 persone, inclusi tre bambini; 91 hanno avuto bisogno di cure mediche, 51 sono in ospedale, 5 sono in condizioni gravissime. Il sindaco di Vinnitsya, Serhiy Morhunov, dice aRepubblica che «i russi stanno attaccando posti che sanno essere affollati e questo vale anche per noi, c’era gente in giro. Un missile ha colpito un parcheggio vicino al centro pubblico dei servizi, un palazzo di nove piani che contiene molti uffici, una clinica privata e molti negozi. Anche molte automobili sono bruciate, in qualche caso con persone dentro e bambini. L’altro missile ha colpito vicino a un altro centro pubblico usato come sala concerti. Non lontano c’è la Volodarka, un’azienda che fa tessuti, il registro pubblico, un reparto maternità, l’università con i suoi dormitori e palazzi privati. In tutto più di 50 edifici sono stati danneggiati. Non ci sono unità militari in questo distretto. Questo è puro terrorismo». Yuriy Stepanets è un abitante di Vinnitsya, parla collegato dalla piazza devastata, dice aRepubblica che questi attacchi russi hanno lo scopo di creare una crisi con milioni di migranti che scappano verso l’Europa. Si riferisce all’attacco del 27 giugno contro il centro commerciale di Kremenchuk, un’altra città dell’Ucraina centrale dove non si è mai combattuto perché è lontana dalla linea del fronte. Nell’attacco è morto il suo amico Victor, 38 anni, moglie e un figlio, che aspettava vicino alla sala concerti l’arrivo di due artisti famosi, Lana che ha partecipato alle selezioni per Eurovision e il cantante Oleh Skrypka. «Gli italiani si chiederanno perché facciamo concerti durante una guerra, ma è una cosa che serve a raccogliere fondi e ci teniamo a continuare ». Victor era un produttore musicale racconta Yuriy, si occupava di organizzare festival e concerti, era un appassionato che con la musica era riuscito anche ad andare all’estero. Prima dell’attacco non sono suonate le sirene dell’allarme? «Sì, ma purtroppo ci siamo così abituati che la gente non corre più nei rifugi. Uno dei palazzi colpiti è di nove piani e nessuno è sceso per l’allarme». Gli allarmi quotidiani scattano senza sapere dove cadrà il missile, quindi il più delle volte sono falsi allarmi che passano in fretta. Fino a quando i missili non colpiscono davvero. Questa strategia russa per creare una fuga di massa funzionerà? Tu andrai via da Vinnitsya? «Sto qui – dice Yuriy – del resto la legge vieta agli uomini di lasciare l’Ucraina. Io mi sono iscritto ai gruppi di difesa locali, combatteremo se arriveranno i russi».

Anna Zafesova: "Raid sulle città in pieno giorno, così i russi danno la caccia ai civili"

Immagine correlata
Anna Zafesova

Qualche giorno fa, Evgeny Feldman, il celebre fotografo del giornale in esilio russo Meduza, ha segnalato un filmato di Mariupol trasmesso dalla televisione della propaganda russa RT. Mostrava carri armati russi sparare contro palazzi residenziali, gli stessi condomini prefabbricati di epoca sovietica nei quali abitano migliaia di russi. La telecamera indugia sugli sbuffi di polvere e schegge prodotti dalle cannonate, sui parallellepipedi dei caseggiati popolari che da bianchi diventano grigi, avvolti dal fumo, poi si vestono del rosso delle fiamme che li avvolgono, e infine si coprono di un nero carbonizzato. «Il filmato non spiega nulla», si è meravigliato Feldman in un tweet, «semplicemente si gode le immagini delle esplosioni, giustificate dal tricolore russo issato sopra una città bruciata». La responsabile di RT Margarita Simonyan, capa della propaganda di Putin che non esita a minacciare bombardamenti atomici nei talk show russi, ieri ha giustificato la strage di Vinnytsia (oltre 20 morti, di cui tre bambini, e 90 feriti) scrivendo che le sue fonti al ministero della Difesa russo le avevano confermato che la casa della cultura degli ufficiali, il centro poliambulatoriale e gli uffici adiacenti erano una «sede temporanea di nazisti», pubblicando come «prova» le foto dei militari e della protezione civile ucraina impegnati nei soccorsi dopo il bombardamento russo. Potrebbe sembrare un ennesimo tentativo goffo della propaganda russa di giustificare un ennesimo «errore» di un missile d'antiquariato russo che invece di colpire un bersaglio militare distrugge un condominio, un centro commerciale, un palazzo dello sport, una stazione piena di profughi, una scuola. È vero che i missili russi non hanno la stessa precisione delle armi americane con le quali gli ucraini ogni notte ormai fanno saltare i depositi di armi di Mosca. Ma se le truppe del Cremlino scelgono di bombardare in pieno giorno, e non di notte, e di colpire centri cittadini lontani centinaia di chilometri dal fronte del Donbass, non lo fanno solo per incapacità tecnologica e mancanze di armi moderne. I fake sui «nazisti» e le smentite dei militari sulla regola di «colpire esclusivamente obiettivi militari», non solo non riescono più, ma non vogliono nemmeno nascondere la realtà: la stessa propaganda russa mostra estasiata le foto dei condomini carbonizzati, e i cannoni russi che li prendono di mira. Un cambiamento che arriva nella settimana in cui l'Ucraina «non ha perso a favore della Russia nemmeno un metro di terreno», come annunciato ieri dal viceresponsabile operativo dello Stato maggiore di Kiev Oleksiy Gromov, mentre l'intensità dei cannoneggiamenti russi si riduce a causa dei magazzini di munizioni distrutti dagli ucraini. L'impressione è che più l'offensiva di Putin arranca, più la sua televisione deve mostrare ai russi immagini di guerra. Immagini feroci, crudeli, cui i «soldati della tastiera» reagiscono con commenti esultanti. In fondo, è indifferente se a gioire della morte di civili ucraini sono dei russi veri o dei troll al soldo del governo: in entrambi i casi, è il tipo di retorica che il regime incoraggia, i sentimenti che vuole indurre e premiare. È la scommessa sulla parte più assetata di sangue dell'opinione pubblica, la stessa alla quale si rivolge l'ex «moderato» Dmitry Medvedev con le sue invettive contro i «maiali americani» e gli europei «cretini che si cag... sotto». L'elettore/spettatore ideale che il putinismo oggi ha in mente gioisce delle bombe, si compiace del sangue, giudica la potenza del suo Paese dal numero degli ucraini uccisi, e dalla sua capacità di non mostrare pietà. Nel mondo di Orwell la guerra si chiamava «pace». Nell'Unione Sovietica che Putin e i suoi seguaci rimpiangono, la retorica della pace era onnipresente, tra manifesti, festival, murali di colombe e cori di bambini. Oggi, la polizia russa porta via chi canta queste canzoni sovietiche. Il pacifismo è ufficialmente un reato, e perfino la chiesa ortodossa russa non predica più la pace. Bisogna amare la guerra, bisogna odiare il nemico, e così mentre a Mosca si parla di un sondaggio segreto che mostra come il 30% dei russi ha il coraggio di dire ai sociologi del regime di voler far finire la guerra «subito», Putin promette che «non abbiamo ancora iniziato» e firma nuove leggi contro i «traditori della patria», «agenti stranieri» e «collaborazionisti con l'estero». I bombardamenti si illudono più di terrorizzare gli ucraini e convincerli a sottomettersi a Mosca: servono per coalizzare i putinisti più estremi.

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