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La Stampa - Il Foglio Rassegna Stampa
30.06.2022 La nuova strategia della Nato
Commenti di Nathalie Tocci, Giulia Pompili

Testata:La Stampa - Il Foglio
Autore: Nathalie Tocci - Giulia Pompili
Titolo: «Perché ci serve il gendarme Usa - Nato per vincere»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 30/06/2022, a pag.29, con il titolo "Perché ci serve il gendarme Usa", il commento di Nathalie Tocci; dal FOGLIO, a pag. 1, il commento di Giulia Pompili dal titolo "Nato per vincere".

Ecco gli articoli:

Nathalie Tocci: "Perché ci serve il gendarme Usa"

Nathalie Tocci – Belgrade Security Forum
Nathalie Tocci

Il vertice Nato a Madrid segna una svolta: l'ufficializzazione che il post-Guerra fredda è finito e che la Russia rappresenta non più un partner strategico, ma una minaccia diretta per l'Europa. Associata ad una mano tesa a Mosca, la deterrenza è rimasta un pilastro per l'Alleanza Atlantica anche nel periodo che si è aperto dopo la fine della Guerra fredda. A seguito della crescente aggressività della Russia, soprattutto dal 2014 in poi, la deterrenza è andata via via aumentando, fino agli attuali 40mila militari in alta allerta che oggi si trovano sul territorio Nato. 40mila militari rappresentano sì un'efficace deterrenza, ma non una vera e propria difesa laddove ce ne fosse bisogno. Come è noto, la Russia aveva mobilitato ben più di 200mila uomini ai propri confini occidentali prima di dare il via all'invasione dell'Ucraina. Il vertice Nato non poteva non prendere atto che la guerra c'è e che non dà segni di poter finire in tempi brevi. Finché Vladimir Putin rimarrà al potere è difficile, se non impossibile, immaginare una reale pace. È per questo che la postura militare cambia: sarebbe semmai irresponsabile non farlo. Saranno così 300mila i militari Nato in alta allerta per rispondere ad un eventuale "spillover" nel resto del continente della guerra in corso in Ucraina. Gli Stati Uniti in particolare hanno risposto positivamente alle richieste degli alleati est-europei, con una base permanente in Polonia e 5mila uomini aggiuntive in Romania. Il vertice dell'Alleanza segna una svolta anche perché inquadra la guerra in Ucraina e lo scontro con Mosca come parte di una sfida molto più ampia che vede come protagonista la Cina. Il nuovo Concetto Strategico non dipinge esplicitamente un mondo diviso tra democrazie e autocrazie, ma è chiaro nel definire quella posta da Pechino come una sfida sistemica non soltanto ai nostri interessi, ma anche ai nostri valori. Probabilmente, se gli Stati Uniti non vedessero lo scontro con Mosca collegato all'antagonismo con la Cina, non si spenderebbe tanto su una potenza, quella russa, tanto pericolosa quanto palesemente in declino. Infine, il vertice di Madrid ha visto l'invito formale dell'Alleanza Atlantica alla Finlandia e alla Svezia, in risposta alle richieste di adesione dei due Paesi nordici minacciati da Mosca. Il nodo del veto della Turchia è stato sciolto con un memorandum d'intesa tra Svezia, Finlandia e Turchia, e la luce verde di Joe Biden alla vendita di caccia F-16 ad Ankara. La ratifica dell'adesione da parte dei trenta Stati membri della Nato non sarà immediata, ed è prevedibile che Ankara dia ancora del filo da torcere mentre si avvicina a elezioni presidenziali l'anno prossimo il cui risultato è tutto tranne che scontato. Detto questo, l'allargamento dell'Alleanza è una questione di quando, non più di sé; un altro segnale di drammatica presa d'atto della "Zeitenwende" che stiamo vivendo. L'era in cui vivevamo era confortevole, non c'è dubbio: un'era segnata da pace e prosperità, ma anche da una buona dose di ipocrisia e convenienza, visto che ci ostinavamo a non vedere che qualcosa di radicale stava cambiando a Mosca. C'è chi lo fa ancora, puntando il dito contro l'espansione della Nato, e citando le preoccupazioni della Russia o i diritti delle minoranze russofone in Ucraina orientale (le prime vittime della guerra criminale del Cremlino). Eppure Putin e l'intero establishment russo parlano ormai apertamente del reale obiettivo di questa guerra: la restaurazione del territorio "storico" della Russia. È evidente che un progetto del genere non si ferma volontariamente nel Donbas. Inevitabilmente l'Alleanza Atlantica, che ruota attorno alla difesa collettiva e che include e includerà Paesi che rappresentano potenziali prede di Putin, deve fare i conti con questa nuova realtà. Noi europei abbiamo vissuto nell'illusione di una pace perpetua. Ora siamo costretti a svegliarci di scatto e ci ritroviamo impreparati. La verità è che senza gli Stati Uniti, oggi l'Europa non sarebbe in grado di difendersi. Naturalmente è così da decenni, ma finché esisteva l'illusione che un'aggressione in Europa fosse ipotetica, facevamo gli struzzi e mettevamo la testa sotto la sabbia. Oggi che ci siamo svegliati non possiamo non ritenerci fortunati di far parte di un'Alleanza disposta a proteggerci. Oggi. Ma il domani non è lontano e gli Stati Uniti sono un Paese sempre più polarizzato, attraversato da una spaccatura resa ancora più profonda dalla débâcle costituzionale sul diritto all'aborto registrata la settimana scorsa. Uno scenario in cui Putin è presidente della Russia e Trump (o un suo simile) inquilino della Casa Bianca non è un cigno nero, ma un cosiddetto rinoceronte grigio. Siamo in drammatico ritardo, ma non per questo possiamo eludere di decidere il da farsi sulla difesa europea, con la piena coscienza che la sua costruzione comporta spese, impegno e assunzione di rischi nazionali.

Giulia Pompili: "Nato per vincere"

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Giulia Pompili

Roma. Per rispondere alla “più grande minaccia alla sicurezza sin dalla Seconda guerra mondiale”, come il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha definito la guerra d’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia, serviva un cambiamento radicale della struttura della Difesa della Nato. Il secondo giorno del Summit di Madrid, il più importante vertice degli ultimi decenni, al quale hanno partecipato tutti i capi di stato e di governo dei trenta paesi alleati, è stato quello in cui è stata svelata parte della capacità di deterrenza dell’Alleanza atlantica. Finlandia e Svezia sono stati ufficialmente invitati a unirsi alla Nato dal gruppo dei trenta, una formalità nel processo di adesione (tuttavia piuttosto lungo) che arriva poche ore dopo che la Turchia di Erdogan ha fatto cadere il veto sul loro ingresso. Tra le novità che sono state rese note ieri, in realtà molte erano state già annunciate: ci saranno 300 mila soldati a disposizione della Nato Response Force, l’unità operativa in massimo cinque giorni, ma non si sa quanti di questi andranno ad aumentare i cinquemila già impiegati nella “Very High Readiness Joint Task Force”, brigata che può essere schierata ovunque nel mondo entro quarantotto ore dalla sua attivazione. Ieri a Madrid è arrivato il presidente americano Joe Biden, ed è stato lui ad annunciare i cambiamenti più importanti e che riguardano soprattutto la strategia americana di contributo alla Nato e di rafforzamento della Difesa europea. Per ironia della sorte, è stato Biden a informare della costituzione di quella che nel settembre del 2019 il presidente polacco Andrzej Duda, in visita a Washington dall’allora presidente Donald Trump, chiamò “Fort Trump”. Allora non se ne fece niente, e ovviamente la definizione serviva soltanto a compiacere il narcisismo di Trump. Ma ieri Biden ha parlato di qualcosa di molto simile: ha detto che l’America dispiegherà nuove truppe di supporto sul campo in Polonia, compreso un quartier generale dell’esercito, e sarà la prima presenza militare americana in modo permanente sul fianco orientale dell’Europa. La Casa Bianca non ha comunicato il numero esatto degli uomini, ma ci saranno anche altre truppe dislocate nei paesi baltici, nel Regno Unito, in Germania, Romania, in Spagna e anche in Italia. Ieri mattina a Madrid è arrivato anche il presidente del Consiglio Mario Draghi, che parlando con i giornalisti ha detto che per quanto riguarda il territorio italiano “si tratta di settanta militari americani in più e un sistema di difesa antiaerea”. L’Italia farà la sua parte per rafforzare il confine est dell’Alleanza con la Russia. “Non c’è il rischio di un’escalation, ma bisogna esser pronti”, ha detto Draghi. Ci sono almeno due motivi per cui l’America è arrivata in aiuto della Nato – non si sa bene ancora se soltanto simbolicamente o con strutture concrete e operative: secondo quanto trapelato ieri dal Summit di Madrid, uno dei problemi principali nella discussione collettiva è stato quello di raggiungere il numero di 300 mila soldati a disposizione dell’Alleanza (sono poco meno delle intere Forze armate italiane). L’altro problema riguarda la cosiddetta forward defense, la difesa avanzata della Nato, cioè l’istallazione di basi militari permanenti sul confine orientale con la Russia. Il Nato-Russia Founding Act, il documento firmato nel 1997 che guida i rapporti tra Mosca e l’Alleanza, rassicurava il Cremlino sul fatto che nessuna base permanente sarebbe stata istallata nei paesi ex sovietici o comunque a ridosso del confine russo. Secondo molti analisti, quell’accordo dovrebbe essere considerato nullo sin dal 2014, e la guerra iniziata il 24 febbraio scorso l’ha enormemente depotenziato. Secondo fonti ascoltate dal Foglio, però, la linea della cautela avrebbe prevalso (anche quella più economica) durante la discussione, ed è quindi l’America, e non la Nato, a mettere i suoi soldati a controllo dei confini. Per evitare fraintendimenti, azioni che possano essere valutate come provocatorie. L’altro grande cambiamento avvenuto ieri a Madrid è la pubblicazione del nuovo Strategic Concept, le undici pagine che descrivono il nuovo mondo visto dalla Nato, e i suoi obiettivi. Ieri sera, durante una conferenza stampa, il segretario generale Stoltenberg ha tradito la frustrazione nella voce e nello sguardo quando qualcuno gli ha chiesto se i contenuti del documento non fossero la dimostrazione che l’occidente sta costruendo una “nuova Guerra fredda” e una divisione in blocchi del mondo. Stoltenberg ha ribaltato ancora una volta la domanda e ha ridato ordine alle cause-effetti: “Sono anni che tentiamo di lavorare con la Russia”, e tutti quegli sforzi sono stati completamente cancellati dalle azioni belliche di Putin. Al punto numero 13 dello Strategic Concept c’è poi il cambiamento più politico della nuova Nato: “Le ambizioni dichiarate della Repubblica popolare cinese e le sue politiche coercitive sono una sfida ai nostri interessi, alla nostra sicurezza e ai nostri valori”, si legge, ed è la prima volta sin dalla sua costituzione che l’Alleanza cita la Cina come uno dei problemi per la sicurezza globale. “Impiega un’ampia gamma di strumenti politici, economici e militari per aumentare la sua impronta globale e proiettare la sua potenza, pur rimanendo poco trasparente sulla sua strategia, sulle sue intenzioni e sul suo sviluppo militare”. La Nato non è più soltanto geografica, di difesa di “ogni centimetro di territorio”, come ha ricordato ieri Biden: la guerra cambia, e cambiano anche i suoi strumenti. Anche se a migliaia di chilometri dai confini americani ed europei, la Cina può essere una minaccia, si legge nel documento, per le sue “operazioni ibride e cibernetiche malevole”, per la sua “retorica conflittuale e la sua disinformazione”, e per il suo tentativo di controllare settori tecnologici e industriali chiave, per poi usare questo potere in modo coercitivo. La Nato mette nero su bianco che sebbene la Cina “non è un nostro nemico”, l’alleanza strategica tra la Cina e la Russia è un problema gigantesco, che va affrontato. Anche la ministra degli Esteri di Londra, Liz Truss, ha detto ieri di ritenere “molto preoccupante” il fatto che la Cina stia facendo “dichiarazioni sulla Nato, sulla sovranità delle Isole Falkland e che si stia muovendo dalla sola sfera indo-pacifica”. La risposta del portavoce del ministro degli Esteri cinese, Zhao Lijian, durante la quotidiana conferenza stampa di ieri, è stata prevedibile. Per l’ennesima volta Pechino ha accusato l’America di aver causato la guerra in Ucraina, e la Nato di espandersi anche nella regione dell’Indo-Pacifico. “La Nato dovrebbe smettere di tracciare linee ideologiche, di fomentare il confronto politico o di cercare di iniziare una nuova Guerra fredda”, ha detto Zhao. “Dovrebbe abbandonare la mentalità della Guerra fredda e del gioco a somma zero e smettere di farsi dei nemici. La Nato ha già sconvolto l’Europa. Non dovrebbe cercare di destabilizzare l’Asia e il mondo”. Su un aspetto hanno ragione i funzionari cinesi: il clima freddissimo della tensione ideologica e politica ieri era ovunque, tranne che a Madrid.

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