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Il Giornale - Nazione/Carlino/Giorno Rassegna Stampa
25.02.2022 Putin, ecco il vero volto di un dittatore
Commenti di Paolo Guzzanti, Roberto Giardina

Testata:Il Giornale - Nazione/Carlino/Giorno
Autore: Paolo Guzzanti - Roberto Giardina
Titolo: «Il piano di un golpe in pieno stile sovietico - Putin, lo zar che parla solo con Dio»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 25/02/2022, a pag.10, con il titolo "Il piano di un golpe in pieno stile sovietico" il commento di Paolo Guzzanti; da NAZIONE/CARLINO/GIORNO, a pag. 1, il commento di Roberto Giardina dal titolo "Putin, lo zar che parla solo con Dio".

Ecco gli articoli:

IL GIORNALE - Paolo Guzzanti: "Il piano di un golpe in pieno stile sovietico"

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Paolo Guzzanti

Carri armati, bombe e razzi, ecco il segno distintivo dell'armata rossa e poi russa Quel che sta accadendo nella martoriata Ucraina dove gli inermi, chi va a lavorare e accompagna i figli a scuola, le anziane donne disperate per la prospettiva della fame, sono immagini che credevamo di non dover vedere più. La seconda guerra mondiale in Russia, si chiama Grande Guerra Patriottica e non cominciò il 1 settembre del 1939 ma il 21 giugno del 1941 affinché passassero inosservati quasi due anni di alleanza con la Germania nazista. Da allora Unione Sovietica prima e Federazione Russa poi hanno inaugurato la pratica di salvare i paesi fratelli con generose trasfusioni di carri armati. La prima fu nella Germania orientale nel 1953 quando il presidio sovietico si scatenò contro gli operai metallurgici in sciopero e proseguì tre anni dopo con l'invasione dell'Ungheria, quando studenti e operai scesero nelle strade, per la prima volta nella storia sotto l'occhio delle telecamere e quindi davanti ai cittadini del mondo, e noi li vedemmo cadere falciati mentre opponevano resistenza ai sovietici. Tra questi c'era anche il più prestigioso giornalista italiano, Indro Montanelli che seduto su un trespolo, la Olivetti sulle ginocchia, scriveva le sue corrispondenze di guerra. Montanelli aveva già scritto simili corrispondenze nel dicembre del 1939 in Finlandia quando Stalin decise di salvare i finlandesi con un buon carico di bombe. Lo stesso aveva fatto poco dopo con le Repubbliche baltiche oggi di nuovo minacciate. A Praga nell'agosto del 1968 la festosa Armata Rossa si presentò per soccorrere studenti e operai cecoslovacchi e salvarli dal segretario generale del partito comunista Dubcek, che aveva proposto un socialismo dal volto umano. I carri russi stazionarono ai confini della Polonia nel 1980 fin quando il generale Jaruzelski decise di farsi un colpo di Stato dall'interno e togliere ai russi il pretesto per invadere. Nella notte di Natale del 1979 le armate russe entrarono fraternamente nell'Afghanistan e vi restarono per 10 anni prima di fuggirne sconfitte. L'Armata Rossa crollò insieme all'Unione sovietica e a Mosca si trovavano migliaia di bancarelle con cianfrusaglia militare per pochi dollari: cappelli, mostrine, medaglie, uniformi, stivali. Ma il ritorno di un uomo forte che si sperava fosse pacifico e razionale al Cremlino riportò in auge l'unica struttura che aveva resistito nel drammatico passaggio tra il comunismo e una embrionale democrazia sicché fu poi il sistema militare a riorganizzare la società. Ma ne derivarono subito interventi amichevoli con molte bombe: in Georgia, in Ossezia, infine in Crimea strappata agli ucraini e poi le ultime imprese di questi giorni tristi dal sapore amaro e antico. Una tradizione, anzi un vizio, che speravamo fosse estinto è tornato a provocare pianto, sorpresa, indignazione, disperazione. La storia purtroppo si ripete, e non sempre in forma di farsa.

NAZIONE/CARLINO/GIORNO - Roberto Giardina: "Putin, lo zar che parla solo con Dio"

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Roberto Giardina

“Accetto consigli solo da Dio», ha detto Putin prima di invadere l'Ucraina. Generali e politologi hanno commentato: è un folle che si crede Dio. I giornali e le tv hanno intervistato psicoanalisti per chiedere una diagnosi a distanza. Si, da vent'anni al potere, un despota assoluto, ha perso la ragione, vittima di mania di grandezza, si è isolato, non ascolta i consiglieri, i suoi militari. Basta ascoltare il suo ultimo discorso, studiarne i gesti, i toni, hanno risposto i medici. Ieri Putin ha rievocato la guerra contro Hitler: «I Paesi guida della Nato per raggiungere i loro fini aiutano i neonazisti in Ucraina, non hanno mai perdonato agli abitanti della Crimea e di Sebastopoli la loro libera scelta di riunirsi alla Russia». Putin non si sente l'aggressore, ma il difensore della libertà dei popoli. Arriva a negare la realtà: «L'aggressione all'Ucraina e una manipolazione degli occidentali». E sfidare il mondo: «Le bande di nazionalisti ucraini andranno in guerra in Crimea, come hanno fatto nel Donbass... hanno già armi nucleari, la nostra missione è di proteggere esseri umani indifesi. Quanti tenteranno di impedirlo sappiano che la nostra risposta sarà immediata... e subiranno conseguenze mai provate nella loro storia». Angela Merkel, nel 2014, dopo che si era impadronito della Crimea, confidò a Obama che «Putin sembra vivere in un suo mondo... ha perso il contatto con la realtà». E nessuno conosce Putin meglio di Frau Angela. Hillary Clinton lo paragonò a Hitler, e anche il Führer viene considerato un pazzo. Trump ha appena dichiarato che per lui «Vladimir è un genio». E, secondo i proverbi, genio e follia sarebbero le due facce di una medaglia. Ma è un errore fatale credere sia folle chi non riusciamo a capire, o ci rifiutiamo di capire. Il politologo Ulrich Kuhn, specialista del controllo degli armamenti all'Università di Amburgo, mette in guardia: «Putin nel suo mondo segue una gelida logica, non è fuori di mente». E fa l'esempio di Richard Nixon: durante la guerra in Vietnam diffuse le voci sul suo alcolismo e la mancanza di controllo, per lasciar credere al nemico che fosse imprevedibile, capace dunque di lanciare un'atomica su Hanoi. «Oggi, dice Kuhn, Putin sparge il terrore tra noi... è pronto a usare le atomiche su Kiev, e contro i paesi della Nato?». Neanche Hitler era pazzo, se non negli ultimi giorni, chiuso nel Bunker, prima della fine. Chi vuol capire Putin deve studiare la maskirovka, l'arte del camuffamento di un principe russo del XIV secolo. L'aveva studiata Stalin, la conosceva Kruscev, e viene insegnata ancora nelle scuole militari. Nel 1380, il principe Dimitri Donskoi, per fermare l'orda dei mongoli giunta alle porte di Mosca, mise fantocci in divisa tra gli alberi e i campi, in modo che il nemico si accorgesse del trucco e credesse che i russi fossero deboli. Quando i mongoli attaccarono, l'esercito di Donskoi nascosto nei boschi lo sorprese alle spalle e l'annientò. Nell'ultima guerra Stalin fece costruire modelli in legno di panzer, ma li mise in vista per ingannare i tedeschi, che sottovalutarono l'Armata Rossa. Putin è un maestro della maskirovka, degli inganni, dei trucchi, delle verità che si camuffano da menzogne, dice Matthias Hochstätter, esperto del Cremlino. Farsi credere folle è parte del camuffamento. Fa credere di essere fuori della realtà, pronto a provocare la terza guerra mondiale, per dividere gli occidentali. «Chiede l'impossibile», avverte l'esperto di Russia Christian Mangott, «non perché sia pazzo, ma per illudere il nemico e poi si ferma quando ottiene quel che desidera». Sa che non può vincere una guerra contro la Nato, quindi finge di essere convinto di poterla vincere. Sa che Biden non oserà intervenire in Ucraina. Putin è stato un ufficiale del Kgb, e Markus Wolf, il capo del controspionaggio della Ddr cui John le Carré si ispirò per La spia che venne dal freddo, e che lo conosceva bene, in un'intervista mi raccontò che nella scuola del servizio segreto russo, si obbligava l'allievo a presentare un piano, e poi quello opposto del nemico, un metodo copiato dalle scuole dei gesuiti. Per vincere bisogna conoscere l'avversario. Biden, e prima Obama, erano prevedibili, e Putin gioca d'anticipo. Ha coraggio fisico, come dimostrò il 5 dicembre 1989, quando i tedeschi dell'Est assaltarono la sede del Kgb a Dresda, di cui era il comandante. Scese in strada e affrontò da solo la folla, che si ritirò. Oggi sfida la Nato. È un campione di judo, l'arte di usare la forza dell'aggressore per rivolgerla contro di lui. Ed è un grande giocatore di scacchi. I maestri di solito preferiscono giocare con il nero, lasciando la mossa d'apertura all'avversario. Putin preferisce giocare con il bianco. Apre la partita, sfrutta la sorpresa, e già calcola la reazione. Così ha prevalso in Siria, e ha vinto la prima guerra in Ucraina, prendendo la Crimea. Scacco matto anche per il Donbass?

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