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La Repubblica - Corriere della Sera Rassegna Stampa
18.02.2022 Ucraina: tensione altissima
Cronache di Rosalba Castelletti, Paolo Mastrolilli, Guido Olimpio, Giuseppe Sarcina

Testata:La Repubblica - Corriere della Sera
Autore: Rosalba Castelletti, Paolo Mastrolilli - Guido Olimpio, Giuseppe Sarcina
Titolo: «Alta tensione in Ucraina. Mosca: 'Reagiremo'. Biden sicuro dell’attacco - Nelle immagini satellitari la prova del bluff di Mosca: ponti e altri soldati al confine»

Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 18/02/2022, a pag.8, con il titolo "Alta tensione in Ucraina. Mosca: 'Reagiremo'. Biden sicuro dell’attacco", la cronaca di Rosalba Castelletti, Paolo Mastrolilli; dal CORRIERE della SERA, a pag. 3, la cronaca di Guido Olimpio, Giuseppe Sarcina dal titolo "Nelle immagini satellitari la prova del bluff di Mosca: ponti e altri soldati al confine".

Ecco gli articoli:

Crisi Ucraina, oltre un'ora di colloquio tra Biden e Putin
Joe Biden, Vladimir Putin

LA REPUBBLICA - Rosalba Castelletti, Paolo Mastrolilli: "Alta tensione in Ucraina. Mosca: 'Reagiremo'. Biden sicuro dell’attacco"

Il cauto ottimismo che si respirava qualche giorno fa dopo le prime aperture moscovite al dialogo è già svanito. Dopo i dubbi sul ritiro, gli scontri nel Donbass e le perentorie risposte russe alle proposte statunitensi sulla sicurezza, l’Occidente stenta a scorgere una via d’uscita diplomatica alla crisi ucraina. Con il presidente statunitense Joe Biden che prevede un’invasione russa «nei prossimi giorni». E che nella notte ha sentito il premier Mario Draghi, con cui ha ribadito la necessità di mediare con Putin. Mosca continua a negare piani d’attacco e a liquidare gli allarmi come «isteria». Le speranze di una soluzione diplomatica sono ora riposte nell’imminente viaggio di Mario Draghi a Mosca dove il premier italiano spera d’incassare l’ok del presidente russo Vladimir Putin a un vertice con l’omologo ucraino Volodimir Zelenskij. Le accuse di Washington Che qualcosa si sia rotto, si capisce poco dopo le sei di mercoledì pomeriggio quando un alto funzionario della Casa Bianca attacca Mosca: «Nelle ultime 24 ore la Russia non si è ritirata, ma ha spostato altri 7mila soldati verso il confine ucraino. Le operazioni sotto falsa bandiera che potrebbero scatenare l’invasione sono già pronte e potrebbero assumere varie forme», tra cui la denuncia di fosse comuni di civili uccisi dagli ucraini nel Donbass per invocare il genocidio. Secondo fonti di intelligence, le presunte fosse comuni sono state già individuate da Mosca che le rivelerà al momento opportuno. I satelliti occidentali smentiscono il ritiro, ma i russi rispondono che richiede tempo e che non sarà evidente fino a lunedì. In base allo schema proposto dal cancelliere tedesco Olaf Scholz, e accettato da Putin, il dialogo doveva ripartire da due punti: primo, una dichiarazione con cui Zelenskij rimandava l’ingresso nella Nato; secondo, il suo impegno a garantire l’applicazione degli Accordi di Minsk. Aveva iniziato a farlo, ma l’ingranaggio si è bloccato. Le scintille nel Donbass Alle accuse dell’America, Mosca al suo risveglio risponde annunciando un ulteriore ritiro di truppe dai confini ucraini. Il contesto però si fa sempre più instabile. E lo dimostra l’escalation nel Donbass, dove l’esercito di Kiev e i separatisti filo-russi si incolpano a vicenda di bombardamenti, tra cui il raid su un asilo a Stanitsja Luganska. Episodi che sembrano confermare i timori occidentali di un’operazione “sotto falsa bandiera”. Una situazione «estremamente pericolosa», ammette il Cremlino, dandone la colpa però alla «estrema concentrazione delle forze ucraine» e all’aumento del sostegno militare della Nato a Kiev. In conferenza stampa con Luigi Di Maio, Lavrov accusa: «Le promesse di Scholz sono state smentite. C’è un ingannevole tentativo dell’Occidente di distogliere l’attenzione dalle responsabilità di Kiev e di scaricarle su Mosca. Un terrorismo mediatico. Se non sono escalation le loro menzogne, allora cosa?». Il ministro italiano invece annuncia che si sta lavorando a un incontro Putin-Draghi. Il premier da Bruxelles conferma e aggiunge: «L’obiettivo è far sì che Putin e Zelenskij si siedano attorno allo stesso tavolo». Le risposte russe Washington si sveglia con la notizia che il suo vice ambasciatore a Mosca Bart Gorman è stato espulso — «una misura di reciprocità», spiega più tardi la Russia — e che il Cremlino ha mandato le risposte al documento con cui tre settimane prima la Casa Bianca aveva replicato alle richieste russe di “garanzie di sicurezza” formulate in dicembre. Ma sono 11 pagine di chiusura quasi totale che dagli Usa vengono interpretate come l’anticamera della guerra. Ribadendo la sua litania di pretese, Mosca lamenta che le sue linee rosse siano state «ignorate» e ribadisce le sue richieste strategiche. Si tratta di un pacchetto, insiste, non di un menù. In caso di rifiuto, «la Russia sarà costretta a reagire» con «misure tecnico-militari». L’invasione, sottolinea, è esclusa. Che cosa s’intenda per “misure tecnico-militari”, lo dettagliano fonti russe. Si tratterebbe del dislocamento di sistemi d’armamento ai confini di Paesi Nato: a Minsk o Kaliningrad. Non sembra perciò casuale l’apertura del presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko, che oggi incontrerà Putin a Mosca, a ospitare «armi nucleari». Il dibattito all’Onu È lo stesso Biden a commentare quanto sia alta la minaccia di un’invasione «Molto alta. La mia sensazione è che succederà nei prossimi giorni ». Perciò decide di mandare Tony Blinken a partecipare a una riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu per discutere gli accordi di Minsk. «È un momento di pericolo per le vite e la sicurezza di milioni di persone », dice il segretario di Stato, aggiungendo che il pretesto per un intervento potrebbe prendere la forma di «un attacco terroristico, un assalto con droni contro i civili o l’uso di armi chimiche». Ipotesi già contenute nelle intercettazioni dei comandi di Mosca registrate dall’intelligence Usa. L’attacco di terra nel frattempo ha cambiato forma. Si pensa a incursioni rapide e violente di piccoli reparti di forze speciali, accompagnate da bombardamenti e operazioni cyber. La versione russa dello shock and awe, per colpire senza correre i rischi dell’occupazione. Blinken però fa anche un’apertura: «Non sono qui per cominciare una guerra, ma per prevenirla». Quindi offre varie opzioni: una nuova riunione nel formato Normandia, un vertice in Europa la settimana prossima con Lavrov, incontri del Consiglio Nato-Russia e dell’Osce che «potrebbero preparare il terreno per un summit tra i leader». «Se davvero non volete invadere l’Ucraina, ditelo al mondo. E dimostratelo». Inter-venendo dopo di lui, il viceministro degli Esteri russo, Serghej Vershinin, si rifiuta di soffermarsi su quelle che definisce «speculazioni» e si mette invece a elencare le molteplici rimostranze di Mosca contro l’Ucraina. La accusa non solo di non applicare gli accordi di Minsk, ma anche di «atrocità» nel Donbass, senza però parlare di “genocidio”. Il mondo va a letto con la sensazione che l’escalation sia ripresa e chiedendosi ancora una volta se sia andando in scena un altro «dialogo tra sordi e muti», come dice il ministro degli Esteri russo Serghej Lavrov, o il preludio di un conflitto in Europa, come temono gli Usa.

CORRIERE della SERA - Guido Olimpio, Giuseppe Sarcina: "Nelle immagini satellitari la prova del bluff di Mosca: ponti e altri soldati al confine"

Questa volta gli Stati Uniti non si tirano indietro. Alla propaganda di Vladimir Putin, alle foto coi «tavoloni», ai proclami, e riprese notturne dei treni carichi di carri armati, rispondono con una strategia della comunicazione studiata nei dettagli. La Casa Bianca valorizza le immagini satellitari, prefigura cupi scenari e, soprattutto, calibra le informazioni di intelligence da passare ai media americani. L'ultima settimana è stata esemplare. Ieri il segretario di Stato, Antony Blinken, si è presentato al Consiglio di sicurezza dell'Onu ufficialmente per rilanciare quegli «accordi di Minio» che non sono riusciti a sanare il conflitto tra Ucraina e Russia. Ma dopo un paio di passaggi felpati, Blinken ha cambiato improvvisamente tono, accusando Mosca di essere pronta a «fabbricare un falso attacco terroristico o a inventarsi la scoperta di fosse comuni o a mettere in scena un attacco ai civili, prendendosi gioco di tutti noi». E ancora: «L'invasione dell'Ucraina sta per cominciare. I russi sganceranno missili e bombe su tutto il territorio; i "cyber attack" manderanno in tilt le istituzioni chiave; i carri armati e i soldati russi avanzeranno verso obiettivi prefissati. Noi crediamo che tra questi target ci sia anche la capitale, Kiev, con i suoi 2,8 milioni di abitanti». Il discorso di Blinken non è sbucato dal nulla. I media americani avevano già rilanciato le immagini satellitari, circolate liberamente sul web. Tra le più viste ci sono quelle che ritraggono un ponte mobile realizzato tra il 13 e il 15 febbraio sul fiume Pripyat, in Bielorussia, vicino al confine ucraino. Una struttura che darebbe accesso all'area di Chernobyl, ancora chiusa dopo il disastro nucleare del 1986. Alcuni analisti avevano segnalato in precedenza i movimenti di un'unità del Genio russo dotata di pontoni. Nello stesso tempo sono stati largamente diffusi altri scatti sui preparativi russi alla frontiera tra Ucraina e Bielorussia: il raggruppamento di reparti militari; l'installazione di un ospedale da campo a Osipovic, l'arrivo di elicotteri a Zyabrovka. Il messaggio del Pentagono era ed è chiaro: hanno schierato le forze armate in posizione d'attacco. Accusa negata dai funzionari moscoviti. Da giorni i satelliti-spia e un gran numero di ricognitori hanno iniziato a rastrellare l'area del confronto. I velivoli, compresi droni partiti da Sigonella, hanno pattugliato un largo quadrante che va dall'estremo nord, come dimostra il coinvolgimento di aerei svedesi, fino al Mar Nero. La famosa «spada ricurva» che taglia il Continente. Tutto, o quasi, è avvenuto in «chiaro», al cospetto dell'opinione pubblica mondiale. I generali di Putin hanno spostato colonne di mezzi, spesso ricorrendo ai treni, una vecchia tradizione sommata alle capacità logistiche grazie all'impiego di alcuni reggimenti specializzati nell'uso della linea ferrata. Sono convogli che non si possono certo nascondere o mimetizzare. Così come l'ammassamento di corazzati. Volevano che si vedessero. Stessa cosa per le rotte seguite da formazioni navali russe, partite dal Baltico e arrivate in Mediterraneo, task force monitorate dalla Nato ma che in alcuni casi tenevano accesso il segnalatore «Ais», dettaglio raro per una nave da guerra. Gli Stati Uniti, a loro volta, hanno pubblicizzato l'arrivo in Europa dei bombardieri B 52, seguiti dagli appassionati via Twitter, un tracciamento possibile anche per gli aerei spia. Insomma grandi manovre militari, ma anche mediatiche. E evidente che l'amministrazione Biden stia confezionando una sceneggiatura su più livelli. II primo è quello ufficiale, incardinato sui «briefing», quasi quotidiani, di tre portavoce: Jen Psaki perla Casa Bianca; Ned Price per il dipartimento di Stato; John Kirby per il Pentagono. Il loro compito è replicare colpo su colpo alle dichiarazioni, alle trovate sfornate dai loro colleghi avversari a Mosca. Poi, generalmente la sera, ecco le «conference call» dei consiglieri della Casa Bianca, non citabili per nome ma solo come «fonti di background». Tocca a loro diffondere le novità più importanti, spesso elaborate dalla Cia o dall'intelligence militare. Un solo esempio: l'altra sera hanno fatto sapere che i russi avevano aggiunto 7 mila soldati alla frontiera. Altre notizie vengono fatte filtrare, in modo anonimo, ai principali quotidiani o ai canali televisivi, a cominciare dalla Cnn. Tutto questo lavoro quotidiano serve a delineare lo sfondo, il contesto in cui si inseriscono gli interventi del presidente, del segretario di Stato e del consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan. Sono loro a regolare l'intensità dell'allarme, soprattutto a uso e consumo degli europei. Ma anche a modulare avvertimenti e aperture verso Mosca. Ecco l'ultima sequenza, carica di foschi presagi: la conferenza stampa di Sullivan, l'u febbraio; poi l'«aggiornamento» di Biden alla Nazione, martedì 15, e ieri la tirata di Blinken all'Onu. Con questa strategia della comunicazione, Biden si pone almeno due obiettivi politici. Il primo: contrastare e forse vanificare la propaganda putiniana, micidiale mix di aggressività e vittimismo. Secondo: dimostrare agli americani e agli europei di aver fatto tutto il possibile per evitare la guerra, senza però cedimenti, debolezze o pasticci, come quelli che tutto il mondo ha visto nell'agosto scorso con il ritiro dall'Afghanistan.

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