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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Il Giornale - Il Foglio - Il Manifesto Rassegna Stampa
13.04.2021 L'Iran nucleare deve essere fermato
Commenti di Gian Micalessin, Daniele Raineri, la disinformazione di Farian Sabahi

Testata:Il Giornale - Il Foglio - Il Manifesto
Autore: Gian Micalessin - Daniele Raineri - Farian Sabahi
Titolo: «II messaggio di Israele a Washington. Niente ritorno all'intesa con Teheran - Israele quasi smette la linea dell'ambiguità sui sabotaggi in Iran - Israele attacca la centrale. Catastrofe nucleare sfiorata»
Riprendiamo oggi, 13/04/2021, dal GIORNALE, a pag. 14, con il titolo "II messaggio di Israele a Washington. Niente ritorno all'intesa con Teheran", il commento di Gian Micalessin; dal FOGLIO, a pag. 1, con il titolo "Israele quasi smette la linea dell'ambiguità sui sabotaggi in Iran", il commento di Daniele Raineri; dal MANIFESTO, a pag. 10, con il titolo "Israele attacca la centrale. Catastrofe nucleare sfiorata", il commento di Farian Sabahi.

A destra, la vignetta di Dry Bones: l'Iran colpisce inavvertitamente se stesso e accusa Israele

Ecco gli articoli:

IL GIORNALE - Gian Micalessin: "II messaggio di Israele a Washington. Niente ritorno all'intesa con Teheran"

Come il Mossad sia riuscito a colpire perla terza volta la centrale di Natanz, cuore dei progetti nucleari iraniani, resterà un mistero. Il perché invece è più semplice da spiegare. Basta guardare, da una parte, alle trattative fra i rappresentanti dell'Iran e quelli di Unione europea, Usa, Francia, Inghilterra, Cina e Russia (i cinque componenti permanenti del Consiglio di Sicurezza più l'Ue) in corso dalla scorsa settimana al Grand Hotel di Vienna e, dall'altra, alla visita del Segretario alla Difesa statunitense Austin Lloyd, arrivato in Israele domenica per colloqui con l'omologo Benny Gantz e con il premier Bibi Netanyahu. Al centro dei negoziati di Vienna e di Gerusalemme c'era, seppur con toni diversi, il tentativo di rimettere in piedi l'accordo sul nucleare (Piano d'azione congiunto globale) siglato nel 2015 dall'amministrazione Obama e dalla Repubblica Islamica. Un accordo, affossato nel 2018 da Donald Trump, che Joe Biden ha sempre fatto capire di voler ripristinare. Ma per riuscirci deve vedersela con un Netanyahu convinto che l'intesa sia solo un ipocrita palliativo destinato, nel medio periodo, a regalare l'arma atomica agli ayatollah trasformandoli in una minaccia «esistenziale» per Israele. Un concetto ribadito prima da Gantz e poi dal premier israeliano negli incontri con il Segretario alla Difesa americano. Ma per meglio farsi intendere Bibi s'è fatto precedere dagli ancor più espliciti argomenti del Mossad. E così ecco la misteriosa esplosione che ha distrutto la linea di centrifughe di nuova concezione messa in funzione solo sabato dagli ingegneri di Natanz. Quelle centrifughe dovevano, stando ai tecnici di Teheran, garantire il raddoppio delle riserve di uranio arricchito al 20 per cento portandole dagli attuali 55 chili, già presenti nei depositi, a ben 120 chilogrammi in meno di otto mesi. Non avevano fatto i conti con un Mossad abituato da tempo a contrastare i loro piani. Un'abitudine sviluppata fin dal 2009 quando Stuxnet, un virus informatico progettato con la Cia, infestò i computer di Natanz distruggendo un migliaio di centrifughe. E solo undici mesi fa l'ennesima infiltrazione cibernetica aveva generato un gigantesco incendio all'interno dell'infrastruttura. Ma a fare la differenza è, stavolta, la volontà israeliana di attribuirsi l'operazione. A differenza del passato, fonti dell'intelligence hanno immediatamente segnalato l'origine del nuovo colpo. Il messaggio, indirizzato più agli Usa che non a Teheran, fa capire che una nuova intesa nucleare, favorita dall'alleggerimento delle sanzioni introdotte da Trump, non troverà mai il consenso dello stato ebraico. E che il governo di Netanyahu è pronto a passare dalla guerra segreta allo scontro aperto pur d'impedire all'Iran di dotarsi dell'arma nucleare. In questo risiko i margini d'iniziativa nelle mani di Washington sono veramente pochi. Spetta infatti ai vertici della Repubblica Islamica decidere se sia più conveniente tentare l'ennesima «vendetta», ritualmente promessa ieri dal ministro degli esteri iraniano Mohammad Javad Zarif o far, invece, buon viso a cattivo gioco e continuare le trattative indirette con l'amministrazione Biden per farsi attenuare le sanzioni, ripristinare l'intesa sul nucleare e riaprire la strada agli indispensabili investimenti europei. Ma non è un calcolo facile. Il ritorno all'intesa costringerebbe l'Iran a vivere sotto il pungolo dei continui attacchi di uno stato ebraico che, a giudicare dai fatti, non ha nessuna intenzione di delegare a Biden la propria sicurezza.

IL FOGLIO - Daniele Raineri: "Israele quasi smette la linea dell'ambiguità sui sabotaggi in Iran"

Roma. Sabato era la quindicesima Giornata del nucleare in Iran, dedicata alla celebrazione del programma atomico del paese. Dentro al principale sito per l'arricchimento dell'uranio a Natanz le telecamere hanno filmato i tecnici in camice bianco cantare un inno al nucleare con in mano le foto dei ricercatori uccisi dalla campagna di omicidi mirati dell'intelligence israeliana per rallentare la corsa verso l'atomica. Il governo ha annunciato l'inizio dei test delle nuove centrifughe Ir-9, che saranno 50 volte più veloci delle centrifughe di prima generazione. Ma domenica mattina c'è stato un sabotaggio. Una versione parla di un attacco informatico che avrebbe messo fuori uso il sistema interno che fornisce energia elettrica alle centrifughe - e avrebbe manomesso il sistema in modo così grave da provocare un'esplosione. Una seconda versione pubblicata dal New York Times che ha sentito fonti delle intelligence americana e israeliana sostiene che è esplosa una bomba. In entrambi i casi vuol dire che qualcuno è entrato dentro Natanz perché il sistema elettrico non è connesso a internet. Anche nel 2010 quando l'intelligence israeliana distrusse alcune centrifughe con il virus informatico Stuxnet - le faceva girare in modo irregolare - qualcuno aveva portato il virus dentro al sito. Il portavoce dell'Agenzia atomica iraniana si è rotto le gambe perché è caduto in un condotto dell'aria alto sette metri la cui imboccatura era "coperta dai detriti", quindi possiamo supporre che lo scoppio sia stato potente. C'era stata un'esplosione dentro Natanz a luglio e le immagini provavano che la bomba anche in quel caso era all'interno. Per questo gli iraniani da ottobre costruiscono un sito sotterraneo, che però non sembra immune dai sabotaggi. L'attacco sospende la capacità di arricchire l'uranio a Natanz per nove mesi e quindi toglie agli iraniani la loro arma principale durante i negoziati con l'Amministrazione Biden a Vienna - che possono essere riassunti così: "Se non ci levate tutte le sanzioni come nel 2015, noi acceleriamo l'arricchimento dell'uranio". Israele non commenta, ma la sua antica politica di ambiguità è sempre meno ambigua. Domenica le tv israeliane citavano loro fonti che attribuivano all'intelligence israeliana il sabotaggio. Forse ha a che fare con il fatto che l'Amministrazione Biden passa ai media informazioni sulle operazioni di Israele con l'intento di moderarle, come è successo a marzo con la notizia dei sabotaggi in mare. Il governo israeliano potrebbe aver deciso che a questo punto è meglio ridurre al minimo l'ambiguità e mandare un messaggio di determinazione sia all'Iran sia all'Amministrazione Biden.

IL MANIFESTO - Farian Sabahi: "Israele attacca la centrale. Catastrofe nucleare sfiorata"

Farian Sabahi stravolge la notizia per accusare israele di avere quasi provocato una catastrofe nucleare. Sabahi non è nuova a simili stravolgimenti,
quando collaborava con La Stampa manipolò un'intervista a Abraham B. Yehoshua, il quale smentì con una lettera pubblicata sul quotidiano torinese. In quella circostanza Sabahi fu allontanata dalla Stampa.
Poi ha cominciato a collaborare al Corriere della Sera e al Sole 24 Ore propagandando l'immagine di un Iran moderato che è lontanissima dalla realtà: un "Iran-washing" con cui cerca di ripulire il regime degli ayatollah dai crimini che quotidianamente compie. Oggi la vediamo scrivere sul Manifesto: il posto più indicato per le sue idee.

Per avere maggiori informazioni sul lavoro da lei svolto in Italia, è utile sentire l'opinione dell'opposizione iraniana in esilio nel nostro Paese
.

Ecco l'articolo:

«Poteva essere una catastrofe ambientale, pare che questa volta sia andata bene». E così che il portavoce del ministero degli Esteri di Teheran commenta l'attacco israeliano all'impianto nucleare di Natanz, destinato all'arricchimento dell'uranio. A preoccuparsi per le azioni terroristiche di Israele nei confronti dell'Iran dovrebbe essere però la comunità internazionale: siamo in piena pandemia e non possiamo permetterci l'eventualità della dispersione di materiale radioattivo da una centrale nucleare iraniana.

L'ATTACCO ISRAELIANO è avvenuto domenica, ovvero il giorno dopo la giornata della tecnologia nucleare in cui il presidente iraniano Hassan Rouhani ha inaugurato una linea di 164 cosiddette centrifughe IR-6 e un'altra delle 30 IR-5, installate nel complesso nucleare di Natanz in violazione dell'accordo nucleare del 2015 noto come JCPOA. Domenica all'alba, quello stesso impianto nucleare veniva preso di mira. Secondo quanto riferito dall'intelligence statunitense al New York Times, un'esplosione avrebbe distrutto completamente il sistema elettrico interno all'impianto, ovvero quello che forniva energia alle centrifughe, e ci vorranno no- ve mesi per riparare i danni. La televisione pubblica israeliana Kan cita imprecisate fonti di intelligence secondo cui Israele sarebbe responsabile dell'incidente. Secondo quelle fonti si sarebbe trattato di un'«operazione informatica israeliana che ha coinvolto il Mossad». Secondo tali fonti, il danno causato sarebbe superiore rispetto a quanto riferito in Iran. Intanto, il Consiglio di difesa del governo israeliano viene convocato per domenica prossima, dopo due mesi di pausa, per esaminare le crescenti tensioni con l'Iran. Mentre i funzionari statunitensi e iraniani discutono a Vienna grazie alla mediazione europea e russa, Israele cerca di allontanare lo spettro di un ritorno all'accordo nucleare con Teheran e, nel farlo, gioca sempre più pesante.

LO SCORSO 27 NOVEMBRE il Mossad aveva assassinato in pieno giorno Mohsen Fakhrizadeh, sospettato di guidare il programma nucleare iraniano a scopi militari; il 10 marzo, il 25 marzo e il 6 aprile si sono verificate esplosioni e incendi a bordo di diverse navi iraniane nel mar Rosso, nel mare Arabico e nel Mediterraneo; l'aviazione israeliana ha poi colpito le basi missilistiche siriane in cui i consulenti iraniani fornivano assistenza agli Hezbollah libanesi. Ora, di fronte all'ennesimo attacco israeliano, i pasdaran minacciano vendetta. Secondo l'agenzia di stampa iraniana Nour, affiliata al Consiglio Supremo della Sicurezza Nazionale, il sabotatore sarebbe stato identificato e sarebbe in atto un'operazione per arrestarlo. L'Iran è sotto attacco israeliano, ormai da tempo. Il governo del presidente moderato Rohani ha svenduto la sovranità nucleare senza ottenere, in cambio, la fine delle sanzioni internazionali. In Iran l'inflazione è a due cifre e i prezzi alle stelle. È assai probabile che gli ultraconservatori si aggiudichino la poltrona di presidente nel voto previsto per il 18 giugno.

QUESTO È L'ENNESIMO CAPITOLO della saga nucleare iraniana. Nel luglio 2015 era stato raggiunto un accordo, ma di fatto il Congresso statunitense non aveva mai ratificato l'intesa tra l'Iran e i 5+1 (i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'Onu più la Germania). Con il presidente democratico Barack Obama l'accordo stava in piedi, ma era bastato che alla Casa bianca arrivasse Donald Trump e quel castello di carte era crollato. Biden sembra non voler soffiare sul fuoco mediorientale, ma deve comunque piegarsi ai diktat delle lobby israeliane. E resta la mancanza di fiducia da parte della comunità internazionale nei confronti dell'Iran: alcuni paesi temono che l'obiettivo dei pasdaran sia la bomba atomica, un risultato che le autorità di Teheran dicono di non volere.

A COMPLICARE ULTERIORMENTE la situazione è stata la decisione iraniana di riprendere l'arricchimento dell'uranio nel 2019, esattamente un anno dopo che Trump si era ritirato unilateralmente dall'accordo. In tutto questo, «la politica del governo israeliano è volta a tenere a freno il programma nucleare dell'Iran attraverso sabotaggi e assassini e non crede che gli accordi diplomatici possano avere efficacia», commenta Barbara Slavin dell'Atlantic Council. «Spero che gli iraniani siano ulteriormente incentivati a tornare al Jcpoa e siano disposti a sedersi con gli americani a Vienna, ma temo che l'attacco a Natanz li renda meno flessibili, proprio come vuole Netanyahu».

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