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Corriere della Sera - La Stampa - Il Manifesto Rassegna Stampa
24.03.2021 Israele elezioni: ecco i commenti 2
Davide Frattini, Giordano Stabile, Michele Giorgio

Testata:Corriere della Sera - La Stampa - Il Manifesto
Autore: Davide Frattini - Giordano Stabile - Michele Giorgio
Titolo: «Israele, Netanyahu stavolta intravede una maggioranza - Netanyahu avanti verso un governo con l'estrema destra - Bibi a un passo dal governo»

Riprendiamo oggi, 24/03/2021, dal CORRIERE della SERA, a pag. 20, con il titolo "Israele, Netanyahu stavolta intravede una maggioranza", il commento di Davide Frattini; dalla STAMPA, a pag. 14, con il titolo "Netanyahu avanti verso un governo con l'estrema destra", il commento di Giordano Stabile; dal MANIFESTO, a pag. 9, con il titolo "Bibi a un passo dal governo", il commento di Michele Giorgio.

Ecco gli articoli:

Israel election: Voters decide Netanyahu's fate in fourth poll in two years
Benjamin Netanyahu

CORRIERE della SERA - Davide Frattini: "Israele, Netanyahu stavolta intravede una maggioranza"

La clessidra gigante installata in mezzo a piazza Rabin a Tel Aviv indica lo scorrere delle ore e dei minuti fino alla chiusura delle urne. La sabbia cade e i politici sembrano presi dal panico tutti insieme: avvertono gli elettori di togliersi quella rimasta sul piedi dopo una giornata in spiaggia e di andare a votare. Perché l'affluenza è bassa (e lo rimarrà) e le coalizioni contrapposte sanno che per raggiungere la maggioranza anche i piccoli alleati devono riuscire a superare la soglia minima (3,25%) per entrare in Parlamento. La corsa finale al grido «Oy Gevalt!» (in yiddish suona più o meno «Che paura») questa volta viene interpretata dal premier Benjamin Netanyahu, che ne è il maestro, cercando di spaventare i fedelissimi del Likud e della destra con l'immagine di autobus pieni di sinistrorsi convergenti verso i seggi. Ha scelto di evitare come spauracchio i partiti arabi, usati nelle scorse elezioni, perché potrebbero diventare utili e garantirgli l'appoggio esterno. Gli israeliani sono tornati a votare per la quarta volta in due anni e Netanyahu ha scommesso su questa data, quando ha deciso di andare alla crisi di governo: non poteva essere sicuro che entro la fine di marzo la campagna vaccinale — di cui è stato l'artefice — sarebbe stata un successo. Invece il Paese ha riaperto e ha ripreso una vita quasi normale (i contagiati dal Covid-19 hanno votato in corsia o in locali protetti). Non è bastato a dargli una vittoria netta, almeno secondo gli exit poll: il Likud avrebbe raggiunto tra i 31 e i 33 seggi e non si scosta di molto dalle precedenti sfide. Per formare il governo Netanyahu ha bisogno dei seggi conquistati da Naftali Bennett (tra i 7 e gli 8): il leader di Yamina (A destra) durante la campagna elettorale lo ha definito «un leader fallimentare» ma rispetto agli altri contendenti non ha mai escluso di entrare nella coalizione ed è già stato suo ministro. Il gruppo comprenderebbe anche gli ultraortodossi e politici estremisti con posizioni razziste e omofobe. Il blocco anti-Bibi è guidato da Yair Lapid (C'è un futuro: 16-17) e non può essere definito di centro-sinistra perché per avvicinarsi ai 6r deputati necessari ha bisogno di Gideon Sa'ar (fuoriuscito dal Likud )n opposizione a Netanyahu): si ferma a 5o (59 contando la Lista comune araba) e avrebbe bisogno di Bennett, che dovrebbe accettare (improbabile) di allearsi con i laburisti e Meretz. I due partiti storici della sinistra, a rischio scomparsa, sarebbero riusciti a salvarsi con 6-7 deputati a testa.

LA STAMPA - Giordano Stabile: "Netanyahu avanti verso un governo con l'estrema destra"

Benjamin Netanyahu vede la soglia magica dei 61 seggi alla Knesset, la maggioranza agognata e inseguita in quattro elezioni anticipate in meno di due anni. Gli exit poll, ieri sera, davano il suo Likud a quota 31 e soprattutto i quattro possibili alleati della destra nazionalista e religiosa a 30 deputati nel complesso. Quanto basta per formare il governo più spostato a destra nella storia di Israele e consegnare alla storia il premier più longevo dello Stato ebraico, con un sesto mandato. E pure spianare la strada a un "salvacondotto giudiziario" che gli eviti l'onta di una condanna per corruzione. E il premier ha subito cantato vittoria su Twitter: "Grazie israeliani! Avete dato al Likud e alla destra una vittoria gigantesca sotto la mia leadership. Gli israeliani vogliono sicurezza, salute, un'economia forte". Tutto un programma riassunto in poche battute. A permettergli di vincere una scommessa che sembrava impossibile sono stati due fattori. La fulminea campagna di vaccinazione, con oltre metà della popolazione immunizzata, record mondiale. E la frammentazione del centro e della sinistra. Il grande avversario delle ultime tre tornate, Benny Gantz, si è fermato a soli 8 seggi con il suo Kahol Lavan, un tracollo rispetto a un anno fa. L'altro centrista, Yair Lapid, ha visto il suo Yesh Adit crescere a 17 seggi ma il complesso il fronte dei moderati è in calo, perché la nuova formazione Tikva Hadasha, Nuova Speranza, nata da una scissione dal Likud dell'astro nascente Gideon Moshe Saar, si è fermata a 6 seggi. Più a sinistra Labour e Meretz raccolgono insieme 13 posti. Il blocco anti-Netanyahu si ferma così a 52, compresi i partiti arabi, che scendono da 15 a 8. L'affluenza è stata del 67,2 per cento, il peggior risultato dal 2009, e molto più bassa fra gli arabi. Tutto cospira a favore di King Bibi, anche la stanchezza dei cittadini chiamati alle urne in continuazione. Fatto sta che il suo blocco raccoglie, in base agli exit poll, 61 seggi. Ai 31 del Likud vanno aggiunti gli 8 di Shas, ultraortodossi sefarditi, i 7 di Yamina di Naftali Bennett, altri 7 di United Torah Judaism e altrettanti del gruppo di estrema destra Religious Zionism. E' una maggioranza sul filo, che lo spoglio definitivo, atteso per la sera di oggi, potrebbe ancora ribaltare. Ma se confermata porrebbe Netanyahu davanti a un solo ultimo ostacolo. Convincere Bennett a sostenerlo. Tl leader della destra laica ha subito detto che il suo appoggio "non è acquisito", e non vede di buon occhio i religiosi, e soprattutto la nuova formazione Religious Zionism, nata dalle ceneri del cosiddetto Kahanismo, un movimento con accenti razzisti e omofobi, guidato dal controverso Itamar Ben-Gvir. Con una maggioranza naturale a portata di mano, però, il premier ha le carte, in nome della "stabilità", per convincere Bennett, che in campagna elettorale non ha mai escluso di poter entrare in un governo con lui, a differenza di Gantz, Lapid e Saar. Sulle annessioni in Cisgiordania, per esempio, Bennett si spinge più in là del Likud, e vorrebbe prendersi quasi tutti i Territori "in Samaria e Giudea". Mentre i "kahanisti" propongono addirittura di espellere "gli arabi sleali". In alternativa ci potrebbero essere i sette deputati di Israel Beiteinu di Avigdor Lieberman, più ostico però. I centristi avevano fiutato il pericolo. Mentre Gantz chiedeva di ritardare la chiusura dei seggi, Lapid e Saar avvertivano che una maggioranza così oltranzista avrebbe aperto le porte alla legge per attribuire l'immunità al premier e quindi proteggerlo dal processo per corruzione in corso. La settimana prossima ci dovrebbe essere una nuova udienza, e "King Bibi" conta di arrivarci con la corazza di un'investitura popolare. Inimmaginabile fino a pochi mesi fa.

IL MANIFESTO - Michele Giorgio: "Bibi a un passo dal governo"

Gli exit poll del quarto voto in appena due anni non danno certezze a Israele. O meglio, non ancora abbastanza: con 59 seggi il Likud del premier Netanyahu e i suoi alleati di ferro (i partiti religiosi e l'ultradestra, vera vincitrice di questa tornata elettorale con 7-8 seggi) è a un passo dai 61 scranni parlamentari necessari a garantirsi una maggioranza di governo. Il fronte avverso si ferma a 54. A decidere del destino del primo ministro più longevo della storia di Israele sarà Yamina, il partito nazionalista religioso del super-falco Bennett, già membro in passato di esecutivi a guida Likud. I suoi sette seggi dicono che sarà l'ago della bilancia di questa elezione, che registra un'affluenza inca lo nonostante le misure anti-Covid e le urne ai drive-in per gli israeliani in quarantena. Gli altri dati significativi, seppur attesi, sono il crollo di Gantz, la semi-sparizione della sinistra e il calo della Lista araba che passa da 15 seggi a otto dopo l'uscita degli islamisti di Raam. Il partito, che aveva già ventilato appoggio esterno a Netanyahu, non entrerà nemmeno in parlamento. Se il partito nazionalista religioso Yamina accetterà di far parte di un governo guidato dal Likud, Benyamin Netanyahu avrà i 61-62 seggi necessari per formare una nuova maggioranza di destra (estrema) e mettere fine allo stallo politico che paralizza Israele dal 2018. Così indicavano tutti gli exit poll diffusi ieri sera alle 22 alla chiusura della consultazione elettorale, la quarta in due anni. Il campo anti-Netanyahu avrebbe 59 seggi, quello che fa riferimento al premier, 54.

CON I SUOI SETTE SEGGI Yamina è l'ago della bilancia ma il suo leader, Naftali Bennett, un falco, è ideologicamente più vicino a Netanyahu che al suo principale avversario, il centrista Yair Lapid (Yesh Atid). Della nuova Knesset farà parte anche la lista Sionisti religiosi (6-7 seggi) che include Otzma Yehudit erede del partito razzista di estrema destra Kach. Sempre secondo gli exit poll due partiti destinati a sparire - Blu Bianco di Benny Gantz e il Meretz (sinistra sionista) - avrebbero ottenuto abbastanza voti per entrare in parlamento. Otto sarebbero i seggi conquistati dalla Mustarake, Lista unita araba, data per spacciata nel tardo pomeriggio a causa della bassa affluenza nei centri palestinesi.

GLI ESITI DEGLI EXIT POLL sono stati presi con le molle più che nelle precedenti tre consultazioni, specie per il risultato dei partiti più piccoli posizionati a cavallo della soglia di sbarramento. A causa della pandemia le autorità israeliane hanno dovuto allestire centinaia di seggi elettorali speciali per i contagiati, i malati di Covid-19 e per coloro che sono in quarantena. Circa un decimo dei sei milioni e mezzo di elettori non erano chiamati a votare nei seggi abituali ma in quelli a distanza («doppia busta»). Gli exit poll potrebbero essere meno affidabili in questa occasione anche se i sondaggisti nei giorni scorsi rassicuravano pubblico e media. Si attende lo spoglio effettivo delle schede. Il risultato ufficiale sarà comunicato nel fine settimana.

LE CONSEGUENZE della bassa affluenza alle urne sono state il tema centrale della giornata. La più significativa, non solo dal punto di vista politico, si è avuta per palestinesi con cittadinanza israeliana. Delusi dalle profonde fratture nella Lista unita araba sfociate nell'uscita degli islamisti di Raam, demotivati dal peso nullo delle formazioni arabe nella vita politica nazionale, attirati dalle promesse dei partiti sionisti, immemori della legge che definisce Israele-Stato della nazione ebraica e non di tutti i suoi cittadini, gli elettori arabo israeliani hanno disertato le urne. Ha fallito Mansour Abbas, leader di Raam, che ieri con spavalderia ribadiva di «non avere preclusioni» e di essere pronto a collaborare con qualsiasi premier israeliano `disposto a risolvere i problemi della minoranza araba». In realtà si riferiva solo a Netanyahu con il quale ha avviato nei mesi scorsi un inedito dialogo politico. Il voto ha punito la sua scelta.

«SPERIAMO sia l'ultima tornata elettorale. Non restate a casa, andate a votare», ha ripetuto per tutto il giorno anche Netanyahu che, dopo aver pregato al Muro del Pianto a Gerusalemme, si è esibito in rapide apparizioni su Facebook e Tik Tok. Ha anche telefonato a sindaci e attivisti in tutto il paese per esortarli a fare di più perché, a suo dire, i sostenitori dei suoi rivali andavano alle urne in gran numero a differenza dei simpatizzanti del Likud.

NELLE ELEZIONI DEL 2015 usò termini ben più crudi per sollecitare gli elettori ebrei per contrastare la partecipazione al va to dei cittadini arabi. Ma la «Vaccination Nation», l'etichetta che il premier di destra ha coniato per sottolineare il successo della campagna vaccinale promossa dal suo governo, alle urne per la quarta volta in due anni non aveva proprio va glia di andarci. Tra i timori per il virus, il desiderio di stare all'aperto, di andare al ristorante e in spiaggia dopo mesi di chiusure—secondo l'ultranazionalista Bezalel Smotrich, anche per le «pulizie di casa» in vista dell'imminente Pasqua ebraica — una fetta significativa degli oltre sei milioni e mezzo di elettori ha preferito disertare il voto. «E’ il momento della verità — ha esortato Yair Lapid nella speranza di scuotere gli elettori — Ci sono solo due opzioni: o un governo di Yesh Atid o un governo oscurantista, pericoloso, razzista e omofobo che prenderà i soldi da chi lavora per darli a chi non lavora».

MA NETANYAHU, al quale si riferiva, con ogni probabilità resterà al posto che occupa ininterrottamente dal 2009 confermandosi il premier più longevo della storia di Israele. In serata da Gaza hanno lanciato un razzo — è caduto in aperta campagna — in direzione di Bersheeva proprio durante la visita di Netanyahu.

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