Riduci       Ingrandisci
Clicca qui per stampare

La Repubblica - La Stampa Rassegna Stampa
28.11.2020 Iran: che cosa significa l'eliminazione dello scienziato del regime che lavorava alla bomba atomica?
Sharon Nizza intervista Yossi Kuperwasser, Francesco Semprini intervista Daniel Pipes

Testata:La Repubblica - La Stampa
Autore: Sharon Nizza - Francesco Semprini
Titolo: «'Gli ayatollah devono scegliere, ogni violenza può danneggiare i futuri rapporti con Biden' - Pipes: 'Blitz israeliano coordinato con Trump per ostacolare Biden' -»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 28/11/2020, a pag. 17, con il titolo 'Gli ayatollah devono scegliere, ogni violenza può danneggiare i futuri rapporti con Biden', l'intervista di Sharon Nizza a Yossi Kuperwasser; dalla STAMPA, a pag. 17, con il titolo "Pipes: 'Blitz israeliano coordinato con Trump per ostacolare Biden' ", l'intervista di Francesco Semprini a Daniel Pipes.

Ecco gli articoli:

LA REPUBBLICA - Sharon Nizza: 'Gli ayatollah devono scegliere, ogni violenza può danneggiare i futuri rapporti con Biden'

Immagine correlata
Sharon Nizza

VOA Persian Exclusive Interview with Yossi Kuperwasser - YouTube
Yossi Kuperwasser

Tel Aviv – Nel 2018, esponendo l’archivio rubato dagli agenti del Mossad infiltratisi nel cuore del programma nucleare iraniano, Netanyahu aveva rivelato una foto di Mohsen Fakhrizadeh. “Ricordatevi questo nome”, aveva detto. Un nome che nella comunità di intelligence avevano bene impresso in mente, ancora dagli anni ’90 con l’avvio del programma Amad. Ne parliamo con il generale Yossi Kuperwasser, analista del Jerusalem Center for Public Affairs, già direttore dell’unità di ricerca dell’intelligence militare israeliana.
L’assassinio del padre del programma nucleare infligge un colpo determinante ai piani iraniani? E’ stato colpito un simbolo, l’enciclopedia del progetto, la massima figura che aveva la visione di insieme. Ed era anche un membro delle Guardie Rivoluzionarie. Non sarà facile sostituirlo. Questo non significa però che il progetto nucleare per forza subirà un rallentamento: ognuno degli esperti di un progetto così complesso è in grado di continuare a fare la sua parte. In Iran si urla alla vendetta.
Cosa si deve aspettare Israele? Penso in Iran siano di fronte a un grande dilemma. Teheran ha grandi aspettative rispetto all’ingresso di Biden alla Casa Bianca. Una reazione ora potrebbe danneggiare la carta diplomatica che sono in procinto di giocarsi. Oltre a rischiare un ulteriore colpo che potrebbe essere feroce, se è vero, come ha scritto il New York Times pochi giorni fa, che Trump valuta un attacco alla centrale di Natanz prima della fine del mandato. D’altro canto, anche non fare nulla significa dimostrare ulteriore vulnerabilità, e di certo anche questo è molto pericoloso per loro, perché può essere l’apertura ad altre operazioni.
Israele dovrebbe aspettarsi ora un’escalation ai suoi confini? Colpire Israele e gli USA fa parte dei loro programmi quotidiani, lo vediamo in Siria, in Iraq, a Gaza. Ma in questo caso, sarebbe più pensabile un’azione diretta, non per procura. Dopo l’omicidio di Soleimani, hanno lanciato missili a obiettivi americani in Iraq. Potrebbe esserci un attentato contro un’ambasciata israeliana o americana. Nello scambio di prigionieri per rilasciare la giornalista australiana, gli iraniani rilasciati erano coinvolti in un tentativo di attentato contro diplomatici israeliani in Thailandia. Un attacco in pieno giorno. Come accaduto con Al Masri ad agosto.
E a luglio il sabotaggio della centrale di Natanz: sono azioni che indicano infiltrazioni nel profondo del regime? Di certo sono operazioni che rivelano grande temerarietà, capacità di penetrazione nel cuore del regime e determinazione di agenti stranieri a frenare le ambizioni nucleari iraniane.
L’incontro tra Netanyahu, Mbs e Pompeo in Arabia Saudita domenica assume una valenza diversa oggi? Di certo l’incontro era mirato a rafforzare la necessità di contrastare il programma nucleare iraniano. Ma difficile credere che siano andati a fondo di dettagli operativi di questo genere, la costruzione della fiducia è un percorso lungo.
Come intende agire Israele rispetto alla possibilità di un ritorno a un accordo sul nucleare nell’epoca Biden? Israele non è contro le trattative, la domanda è qual è l’obiettivo. Se tornare al Jcpoa, allora di certo Israele non nasconde la propria opposizione. Un accordo accettabile deve impedire all’Iran la possibilità di produrre armi nucleari. Ossia, l’Iran deve rinunciare all’arricchimento dell’uranio.

LA STAMPA - Francesco Semprini: "Pipes: 'Blitz israeliano coordinato con Trump per ostacolare Biden' "

Risultati immagini per francesco semprini
Francesco Semprini

Daniel Pipes - Home | Facebook
Daniel Pipes

Credo si tratti di un'azione israeliana coordinata con gli Stati Uniti. Donald Trump vuole fare terra bruciata attorno a Joe Biden in vista di una sterzata nei rapporti tra Washington e Teheran». Questa è la lettura dell'uccisione di Mohsen Fakhrizadeh-Mahabadi, da parte di Daniel Pipes, presidente del Middle East Forum.
Che idea si è fatto di quanto accaduto? «Israele ha dimostrato in passato di avere gli strumenti e le capacità per poter condurre operazioni di questo genere specie proprio in Iran».
A cosa si riferisce in questo caso? «Immagino che in questo caso sia stata utilizzata il canale azero. Il governo di Baku ha un ottimo rapporto con Israele dal quale fra l'altro riceve forniture militari importanti e questo consente all'intelligence dello Stato ebraico di aver conoscenza del territorio azero. L'Azerbaijan è legato all'Iran visto che la popolazione è, per la maggior parte, musulmana sciita. Questo garantisce i buoni rapporti con Teheran e l'accesso ai territori della Repubblica islamica. E questo è un ottimo ponte per gli 007 israeliani, un vantaggio tattico per condurre questo genere di operazioni».
Come possiamo inquadrare questa operazione qualora fosse accertata la matrice israeliana? «Nella ferma volontà di Israele di neutralizzare gli sforzi degli ayatollah di dotarsi di una bomba atomica. Volontà che vede Israele agire da quattro anni in piena sintonia con l'amministrazione Trump. È chiaro che tutta la politica del 45° presidente Usa nella regione mediorientale è volta a indebolire e isolare la Repubblica islamica. E questo è stato possibile grazie alla triangolazione con Israele e le monarchie sunnite del Golfo che ha poi prodotto gli accordi di Abramo».
Da gennaio però alla Casa Bianca ci sarà Joe Biden... «E infatti gli sforzi di Trump sono tesi a rendere il più complicato possibile al successore cambiare il corso delle relazioni con l'Iran».
Pensa che Biden tenterà di riaprire la partita del nucleare puntando a rientrare nel Joint Comprehensive Plan of Action (Jcpoa)? «In tutta onestà credo che rientrare nel Jcpoa sarebbe assai difficile per gli Usa. Il prezzo da pagare è troppo alto perché le condizioni poste da Teheran sarebbero davvero gravose. Ne deriverebbe un danno a livello strategico ma anche di immagine per Washington. Credo che l'amministrazione Biden si muoverà sulla linea della diplomazia in vista di una progressiva de-escalation delle tensioni tra i due Paesi. Cosa questo comporterà in termini di concessioni e impegni non lo so, bisognerà vedere quali tipo di rinunce fattuali vorrà fare l'Iran».
Però all'insediamento di Biden mancano 53 giorni.... « E credo che Trump li utilizzerà tutti per far progredire l'agenda sul contrasto allo sviluppo dell'arma atomica da parte di Teheran in coordinamento con Israele. E al contempo di fare terra bruciata attorno a Biden in vista del suo arrivo, per complicare ogni cambio di passo, a partire proprio dal dossier sul nucleare iraniano».

Per inviare la propria opinione ai quotidiani, telefonare:
La Repubblica 06/49821
La Stampa 011/65681

Oppure cliccare sulla e-mail sottostante

rubrica.lettere@repubblica.it
lettere@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui