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La Stampa - Nazione/Carlino/Giorno - Corriere della Sera Rassegna Stampa
29.10.2020 Il Sultano Erdogan contro la libertà
Commenti di Elena Loewenthal, Giovanni Serafini, Monica Ricci Sargentini

Testata:La Stampa - Nazione/Carlino/Giorno - Corriere della Sera
Autore: Elena Loewenthal - Giovanni Serafini - Monica Ricci Sargentini
Titolo: «La libertà è l'arma fondamentale della nostra civiltà - Vignette su Erdogan, la furia islamica. A Teheran bruciano le foto di Macron - E adesso Erdogan querela Charlie»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 29/10/2020 a pag.15, con il titolo "La libertà è l'arma fondamentale della nostra civiltà", il commento di Elena Loewenthal; da NAZIONE/CARLINO/GIORNO, a pag. 11, con il titolo "Vignette su Erdogan, la furia islamica. A Teheran bruciano le foto di Macron" il commento di Giovanni Serafini; dal CORRIERE della SERA, a pag. 20, il commento di Monica Ricci Sargentini dal titolo "E adesso Erdogan querela Charlie".

Complimenti a Elena Loewenthal per un articolo interessante e coraggioso. Che la Stampa sia rinsavita dopo la virata terzomondista e anti-Trump voluta da Giannini?

Ecco gli articoli:

LA STAMPA - Elena Loewenthal: "La libertà è l'arma fondamentale della nostra civiltà"

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Elena Loewenthal

Il fondamentalismo dei giorni nostri è quello di sempre: trasforma il passato in una minaccia e invoca crociate in formato «double face», comode per rivalse millenarie, come ha appena fatto Erdogan. Mozza una testa per una lezione di scuola. Stabilisce simmetrie bislacche, come quella che dovrebbe passare fra la negazione di un fatto storico - la Shoah - e l'insulto al Profeta: così twitta Khamenei. Il fondamentalismo dei giorni nostri è lo stesso di sempre: nega l'evidenza ancor prima della realtà. Il grande Amos Oz diceva che il fanatico è in fondo un generoso: sa esattamente dove stanno la verità e il bene ed è ansioso che lo sappiano anche tutti gli altri, a costo di decapitarli. Il fondamentalismo che in questi nostri giorni sbraita perché non ammette l'esistenza di civiltà alternative alla sua, di civiltà (per così dire), ha un vantaggio: è terribilmente facile da decodificare. Non ammette altro che la propria verità. Tutto diventa irrimediabilmente semplice: il bene sta tutto da una parte, il male tutto dall'altra. Anche la libertà d'espressione è ammessa, a patto che ce l'abbia il fondamentalista e non il prossimo. Charlie Hebdo è meritevole di annientamento perché esercita questa libertà. La stampa di regime - in Iran così come in Turchia - ha invece tutto il diritto di disegnare quello che gli pare, perché il suo è un dettato di verità. Questo manicheismo della semplicità - tutto il bene da una parte, tutto il male dall'altra-ha per presupposto la negazione della libertà. La libertà è pericolosa perché per un verso insidia questo schema così semplice, per l'altro ammette le sfumature: quell'osmosi fra dubbio e certezza, fra giusto e sbagliato, che è il presupposto di una visione del mondo tutta diversa da quella che hanno i fondamentalismi. Un antico detto ebraico (sic!) spiega che il più grande miracolo mai fatto dal Creatore in questo mondo è quello di essere riuscito fino ad ora (e speriamo anche nel futuro) a non fare due individui perfettamente uguali. Malgrado una matrice comune, siamo tutti diversi: in parole povere, il mondo è bello perché è vario. Questo è il presupposto di un mondo che considera la libertà un valore, perché la libertà ammette la complessità. E la ama, la considera il primo valore da preservare. E la libertà esige a sua volta la responsabilità - tanto individuale quanto collettiva - di riconoscere e rispettare la diversità dell'altro. Prima di far capire tutte queste cose al fondamentalista, prima di convincerlo a sbarazzarsi di quella sua perniciosa semplicità, bisogna spiegare a lui - e a noi stessi - che la libertà è prima di tutto l'arma più formidabile che la nostra civiltà possiede. Che la libertà non è la nostra fragilità ma la nostra forza, e per questo va difesa come il bene più prezioso mai conquistato.  

NAZIONE/CARLINO/GIORNO - Giovanni Serafini: 'Vignette su Erdogan, la furia islamica. A Teheran bruciano le foto di Macron'

E’ una crociata, ma in direzione opposta rispetto a quelle storiche. A scagliarsi contro la Francia e l'Unione europea è il «Sultano piromane» Recep Tayyip Erdogan: mettendo sotto accusa la presunta islamofobia occidentale, il presidente turco tenta di accreditarsi come leader e difensore del mondo musulmano. La ferma presa di posizione di Macron contro il «separatismo», la condanna della radicalizzazione islamica, la difesa a oltranza di Charlie Hebdo e del diritto di satira, stanno scatenando un incendio di proporzioni colossali. «Vedo che l'odio contro l'Islam, i musulmani e il profeta Maometto si diffonde come un cancro tra i politici europei. Vorrebbero rilanciare le crociate», ha dichiarato Erdogan, più che mai irritato dall'ultima caricatura del settimanale francese che lo ritrae sul divano in maglietta e mutande, con una lattina in mano, mentre solleva il chador scoprendo i glutei di una donna che trasporta due calici di vino. «Non ho niente da dire contro queste canaglie, quella vignetta non ho neanche voluto vederla», ha commentato il presidente turco. II ministero degli Esteri di Ankara ha annunciato «necessarie azioni diplomatiche», mentre la magistratura ha aperto un procedimento penale contro Charlie Hebdo. Proteste vigorose sono state espresse dalla Guida suprema dell'Iran, Ali Khamenei: «Il sostegno di Macron alle vignette che insultano il Profeta è un atto stupido. Quella che lui definisce libertà di espressione è un inaccettabile oltraggio al Messaggero di Dio», ha commentato. Ieri a Teheran davanti all'ambasciata francese i manifestanti hanno bruciato bandiere e foto di Macron, rappresentato con sembianze sataniche e accostato a Salman Rushdie, lo scrittore anglo-indiano colpito da una fatwa dell'ayatollah Khomeini nel 1989. II primo ministro pakistano Imran Khan ha a sua volta attaccato la Francia, accusata di «incoraggiare l'islamofobia». Manifestazioni ostili di folla si stanno allargando a macchia d'olio in tutto il mondo islamico, dall'Iran all'Egitto, dove il presidente Abdel Fattah al-Sisi ha condannato «gli insulti ai profeti». Proteste anche in Libia e nei territori palestinesi, in particolare nella striscia di Gaza dove i manifestanti hanno bruciato fotografie di Macron. Numerosi paesi arabi hanno accolto l'invito di Erdogan a boicottare i prodotti francesi: nel Kuwait i formaggi francesi e altri generi alimentari biancorosso-blu sono stati ritirati dalla vendita. 430 agenzie del Golfo Persico hanno sospeso le prenotazioni dei voli per Parigi. La Francia «non rinuncerà mai ai suoi principi e ai suoi valori, nonostante i tentativi di destabilizzazione e c'intimidazione», ha dichiarato il portavoce del governo Gabriel Attal, L'Unione europea - in particolare la Danimarca che fu il primo Paese a pubblicare le vignette di Maometto nel 2006 - ha espresso pieno sostegno a Macron. In vista del Consiglio europeo di dicembre Parigi chiede sanzioni contro Ankara: lo ha annunciato Clement Beaune, segretario di stato francese per gli Affari europei. «Spingeremo a favore di forti reazioni europee, compreso il possibile strumento delle sanzioni. Erdogan sta rivelando una strategia complessiva che consiste nel moltiplicare le provocazioni a tutto campo», ha detto Beaune. Alla base dell'atteggiamento del presidente turco c'è, secondo molti analisti, il tentativo di ritrovare il consenso popolare perduto: secondo l'istituto Avrasya se si votasse oggi Erdogan otterrebbe il 38,7 per cento dei voti contro il 41,9 del suo rivale, il sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu.

CORRIERE della SERA - Monica Ricci Sargentini: "E adesso Erdogan querela Charlie

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Monica Ricci Sargentini

Recep Tayyip Erdogan sbracato su una sedia, in mutande e maglietta, la pancia di fuori, che alza il vestito di una donna velata fino a scoprirle il fondoschiena e grida: «Oh! Il profeta!». E la vignetta che ieri Charlie Hebdo ha pubblicato in copertina, proprio mentre infuria la polemica tra la Turchia e la Francia sulla libertà di espressione. II presidente turco non l'ha presa bene. «Non ho neppure guardato questa caricatura», ha detto, «perché mi rifiuto di dare importanza a queste pubblicazioni immorali. Non c'è nulla da dire su queste canaglie». II «Sultano» Erdogan non è rimasto proprio impassibile e, come è nel suo stile, ha presentato una querela per vilipendio e diffamazione nei confronti del direttore, del caporedattore e del caricaturista autore della vignetta a cui si è aggiunta l'apertura di un procedimento penale d'ufficio da parte della Procura di Ankara. La replica dell'Eliseo non si è fatta attendere. La Francia «non rinuncerà mai ai suoi principi e ai suoi valori», malgrado «i tentativi di destabilizzazione e di intimidazione», ha dichiarato il portavoce del governo Gabriel Attal. II settimanale francese è da anni nel mirino dell'Islam radicale per la sua satira su Maometto e nel 2015 ha subito un attentato in cui morirono 12 persone. Dopo il brutale assassinio del professor Samuel Paty, il 16 ottobre, Macron aveva promesso una guerra senza quartiere ai «nemici della Repubblica». Ieri, durante il Consiglio dei ministri, è stata dissolta l'associazione musulmana BarakaCity e i suoi dirigenti hanno subito dichiarato di voler chiedere asilo in Turchia. Nei giorni scorsi Erdogan aveva accusato il suo omologo francese di avere «problemi mentali» e paragonato la persecuzione dei musulmani in Europa a quella degli ebrei durante il nazismo. Dichiarazioni forti che, ieri, ha reiterato: «La Francia e l'Europa non meritano politici come Macron e quelli che condividono la sua mentalità», che «vorrebbero rilanciare le Crociate contro l'Islam». Ora Parigi chiede alla Ue di preparare sanzioni contro Ankara in vista del Consiglio europeo di dicembre. Intanto a Parigi il delegato interministeriale francese per la lotta al razzismo ha denunciato alla giustizia il tweet del sottosegretario turco alla Cultura Serdam Can che aveva definito «bastardi» i giornalisti di Charlie Hebdo.

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