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La Repubblica - Il Foglio Rassegna Stampa
26.08.2020 Usa verso il voto: 'Per questo Trump vincerà ancora'
Mario Platero intervista James Higgins, commento di Stefano Pistolini

Testata:La Repubblica - Il Foglio
Autore: Mario Platero - Stefano Pistolini
Titolo: «James Higgins: 'Ha mantenuto le promesse per questo Donald vincerà' - Per ora meglio il Gop»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 26/08/2020, a pag.15, con il titolo "James Higgins: 'Ha mantenuto le promesse per questo Donald vincerà' ", l'intervista di Mario Platero a James Higgins; dal FOGLIO, a pag. III, il commento dal titolo "Per ora meglio il Gop" di Stefano Pistolini.

A destra: Donald Trump

Ecco gli articoli:

LA REPUBBLICA - Mario Platero: "James Higgins: 'Ha mantenuto le promesse per questo Donald vincerà' "

Immagine correlata
Mario Platero

«Ce la può fare». Non c’è repubblicano sintonizzato con la Convention virtuale di Charlotte che la pensi diversamente: «Trump vincerà contro Joe Biden». Noi tutti, lettori di recenti cronache poco lusinghiere per l’immagine del presidente americano avremmo qualche dubbio. L’accusa (sincera) della sorella Maryanne di essere un uomo senza principi, l’arresto del suo ex fidato consigliere Steve Bannon, e ben altro, dovrebbe incrinare l’aurea di invincibilità. Ma Trump non fa una piega. La sua convention virtuale dalla Casa Bianca funziona, la base è in adorazione. Ne parliamo con James Higgins, fondatore e animatore dei Monday Meetings un cenacolo di repubblicani a New York. Higgins è un intellettuale repubblicano dell’Est. Molti di loro hanno abbandonato Trump. Lui no.

James Higgins | C-SPAN.org
James Higgins

Come è possibile che i repubblicani appoggino ancora un "bugiardo senza princìpi" come dice la sorella di Trump? «Propaganda. Sappiamo distinguere. Per noi è un politico che ha mantenuto le promesse elettorali. Non si lasci distrarre dalla stampa "liberal", dalle bugie del New York Times. Al contrario dei suoi predecessori Trump ha mantenuto la maggioranza delle promesse fatte a chi l’ha votato: ha nominato i giudici giusti, è stato sempre coerente con la sua posizione pro life, sta costruendo il muro, ha deregolamentato, ha tagliato le tasse, ha spostato l’Ambasciata americana a Gerusalemme, ha alzato il tiro contro i soprusi economici della Cina. L’economia è cresciuta. Contano i fatti, il resto è fuffa».
Un fatto, grave, è il fallimento di Trump nel gestire la crisi Covid-19. «Ha fatto quel che poteva considerando le circostanze. Parliamone fra due mesi, con l’economia in ripresa e un vaccino in arrivo».
Resta il fatto che Trump è in serie difficoltà. «E’ vero, i sondaggi non sono favorevoli, ma da qui a novembre ce la farà. Quel che voi giornalisti non avete capito che in questo paese è in corso una guerra di classe. Trump rappresenta la classe dei lavoratori contro le élite, contro i poteri forti».
E’ la solita teoria del complotto priva di fondamento. «Non per noi. Un esempio: quando Trump chiede una riforma sanitaria vera, contro i gruppi farmaceutici, che caricano prezzi esorbitanti per le medicine, tocca gli interessi di potenti lobby. Di un sistema economico corrotto. Moltiplichi questo per molti settori e capirà perché lo odiano. Certo c’è anche un fattore comportamentale: ma chi si scandalizza? Le élite. Non i lavoratori della Middle America che lo adorano».
Mi sembra ci siano incrinature evidenti. David French, fra gli evangelisti - e i moltissimi "repubblicani per Biden". «Moltissimi? Ma che dice? Qualunque sondaggio mirato dà a Trump il 96% del partito! Mai successo prima. E oltre l’80% degli evangelisti voterà per Trump come quattro anni fa. "Repubblicani per Biden"? Ho appena visto una lista, nessuno dice che la metà di loro sono lobbisti in difficoltà. Sono in una palude, non contano nulla e non se ne accorgono. Per non parlare del Lincoln Project: che George Conway, il marito di Kellyanne (consigliera di Trump) sia stato il fondatore del movimento mi dà il voltastomaco. In quanto a David French non metto in dubbio la sua buona fede, ma non fa l’interesse degli evangelisti».
In politica estera Trump sta minando alla base il sistema multilaterale, chiave per l’ascesa americana negli ultimi 70 anni. «Al contrario, io vedo un presidente che scuote l’immobilismo conformista anche in politica estera: con la Cina, con le organizzazioni multilaterali, dove pesano interessi politici contro l’America, e con la scelta di Gerusalemme come capitale di Israele».
Non so come Trump, si difenderà nei dibattiti. «Non sono sicuro che ci saranno. Ha visto che grandi manovre sono in corso? Si vogliono porre limiti e paletti, tutto per costringere alla rinuncia. Tom Friedman sul New York Times chiede che ci sia un controllore per verificare la veridicità istantanea delle risposte!! Hanno paura del confronto diretto perché Trump divorerebbe Biden».

IL FOGLIO - Stefano Pistolini: "Per ora meglio il Gop"

Sul Foglio è impossibile riferire valutazioni positive quando di mezzo c'è Trump. Ci prova Pistolini, infilzandole con enorme cautela, mescolate agli insulti doverosi, che da 4 anni non mancano quasi quotidianamente.   

Roma. "Attenti!". State attenti a cid che fate, a chi scegliete, perché il futuro dell'America passa per questa scelta capitale. E il vostro è un voto a un bivio: se sbagliate, consegnate la nazione alla rovina. E' l'unico punto in comune che le convention dei partiti in corsa per la Casa Bianca hanno palesato, nella sostanziale diversità di approccio alla competizione elettorale. A riprova che il paese sia in crisi psicologica come mai prima, il tono degli appelli ha sfiorato a più riprese la comunicazione paranoica: "Se non cacciamo Trump sarà il disastro" vs. "se consegniamo il paese a Biden sarà la morte del sogno americano". La paura è la protagonista di questa fase del confronto: da un lato il "badate a ciò che svanirà, non confermando Trump, vera anima dell'America", qualsiasi sia quest'impalpabile anima e i peccati che la macchiano. Dall'altra parte: "Se Trump vincerà, il paese sprofonderà negli impresentabili errori" di cui sarebbe disseminato l'ultimo quadriennio, smantellamento della salute pubblica, disfatta del Covid, l'oscena rappresentazione del razzismo e la sua crescente polarizzazione. Non più promesse e programmi, solo ammonizioni assolute: il "difendete cid che avete" contro il "riappropriatevi di cid che avevate". Dal punto di vista formale e della rappresentazione, le due convention si sono presentate subito diverse. Quella democratica è stata il frutto della attenta progettazione e regia d'un prodotto pensato per la tv, o comunque per il consumo digitale, su qualsiasi piattaforma disponibile. Interventi più brevi di quelli repubblicani, ritmo e intervalli d'intrattenimento, contributi coreografati con un effetto di perfezione che ha comunicato però una percepibile freddezza. Ciascuno speaker parlava da casa sua, su testi accuratamente provati e registrati in un evento posato, organizzato, studiato a tavolino. Un effetto conclusivo di chiarezza, ma anche di limitato impatto emotivo. E forse un'occasione perduta in uno dei principali obbiettivi alle viste: il coinvolgimento dell'elettorato. I repubblicani si sono presentati in modo più confusionario ma più veemente, come un plotone d'assediati, impegnati nella difesa del forte. I discorsi più importanti - quelli che William Kristol ha definito il prodotto non più della linea del partito repubblicano, ma del "culto di Trump" - in particolare quelli di Donald Trump Jr. e di Nikki Haley (star della prima serata) sono stati tutti pronunciati dal palco imbandierato al Mellon Auditorium di Washington, alternati ai contributi pre-registrati di vari sostenitori della causa, dai più diversi angoli della geografia fisica e sociale della nazione. Poi ha fatto la sua prima apparizione Trump, che ogni giorno andrà in scena da autentico caudillo del movimento, fino al discorso di accettazione della nomination che pronuncerà dal prato della Casa Bianca (forzatura etica non trascurabile), atto finale di una controffensiva che non farà prigionieri e che sta giocando su un piano assai meno strategico, ma più emotivo della comunicazione - com'è nello stile del presidente "bugiardo", quello che le spara grosse pur sapendo che il fact checking lo inchioderà poco dopo. Quindi Trump (e familiari assortiti) in tutte le salse e caoticamente, a scaricare montagne di fango su coloro che vogliono distruggere i tradizionali valori americani, sui fautori del socialismo a stelle e strisce, su chi pretende di insegnare agli americani come vivere e cosa pensare. Questa è l'aria che tira. E l'intervento più caratterizzante della contrapposizione tra mobilitazione (democratica) e propaganda (repubblicana), è stato quello dei coniugi McCloskey, la coppia di St.Louis salita alle cronache il giorno in cui venne filmata nel giardino di casa, armata fino ai denti per tener lontani i dimostranti del Black Lives Matter: "Cid che è successo a noi, potrebbe capitare a ciascuno di voi" ha detto il pistolero Mark McCloskey. "I democratici difendono i criminali dagli onesti cittadini" gli ha fatto eco la moglie Patricia. Distillato di paranoia, appunto. Zero politica, pure emozioni, spudoratamente esposte agli occhi di chi guarda. Demonizzazione dei radicalismi e delle rivoluzioni culturali, invocazione dello status quo e del "legge e ordine", a dispetto di qualche erroruccio. Una tattica elementare e disperata, ma non scriteriata. Il pacato discorso di accettazione di Biden, al confronto, impallidisce. Trump vuole di nuovo prendere gli americani per le viscere, trascurando i ragionamenti. E di qui in avanti sarà un'escalation. Dal punto di vista degli spin doctor è una mossa tutt'altro che sbagliata.

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