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La Repubblica - La Stampa Rassegna Stampa
14.08.2020 Che cosa significa l'accordo tra Israele e Emirati
Sharon Nizza intervista Mordechai Kedar, Francesca Paci intervista Abraham B. Yehoshua

Testata:La Repubblica - La Stampa
Autore: Sharon Nizza - Francesca Paci
Titolo: «'Intesa possibile perché nei Paesi del Golfo ci sono stabili governi tribali' - Yehoshua: 'Mossa anti-Iran, l'accordo non porterà a uno Stato palestinese'»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 14/08/2020, a pag.10, con il titolo 'Intesa possibile perché nei Paesi del Golfo ci sono stabili governi tribali' l'intervista di Sharon Nizza; dalla STAMPA, a pag. 17, la breve "Netanyahu in tribunale".

Molto interessante l'intervista a Mordechai Kedar, le cui analisi vengono pubblicate in esclusiva italiana su IC. A.B. Yehoshua ripete invece le sue solite tesi. E' un grande scrittore, non si capisce però perché venga regolarmente intervistato dai quotidiani italiani, a partire dalla Stampa, sulla politica israeliana, su cui non ha alcuna competenza.

Ecco gli articoli:

LA REPUBBLICA - Sharon Nizza: 'Intesa possibile perché nei Paesi del Golfo ci sono stabili governi tribali'

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Sharon Nizza

Mordechai Kedar

Mordechai Kedar, mediorientalista del centro studi Begin-Sadat, osservatore dell'asse israelo-sunnita contro l'Iran, è ancora cauto rispetto alle dichiarazioni che prefigurano uno storico accordo tra Israele e Emirati Arabi Uniti. «Vorrei vedere l'accordo nero su bianco per capire cosa comporterà per la parte israeliana».
Come si Inserisce questo annuncio negli ultimi eventi che hanno colpito l'area? «La tempistica non mi pare casuale. L'esplosione di Beirut ha sferrato un colpo non indifferente ai piani iraniani di controllo del Libano attraverso Hezbollah, creando un momentum per un'azione diplomatica in chiave anti-iraniana».
E’ il segnale di una nuova stagione tra Israele e II mondo sunnita? «Non si può parlare di una love story tra Israele ed Emirati, altrimenti avrebbero potuto accodarsi agli accordi di pace precedenti, con l'Egitto nel 79 e con la Giordania nel '94. ll catalizzatore è di certo l'alleanza contro la minaccia iraniana, che i Paesi del Golfo percepiscono tanto quanto Israele».
Com'è stato possibile raggiungere questa Intesa? «Gli Emirati, come gli altri Paesi del Golfo, sono caratterizzati da una grande stabilità interna che permette governabilità, sviluppo economico e benessere. Ciò deriva dal fatto che in questi Stati c'è un'omogeneità demografica in quanto i governanti appartengono a un'unica tribù, ogni Stato la sua, e questo è l'elemento determinante che scongiura le lotte intestine. C'è una grande identificazione della popolazione nella leadership, a differenza di quanto accade in Siria, Iraq, Libano e nei Territori Palestinesi, lacerati da conflitti etnici o religiosi interni. Nel tessere una nuova rete di rapporti, Israele ha più facilita a confrontarsi con Paesi come gli Emirati, che non devono rendere conto a nessuno». di Sharon Nizza Netanyahu ha parlato di altri accordi in vista.
A chi fa riferimento? «È ancora tutto da vedere. Ma, anche seguendo la logica di cui abbiamo appena parlato, si può pensare al Bahrain, all'Oman, forse all'Arabia Saudita».
E iI Qatar, che invece à in netta contrapposizione con questi Stat!? «Si è parlato la settimana scorsa di voli amministrativi atterrati in Qatar. Sembra che il Capo del Mossad abbia fatto visita a Doha, si dice per sollecitare nuovi finanziamenti qatarioti per Gaza. Ci si può interrogare ora se questa visita non avesse anche altri scopi».
E potrebbe averne? «Israele negli anni '90 ha avuto una rappresentanza economica in Qatar, con tanto di bandiera esposta Poi nel 2000 con lo scoppio della Seconda Intifada è finito tutto. Oggi sembra impensabile pensare a rapporti diplomatici con il Qatar, che peraltro ospita la leadership di Hamas».
Netanyahu ha detto che, a seguito dell'accordo, il progetto di estendere la sovranità Israeliana su parte del Territori Palestinesi è sospeso. Che impatto può avere sul rapporti con i palestinesi? «Israele non avrebbe dovuto condizionare l'accordo alla questione della sovranità. Se gli Emirati vogliono fare la pace, deve tessere indipendentemente dai palestinesi. E in ogni caso, i palestinesi sono furiosi con gli Emirati, per loro l'accordo è un tradimento. Al confine con Gaza non sappiamo se potrà esserci una nuova escalation, già Hamas da una settimana continua a lanciare palloni incendiari verso Israele. Per quanto riguarda l'Autorità Nazionale Palestinese, ricordiamoci che negli Emirati vive Mohammed Dahlan, nemico giurato dell'attuale leadership dell'Anp, che ambirebbe alla presidenza dopo Abu Mazen e sarebbe ben visto da Israele. Un elemento da tenere in considerazione».

LA STAMPA - Francesca Paci: "Yehoshua: 'Mossa anti-Iran, l'accordo non porterà a uno Stato palestinese' "

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Francesca Paci

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Abraham B. Yehoshua

Abraham B. Yehoshua è affaticato, la notizia dell'accordo con gli Emirati Arabi Uniti arriva in serata, giornate lunghe, le proteste implacabili contro il governo Netanyahu a rischio dell'ennesima sfida elettorale, la paura del coronavirus che grava sull'orizzonte 'di tutti e sul suo in particolare, uno dei maggiori scrittori israeliani, un irriducibile del processo di pace che alla vigilia del suo ottantaquattresimo compleanno continua a ricordare ai cugini palestinesi la comune identità mediterranea. Non vorrebbe parlare, dice. Poi la passione lo accende. È sempre così con Yehoshua.
Come sta: vive con il Paese una giornata storica? «Diciamo che è una giornata molto importante, non so se storica ma assolutamente importante e positiva. Non conosco i dettagli dell'accordo ma è da parecchio tempo che sappiamo di contatti e colloqui in corso con Abu Dhabi. Ora la relazione esce allo scoperto e viene formalizzata, bene. Qualsiasi miglioramento nei rapporti con il mondo arabo è una buona notizia. Di certo però questo accordo non promuove uno Stato palestinese».
I palestinesi si sentono traditi per l'ennesima volta dagli arabi. Hanno ragione a non considerare un progresso neppure il fatto che l'accordo sospenda l'annessione dei territori palestinesi pianificata dal premier Benjamin Netanyahu? «L'annessione era una questione simbolica, di fatto procede in modo ufficioso. I palestinesi sono molto arrabbiati, è vero, eppure dal canto loro non fanno proposte praticabili in direzione della nascita di uno Stato indipendente, a Gaza sparano per nulla. Non credo che ormai vedremo più realizzata la soluzione due popoli per due Stati. Israele non può evacuare gli insediamenti, i palestinesi vogliono un solo Stato, andiamo inevitabilmente verso la formazione di uno Stato bi-nazionale».
Crede che a quasi trent'anni di distanza dalla pace di Oslo sia la soluzione? «La soluzione no ma la conseguenza della storia. Lo Stato bi-nazionale è il nostro futuro, dobbiamo cercare di arrivarci gradualmente, passo dopo passo, senza guerra, ma non ci sono alternative».
L'accordo tra Israele ed Emirati va nella direzione di una lenta normalizzazione con il mondo arabo? «Non esiste qualcosa come il mondo arabo: esistono l'Egitto, la Giordania, la Siria, l'Iraq, l'Arabia Saudita. Con l'Egitto e la Giordania abbiamo infine normalizzato i rapporti e neutralizzato il conflitto, con la Siria e l'Iraq c'è tuttora la guerra, con l'Arabia Saudita c'è una specie di pace».
Il presidente israeliano Rivlin ha invitato a Gerusalemme il principe ereditario emiratino. Il momento è paragonabile agli accordi di Camp David tra l'egiziano Sadat e l'avversario Menachem Begin o a quelli de 1994 tra Yitzhak Rabin e il re giordano Hussein? «Questo accordo con gli Emirati è importante, lo ripeto, è il frutto di rapporti avviati da tempo, ma non è paragonabile a quello con l'Egitto né a quello con la Giordania, perché Israele non ha confini in comune con gli Emirati, non aveva guerre in corso con Abu Dhabi o territori contesi da rivendicare. Sarà piuttosto una questione molto economica, un po' militare, legata alla comune opposizione all'Iran».
Nessun contributo al dialogo con i palestinesi? «Magari i palestinesi riceveranno un po' di soldi. Ma hanno perso l'attimo per 23 anni, ora, a entrambi, a loro come a noi, non resta che lo Stato binazionale».

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