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Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 08/08/2020, a pag.9 con il titolo "Hezbollah: non avevamo armi al porto. E Aoun dice no a un'inchiesta esterna" il commento di Camille Eid; dal FOGLIO, a pag. 3, l'editoriale "L'amore tra Hezbollah e il nitrato d'ammonio".
Quasi tutti i pezzi oggi sui quotidiani danno rilievo alla fantasiosa ipotesi di una bomba o un missile che avrebbe causato la devastazione di Beirut. Questo è da escludere con tranquillità, come spiega il Foglio. Avvenire, invece, è come spesso capita in prima fila nella disinformazione, dando per buona la versione del libanese Aoun, eletto grazie al sostegno di Hezbollah.
In prima fila anche il Corriere della Sera, con una corrispondenza di Lorenzo Cremonesi che rifila ai lettori, fin dal titolo, che però riflette il testo, "Forse è stato un missile" Ma la pagina che indigna maggiormente è quella del Giornale,a pag.14,con una titolazione: " Su Beirut forse missile o razzo. Hezbollah: Al molo niente armi". Il pezzo è firmato da Chiara Clausi, difficile scegliere come definirlo, certamente ignorante -è soltanto l'ultimo di una lunga serie- ma ciò che indigna maggiormente è l'avere affidato a una incompetente quando si ha in casa l'esperta n°1, cioè Fiamma Nirenstein, che nei giorni scorsi ha informato sulla tragedia avvenuta a Beirut con analisi da Premio Pulitzer. Un errore che il quotidiano diretto da Alessandro Sallusti dovrà prima o poi spiegare ai propri lettori. A Fiamma Nirenstein tutta la nostra solidarietà . Ecco gli articoli:
AVVENIRE - Camille Eid: "Hezbollah: non avevamo armi al porto. E Aoun dice no a un'inchiesta esterna"
Dichiaro solennemente che non abbiamo nulla a che fare con il porto di Beirut; non vi abbiamo missili, né munizioni, nemmeno un fucile o una pallottola. Non li abbiamo ora e non li abbiamo mai avuti in passato». Lo ha affermato ieri il leader di Hezbollah in un discorso trasmesso in diretta televisiva. Un intervento che era in programma per mercoledì e che è slittato per la duplice esplosione che ha devastato il Libano. «Non parlerò del fronte meridionale, né del coronavirus, né della penuria energetica - ha esordito Nasrallah -, ma solo di questa immensa catastrofe che ha toccato tutte le componenti religiose del Paese, essendo Beirut un microcosmo delle diverse confessioni del Libano». Nasrallah ha quindi presentato le condoglianze alla popolazione. E salutato con favore i gesti di solidarietà di un popolo sceso per le strade per affiancare i limitati servizi statali, nonché quello che ha definito il «lato positivo» delle iniziative straniere che hanno inteso compattare i libanesi. L'allusione è senza dubbio alla visita compiuta giovedì dal presidente francese Emmanuel Macron a Beirut, mal digerita dagli organi di stampa vicini a Teheran. Passando ai «lati negativi», il segretario generale di Hezbollah ha denunciato l'atteggiamento di alcuni mass media che, sin dalla prima ora e allorché nessuno ancora sapeva cosa fosse successo, hanno esercitato un «ingiusto depistaggio» affermando che nel deposito esploso erano immagazzinati missili o munizioni di Hezbollah per indurre la popolazione dare la colpa delle disgrazie subite a questo partito. «Hezbollah non gestisce né controlla il porto di Beirut e non conosce il contenuto di questo scalo», ha rincarato Nasrallah aggiungendo che il suo partito «conosce meglio cosa contiene il porto di Haifa», in Israele, per motivi legati alla sua attività di «resistenza». Senza fare un riferimento diretto a un'eventuale inchiesta internazionale, Nasrallah ha evocato al termine del suo intervento, durato più di mezz'ora, la «sfiducia» nei confronti dell'inchiesta locale in corso manifestata da diversi partiti libanesi. «Allora - ha detto - affidiamo l'inchiesta all'esercito libanese, dal momento che tutti i libanesi dicono di avere fiducia in esso». Il rifiuto di una commissione d'inchiesta internazionale è stato espresso con toni più espliciti dal presidente della Repubblica. «La sovranità libanese non subirà influenze durante il mio mandato», ha detto Michel Aoun a un gruppo di giornalisti, considerando le richieste di un'inchiesta internazionale un tentativo di «distorcere la verità», spiegando che ogni verdetto perde di significato se richiede troppo tempo per essere emesso. Secondo Aoun, non è possibile escludere chele due esplosioni devastanti siano state il risultato di «un'aggressione esterna, con l'ausilio di un missile, di una bomba». «Ho personalmente chiesto al presidente francese-ha detto ancora - di fornirci foto aeree in modo da poter determinare se ci fossero aerei nel cielo o missili», prima di affermare che «se queste immagini non sono disponibili dai francesi, le richiederemo ad altri Paesi». L'aver ventilato, chiaramente accanto alla tesi della negligenza, quella dell'attentato mette Aoun in contrasto con Nasrallah. Il leader di Hezbollah non ha accennato nel suo discorso a questa eventualità, forse per non lasciare intendere che «qualcosa» nascondeva il deposito colpito. I due uomini, stretti dal 2006 da un'alleanza politica che inizia da qualche tempo a vacillare, concordano comunque su un punto: punire i responsabili del disastro, quale che siano le loro affiliazioni politiche e religiose. Ieri, il numero delle persone interpellate dalla commissione è salito a 19. Tra di loro figura il direttore generale del porto, Hassan Koraytem, mentre il capo della dogana, Badri Daher, si è rifiutato di comparire perché, ha detto il suo avvocato, «non ha ricevuto la convocazione secondo le consuete vie legali», bensì attraverso i media. La magistratura aveva disposto il congelamento dei conti di 7 persone, tra cui lo stesso Daher. Primi presunti colpevoli di una lunga catena che non deve fermarsi, dicono i libanesi, ai piccoli capri espiatori, ma toccare i grandi politici che li hanno protetti.
IL FOGLIO: "L'amore tra Hezbollah e il nitrato d'ammonio"
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