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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Il Giornale - La Stampa Rassegna Stampa
12.04.2020 Coronavirus: ecco gli scenari
Editoriale di Maurizio Molinari, Paolo Bracalini intervista Luca Ricolfi

Testata:Il Giornale - La Stampa
Autore: Maurizio Molinari - Paolo Bracalini
Titolo: «Ora la sfida è convivere con il virus - 'I morti sono il triplo di quelli ufficiali, il governo lo sa, ma lo tiene nascosto'»

Riprendiamo oggi, 12/04/2020, dalla STAMPA a pag. 1, l'editoriale di Maurizio Molinari dal titolo "Ora la sfida è convivere con il virus"; dal GIORNALE, a pag. 13, con il titolo 'I morti sono il triplo di quelli ufficiali, il governo lo sa, ma lo tiene nascosto' l'intervista di Paolo Bracalini a Luca Ricolfi.

Ecco gli articoli:

LA STAMPA - Maurizio Molinari: "Ora la sfida è convivere con il virus"

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Maurizio Molinari

A oltre un mese dalla decisione del governo Conte di rispondere alla pandemia Covid-19 chiudendo l'intero Paese, e con un bilancio drammatico di 19468 vittime e 152271 contagiati, l'Italia si sta avvicinando al momento in cui dovrà convivere con il virus: da qui la necessità di regole chiare per tutti i cittadini. Il momento della convivenza con il virus è prossimo perché da un lato i numeri ci dicono che la fase più aggressiva è alle spalle ma dall'altro contagi e morti continuano perché non disponiamo né del vaccino né di una terapia medica efficace. Dunque, l'Italia si dirige verso una fase di mezzo della lotta al Covid-19: l'attacco a sorpresa del nemico invisibile è superato ma dobbiamo riorganizzare le nostre vite proteggendoci da un male che resterà fra noi ancora per un certo periodo. A rendere pericolosa questa fase di mezzo è l'evidente rischio di corto circuito fra la necessità di riattivare la produzione economica - per impedire l'implosione del Pil, scongiurare l'impoverimento collettivo e le conseguenti proteste sociali - e il pericolo di un colpo di coda della pandemia. Un'epidemia «simile a quello con cui la Spagnola causò milioni di vittime nel 1918» come ammonisce Anthony Fauci, capo dell'Istituto Usa contro allergie e malattie infettive. La strada da attraversare è stretta e l'assenza di precedenti a cui richiamarsi ne aumenta la pericolosità. Ma non c'è alternativa alla convivenza con il virus perché continuare a tenere blindati in casa 60 milioni di italiani espone il Paese al rischio del collasso, a vantaggio della criminalità organizzata che da sempre aspira a sostituirsi allo Stato nel controllo del territorio come anche di potenze rivali che vedono l'opportunità di impossessarsi delle nostre ricchezze nonché di indebolire sul piano strategico le alleanze Ue e Nato. Definire le regole per convivere con il virus è un appuntamento non prorogabile ma, nonostante assicurazioni e decreti del governo, l'Italia appare in chiaro ritardo sui tre binari più importanti: Sanità, Economia e Sicurezza. Sulla Sanità bisogna identificare le norme che ci accompagneranno nella transizione – ad esempio, igiene personale, distanza sociale, mascherine, protezione degli anziani – come le strutture ospedaliere per accogliere i pazienti Covid. Al fine di aiutare i cittadini a comprendere come dovranno comportarsi con il virus una volta usciti di casa. Sull'Economia l'urgenza riguarda norme che consentano la veloce riapertura delle aziende proteggendo i dipendenti, accompagnate da regolamenti per accelerare i sostegni finanziari alle imprese ostacolati dalle resistenze della burocrazia, statale e bancaria. Infine la Sicurezza, servono app telefoniche per seguire contagiati e pazienti a rischio affinché non infettino altri cittadini. Così come bisogna identificare tutti quegli attori – indigeni o stranieri – che stanno tentando di indebolire la sovranità nazionale impedendogli di reclutare persone o favori facendo leva sul facile accesso ai liquidi. Ciò che accomuna l'agenda della transizione è la necessità di uno Stato snello nelle strutture, rapido nelle decisioni operative, efficiente nel risolvere i gravi problemi di cittadini, famiglie e aziende. Tanto più a lungo mancheranno le regole per la convivenza con il virus, tanto più aumenteranno le tensioni nel Paese. Per l'insofferenza di chi sta chiuso in casa, per l'irritazione di chi non riesce ad accedere agli aiuti governativi, per la rabbia di chi non ha più il lavoro, per il dolore di chi non sa dove vengono sepolti i propri cari e per l'istinto alla rivolta da parte di chi disprezza lo Stato di diritto. A dimostrare, in maniera cristallina, quanto tali tensioni assedino il governo Conte è la doppia sfida del Nord: la Lombardia contesta la rapidità nella riapertura dei piccoli esercizi, continuando a tenerli tutti chiusi, perché il numero dei contagi continua a crescere mentre il Veneto contesta la lentezza nella ripresa delle attività economica fino al punto da annunciare la totale riapertura da martedì. Ovvero, se il governo non gestisce con efficacia e rapidità la convivenza col virus, lo scenario per la Nazione potrebbe peggiorare.

IL GIORNALE - Paolo Bracalini: 'I morti sono il triplo di quelli ufficiali, il governo lo sa, ma lo tiene nascosto'

coronavirus, i veri numeri delle morti al sud. ricolfi: il ...
Luca Ricolfi

Professor Ricolfi, lei stima un numero di contagi e morti molto più alto di quello ufficiale. In che modo desume questi numeri? «L'evidenza che suggerisce che i numeri non sono quelli ufficiali è frammentaria, ma molto convincente perché tutti gli indizi convergono nel farci ritenere che il numero di morti potrebbe essere il triplo dei morti rilevati dalla Protezione Civile, e che la mortalità al Sud potrebbe essere anche 10 volte quella ufficiale (per i dettagli si può consultare il sito della Fondazione Hume: www.fondazionehume.it).
Quindi il governo sta clamorosamente sottostimando l'epidemia? «Non credo che le autorità sottostimino la diffusione, semplicemente non vogliono che anche noi sappiamo quel che loro sanno perfettamente».
Ma la segregazione in casa, addirittura per due mesi con danni economici devastanti, almeno serve? «Sì e no. Sì, perché, dopo il duplice lockdown del 5 e del 9 marzo (chiusura scuole + chiusura totale), il numero giornaliero di nuovi contagiati ha quasi immediatamente smesso di crescere, (almeno secondo la ricostruzione della Fondazione Hume, basata sulla dinamica recente delle morti e delle ospedalizzazioni). Ma attenzione: meno nuovi contagi quotidiani non significa che si è fermato il contagio, ma solo che il numero di nuovi infetti cresce a un ritmo via via più lento. Giusto per darle un'idea: se fino all'annuncio della chiusura delle scuole avevamo 100 mila nuovi contagiati al giorno, dopo 10 giorni di arresti domiciliari (ultima settimana di marzo) si può stimare che i nuovi contagiati fossero scesi a solo 60 mila al giorno.
Insomma il governo ci sta tenendo a casa perché sostanzialmente è l'unica cosa che sa fare per rallentare il contagio? «Il governo fa bene a mantenere il lockdown perché un mese non può bastare, e finché non si arriva vicini a contagi-zero è estremamente imprudente riaprire. Al tempo stesso, però, non si può non rilevare che la curva di discesa è estremamente lenta, e questo è precisa responsabilità del governo, che non solo si è preso l'enorme responsabilità di ritardare di 2 settimane il lockdown totale (è dal 25 febbraio che c'erano gli elementi per capire che bisognava fermare tutto), ma non ha ancora fatto T-M-T, ossia le tre cose che avrebbero potuto abbreviare il percorso di uscita.
T-m-t sta per? «T come tamponi di massa, M come mascherine per tutti, T come tracciamento dei casi positivi e dei loro contatti. I paesi che hanno riportato vittorie significative nella lotta al virus (Cina, Corea del Sud, Singapore), hanno avuto successo perché hanno fatto queste cose. E in Europa tutto lascia pensare che il tributo di morti di ogni paese dipenderà più da T-M-T che dalla durata del fermo delle attività produttive. La Germania è in vantaggio su molti altri paesi europei, e potrebbe alla fine uscirne meno peggio proprio perché non punta tutte le sue carte sul lockdown».
Conte a fine gennaio diceva che il governo era "prontissimo", possibile che non avesse idea del pericolo che correva l'Italia? «Sì, è possibile. L'emergenza fu dichiarata non perché si era capito che saremmo arrivati al lockdown, ma semplicemente perché era un'occasione formidabile per assumere i pieni poteri (non metaforicamente, come l'ingenuo Salvini, ma sul serio)».

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