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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Il Manifesto - L'Osservatore Romano Rassegna Stampa
31.10.2019 Due pesi e due misure nel valutare la crisi diplomatica Giordania-Israele
Su Manifesto (con il solito Michele Giorgio) e Osservatore Romano

Testata:Il Manifesto - L'Osservatore Romano
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Heba arrestata e torturata in Israele, crisi diplomatica tra Amman e Tel Aviv - Amman richiama l'ambasciatore in Israele»
Riprendiamo dal MANIFESTO, oggi 31/10/2019, a pag. 9, con il titolo "Heba arrestata e torturata in Israele, crisi diplomatica tra Amman e Tel Aviv", il commento di Michele Giorgio; dall' OSSERVATORE ROMANO, a pag. 2, la breve "Amman richiama l'ambasciatore in Israele".

La disinformazione sui quotidiani comunista e cattolico va ancora una volta a braccetto. Nei pezzi di oggi - a Michele Giorgio va come quasi sempre la palma del peggiore - è evidente il doppio standard di giudizio che accompagna la notizia dei due cittadini giordani fermati in Israele, da una parte, e di un israeliano detenuto in Giordania, dall'altra. Alla prima notizia viene data enfasi (entrambi i titoli e gran parte dei pezzi insistono solo su questa parte della vicenda), la seconda invece è racchiusa solo in una o due frasi in fondo ai pezzi, senza alcuna evidenza.

Ecco gli articoli:

Risultati immagini per Due pesi e due misure

IL MANIFESTO - Michele Giorgio: "Heba arrestata e torturata in Israele, crisi diplomatica tra Amman e Tel Aviv"

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Michele Giorgio

La vicenda della giovane giordana di origine palestinese, Heba al Labadi, 32 anni, condannata da un giudice militare israeliano a cinque mesi di detenzione "amministrativa" senza processo e accuse precise, è sfociata in una crisi diplomatica tra Israele e Giordania, paesi alleati ma con crescenti difficoltà di rapporto 25 anni dopo la firma del trattato di pace. Il ministro degli esteri di Amman, Ayman Safadi, ha richiamato in patria per consultazioni l'ambasciatore in Israele in segno di protesta per l'arresto di al Labadi, al quale si è poco dopo aggiunto quello di un altro cittadino giordano, Abed a-Rahman Mami, 29 anni.

LE CONDIZIONI DI SALUTE dei due detenuti sono precarie, denuncia il ministro degli esteri giordano. In particolare di al Labadi che da 37 giorni attua uno sciopero della fame ed è stata ricoverata in ospedale già tre volte. A suo sostegno è stata lanciata una campagna promossa dalle principali organizzazioni palestinesi per i diritti dei prigionieri. «Mettere in pericolo la vita dei nostri cittadini — proclama Ayman Safadi —è una cosa che condanniamo con forza. Prenderemo in considerazione ulteriori forme di protesta nei confronti di Israele affinché (i suoi leader) capiscano che non intendiamo passare sopra a quanto accaduto». Heba al Labadi è stata arrestata il 20 agosto mentre dalla Giordania entrava nella Cisgiordania sotto occupazione militare israeliana per partecipare al matrimonio di amici a Jenin. Israele sostiene che avrebbe avuto contatti con esponenti del movimento sciita Hezbollah, in Libano. La giovane smentisce e afferma di aver solo scambiato qualche parola, in un'occasione pubblica, con un redattore di Radio al Nour, l'emittente di Hezbollah. L'avvocato ha denunciato gli interrogatori interminabili sostenuti dalla giovane giordana che avrebbe subito anche torture fisiche. Poi il 25 settembre è arrivata la "detenzione amministrativa" per cinque mesi, una condanna senza processo alla quale Heba al Labadi ha reagito iniziando lo sciopero della fame. La sua famiglia è molto preoccupata, anche perché nel 2010 la ragazza aveva dovuto affrontare un cancro.

L'ARRESTO DELL'ALTRO cittadino giordano risale invece alt settembre e sarebbe motivato sempre da non meglio precisate «ragioni di sicurezza». Il governo giordano intanto ha fatto sapere di aver arrestato un israeliano che ha cercato di entrare illegalmente nel paese attraverso il confine settentrionale. Amman smentisce che il fermo sia collegato alla vicenda di al Labadi e Marai. Tuttavia il presidente della commissione degli affari esteri del parlamento giordano, Nidal al-Taani, ha detto alla stampa che «l'arresto dell'israeliano può essere merce di scambio per il rilascio dei nostri due cittadini».

L'OSSERVATORE ROMANO: "Amman richiama l'ambasciatore in Israele"

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La Giordania ha annunciato il richiamo in patria dell'ambasciatore a Tel Aviv e l'arresto di un cittadino israeliano che, secondo l'agenzia ufficiale Petra, è «entrato clandestinamente nel territorio» del regno nella Valle del Giordano. Sale dunque la tensione tra i due paesi proprio a pochi giorni dal compimento di 25 anni dal Trattato di pace. Il ministro degli esteri hashemita, Ayman Safadi, ha detto che Amman ritiene «Israele pienamente responsabile delle vite dei cittadini giordani». Il richiamo per consultazioni dell'ambasciatore Ghassan al-Majali è scattato infatti ieri sera dopo quella che è stata definita «la detenzione inumana e illegale» nello Stato ebraico di due cittadini giordani, Heba Labadi e Abdulrahman Miri. Labadi — 32 anni di discendenza palestinese — è agli arresti amministrativi in Israele dallo scorso 20 agosto quando è stata fermata al valico di frontiera di Allenby. A ottobre il servizio di sicurezza interno Shin Bet ha fatto sapere che la ragazza è trattenuta «nel sospetto del suo coinvolgimento in gravi violazioni della sicurezza» ma senza ulteriori precisazioni. Labadi è in sciopero della fame nel carcere di Haifa da 36 giorni e secondo l'organizzazione palestinese «Club dei prigionieri» che si occupa di detenuti, le sue condizioni di salute non sono buone ed è stata già ricoverata varie volte. Anche per l'altro detenuto, Abdulrahman Miri, fermato lo scorso settembre sempre al valico di Allenby, la Giordania ha denunciato condizioni precarie. A proposito dell'arresto del cittadino israeliano, il portavoce del ministero Sufian al-Qudah ha spiegato che le autorità stanno indagando per poi «inviare l'uomo alle autorità competenti per le necessarie misure legali». Da parte sua, in queste ore la radio militare israeliana ha riferito che ancora non c'è certezza che l'uomo entrato illegalmente ieri in Giordania abbia effettivamente la cittadinanza israeliana.

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