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La Stampa - Il Foglio Rassegna Stampa
13.09.2019 Russia: Putin reprime l'opposizione e invia mercenari in Libia
Commenti di Giuseppe Agliastro, Daniele Raineri

Testata:La Stampa - Il Foglio
Autore: Giuseppe Agliastro - Daniele Raineri
Titolo: «Perquisite 200 sedi di attivisti pro-Navalny. 'E' intimidazione' - I mercenari russi della Wagner sono al lavoro in Libia e hanno piani complicati»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 13/09/2019, a pag.17, con il titolo "Perquisite 200 sedi di attivisti pro-Navalny. 'E' intimidazione' " l'analisi di Giuseppe Agliastro; dal FOGLIO, a pag. I, con il titolo "I mercenari russi della Wagner sono al lavoro in Libia e hanno piani complicati", il commento di Daniele Raineri.

Ecco gli articoli:

LA STAMPA - Giuseppe Agliastro: "Perquisite 200 sedi di attivisti pro-Navalny. 'E' intimidazione' "

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Giuseppe Agliastro

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Navalny arrestato

Non c'è tregua per i dissidenti nella Russia di Putin. Ieri all'alba, poliziotti a volto coperto hanno perquisito decine di uffici dei sostenitori di Aleksey Navalny in tutto il Paese, da Kaliningrad a Vladivostok. Gli agenti hanno fatto irruzione persino nelle case degli alleati dell'oppositore sequestrando computer e cellulari: oltre 200 locali in 43 città sono stati messi a soqquadro da più di 1.000 esponenti delle forze dell'ordine. I raid riguardano una controversa inchiesta per riciclaggio di denaro contro la Fondazione Anticorruzione di Navalny e si sono svolti pochi giorni dopo le elezioni amministrative. L'avversario numero uno di Putin pensa che non sia una coincidenza: secondo lui si tratta di una ritorsione del Cremlino dopo la batosta subita da Russia Unita alle elezioni di Mosca di domenica. Un'amara sconfitta a cui proprio Navalny potrebbe aver dato un contributo fondamentale con la sua strategia del «voto intelligente», ovvero invitando a votare in ogni collegio uninominale il candidato con più chance di battere quello di Putin. «Perché questa isteria? Solo due parole: voto intelligente», ha scritto Navalny sul blog denunciando poi le perquisizioni come «la più vasta operazione di polizia della Russia moderna». Repressione con manganellate Il partito di Putin ha ancora la maggioranza, ma ha perso oltre un terzo dei suoi consiglieri comunali, scesi da 38 a 25 su un totale di 45. Pare che a Mosca il consenso attorno al leader del Cremlino si stia erodendo ancora più in fretta che nel resto della Russia. Aver impedito con macchinosi pretesti la candidatura di molti oppositori e aver poi represso a manganellate e con migliaia di arresti le proteste scatenate da questa decisione non deve aver giovato alla popolarità di Putin nella capitale. Lui però continua a usare il pugno di ferro. Se il Fondo Anticorruzione di Navalny è finito nel mirino degli investigatori è probabilmente per motivi politici. Questa organizzazione indaga sulle ricchezze sospette del cerchio magico di Putin e pubblica poi seguitissime video inchieste. L'accusa, lanciata ad agosto, è di riciclaggio di denaro per circa un milione di euro (prima si parlava di 13,8 milioni), ma per la portavoce di Navalny, Kira Yarmish, i raid sono «un'intimidazione». La stessa operazione di polizia ha colpito anche l'Ong Golos. Domenica non si è votato solo a Mosca, 56 milioni di russi hanno eletto governatori, sindaci, e deputati locali in 85 regioni. Spesso hanno vinto i candidati filogovernativi. Ma Golos ha scoperto brogli e irregolarità. Così ieri sono state perquisite le abitazioni di tre suoi dirigenti.

IL FOGLIO - Daniele Raineri: "I mercenari russi della Wagner sono al lavoro in Libia e hanno piani complicati"

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Daniele Raineri

Roma. La presenza della Russia nella guerra civile che si combatte in Libia è più estesa di quanto pensiamo. Il sito Daily Beast, in collaborazione con il sito indipendente russo Portal e con una squadra investigativa pagata dall’ex oligarca russo Mikhail Khodorkovsky che si fa chiamare Dossier Centre, è venuto in possesso e ha tradotto alcuni documenti della Wagner. Si tratta di una compagnia di mercenari russi il cui nome circola molto tra gli addetti ai lavori e di proprietà di Yevgeny Prigozhin, un faccendiere amico del presidente Vladimir Putin. La Wagner è spesso presente in aree violente dove il governo russo non vuole intervenire in modo ufficiale – dalla Siria all’Ucraina, dal Venezuela all’Africa centrale – ma dire che agisce slegata dalla politica estera della Russia sarebbe falso. Ora è al lavoro in Libia e si autodefinisce “la Compagnia”. In quanto a Prigozhin, è da sempre coinvolto nelle iniziative più aggressive di Mosca, come tra le altre anche la cosiddetta “fabbrica dei troll” a San Pietroburgo che fu creata con il compito di condizionare in massa l’opinione pubblica sui social media. In breve: la Russia dedica alla questione libica un suo asset già rodato in altri paesi. I documenti dicono che la Wagner in Libia non è stata ingaggiata per combattere, per ora, ma per fare da guida al generale Khalifa Haftar, che all’inizio di aprile ha scatenato una guerra civile per strappare la capitale Tripoli al governo riconosciuto dalla comunità internazionale – ci avrebbe messo due giorni pensava lui, ma i combattimenti vanno avanti e non se ne vede la fine. Si parla tra le altre cose della possibilità di imbrogliare alle elezioni per farlo vincere, se mai ci saranno, e della eventuale campagna di appoggio sui social media da lanciare, come fu fatto in America nel 2016 per Donald Trump. Ma il fatto più interessante è che questi rapporti della Wagner analizzano in modo clinico la situazione e il quadro che esce è molto negativo per Haftar. Il generale viene descritto come non adatto a vincere il conflitto. Le sue conquiste territoriali si basano sul fatto che corrompe i potenti di ogni località per passare dalla sua parte, grazie a un fondi di centocinquanta milioni di dollari che gli Emirati arabi uniti gli hanno messo a disposizione. Haftar ha tentato di far circolare la voce che i russi stessero combattendo per lui ed è arrivato a far apporre finte targhe adesive in russo sui suoi veicoli, che gli uomini della Wagner hanno strappato subito. Se si sparge la voce che Putin sta con me, dev’essere stato il suo ragionamento, la guerra è già mezza vinta. Chissà se Haftar sapeva che, a giudicare dai documenti, la Compagnia ha deciso di bilanciare la situazione e di lavorargli anche contro in modo che non diventi troppo potente, e di scommettere pure su qualche rivale. Avrebbe ingaggiato uomini delle milizie sudanesi janjaweed – quelli dell’eccidio nel Darfur – per compiere attacchi contro le forze di Haftar e rallentarle (questo passaggio è da verificare, considerato che le milizie sudanesi hanno come riferimento gli Emirati, che di Haftar sono alleati). Inoltre dal punto di vista politico starebbe coltivando Saif al islam Gheddafi (Saif al islam vuol dire Spada dell’islam), il figlio dell’ex dittatore Muammar ucciso nel 2011. I russi preparano un suo ritorno politico in Libia, ma lamentano il fatto che sia troppo instabile e che deve essere accudito di continuo. Non basta una riunione alla settimana, ci vuole presenza costante tutti i giorni, dice un rapporto.

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