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Il Giornale - Panorama Rassegna Stampa
29.05.2019 Germania & Austria: si moltiplicano le moschee e cresce l'antisemitismo
Due servizi di Daniel Mosseri

Testata:Il Giornale - Panorama
Autore: Daniel Mosseri
Titolo: «In Germania rissa e botte a liceale ebreo. E a Vienna ancora uno sfregio alla Shoah - La tassa sulle moschee che divide la Germania»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 29/05/2019 a pag.16 con il titolo "In Germania rissa e botte a liceale ebreo. E a Vienna ancora uno sfregio alla Shoah" il commento di Daniel Mosseri; da PANORAMA, a pag. 33, dello stesso Mosseri l'articolo "La tassa sulle moschee che divide la Germania".

Ecco gli articoli:

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Daniel Mosseri

IL GIORNALE: "In Germania rissa e botte a liceale ebreo. E a Vienna ancora uno sfregio alla Shoah"

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Berlino In un'intervista concessa in queste ore alla Cnn, Angela Merkel ha ammesso che «purtroppo c'è sempre stata una serie di atti di antisemitismo» in Germania. E proprio mentre la cancelliera tedesca parlava con Christiane Amanpour, un liceale ebreo 17enne è stato picchiato da alcuni compagni di classe della Friedensburg-Oberschule di Charlottenburg, uno dei quartieri occidentali della capitale tedesca. Un compagno di classe intervenuto in sua difesa sarebbe stato parimenti picchiato e gli scontri sarebbero poi degenerati in una rissa risolta poco prima dell'intervento della polizia, ha scritto la Berliner Zeitung, aggiungendo che le persone coinvolte sono state identificate e che «un procedimento penale è stato avviato». La notizia dell'ennesima aggressione a uno scolaro ebreo segue di poche ore il «consiglio» agli ebrei in Germania dato dal commissario del governo federale contro l'antisemitismo, Felix Klein, di non indossare la kippah in pubblico per non incorrere in violenze. Parole che hanno suscitato la proteste sia del presidente israeliano Reuven Rivlin («sono scioccato»), sia dell'ambasciatore Usa a Berlino Richard Grenell («mettete tutti la kippah»). L'ammissione di Klein, per cui gli ebrei in Germania rischiano spesso la propria incolumità, suonano come una sconfitta per una paese che si vorrebbe denazificato. Attribuire l'antisemitismo nella Repubblica federale alla sola estrema destra sarebbe tuttavia ingiusto: molta violenza nasce in ambienti musulmani permeati da odio contro gli ebrei e contro Israele. Intanto l'American Jewish Committe di Berlino ha illustrato un piano in 12 punti contro l'antisemitismo nella Repubblica federale: azioni pratiche che passano dall'adozione al Bundestag e presso i parlamenti dei Länder della definizione di antisemitismo dell'International Holocaust Remembrance Alliance come punto di riferimento, una migliore preparazione per poliziotti e insegnanti, più vigilanza online. L'Ajc chiede anche di mettere fuori legge Hezbollah in Germania (il gruppo sciita è forte di quasi mille esponenti nel paese) e di respingere le troppe risoluzioni anti-israeliane dell'Onu. «C'è bisogno di un piano urgente per la sfera pubblica perché le buone intenzioni dei politici non bastano a sconfiggere l'antisemitismo», ha detto al Giornale il numero due dell'Ajc Berlin, Remko Leemhuis. Nelle stesse ore il ministero dell'Interno del Land Berlino autorizzava invece l'ennesima «disgustosa» così l'ha definita il ministro competente manifestazione al-Quds, ricorrente teatro di slogan antiebraici a Berlino. Da Vienna è arrivata invece la notizia di nuovi danneggiamenti alla mostra sui sopravvissuti alla Shoah del fotografo italiano Luigi Toscano: altre due volte nelle scorse settimane i maxi-scatti esposti lungo il Ring viennese erano state rovinate con svastiche e scritte antisemite. Il presidente austriaco Alexander van der Bellen espresso la sua «più profonda preoccupazione» mentre un gruppo di volontari ha annunciato che assicurerà la sorveglianza della mostra fino alla sua chiusura a fine mese.

 

PANORAMA: "La tassa sulle moschee che divide la Germania"

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Le chiese cattolica ed evangelica in Germania non smettono di perdere fedeli: secondo uno studio dell'università di Friburgo, commissionato dalla Conferenza episcopale tedesca, i cristiani delle due comunioni scenderanno dagli attuali 45 milioni complessivi a 22,7 nel 2060. Il calo è dovuto alla diminuzione dei battesimi, all'invecchiamento della popolazione ma soprattutto all'uscita volontaria di tanti adulti dalla chiesa. Il fenomeno è ben noto e praticato anche da tanti italiani emigrati in tempi recenti nella Repubblica federale: perché dirsi cristiano in Germania può risultare caro. Al residente tedesco o straniero che si dichiari cattolico o protestante, lo Stato preleverà il 9 per cento dell'imposta sui redditi per girarlo alla chiesa di appartenenza. Chi ha un reddito di 50 mila euro e una tassazione del 30 per cento pagherà 15 mila euro di imposte, più altri 1.350 euro (il 9 per cento) che finiranno direttamente nelle casse della chiesa. L'esborso aumenta al crescere del reddito e dell'aliquota applicata, fino a un massimo di 11 mila euro. Il che spiega perché tanti cattolici e protestanti in Germania - non importa se italiani, tedeschi o francesi - presentino al fisco una dichiarazione resa davanti a un giudice in cui affermano di essere usciti dalla chiesa. Per non pagare... Il meccanismo della Kirchensteuer - la tassa per la chiesa - affonda le sue radici nel Reichskonkordat del 1933 fra Santa Sede e Terzo Reich ed è molto fruttuoso: nel 2017 ha generato 12 miliardi complessivi. La notizia del calo dei fedeli ha così rilanciato il progetto condiviso da molti Under tedeschi di imporre anche una Moscheesteuer, una «tassa sulle moschee» per finanziare slam tedesco, una comunità forte di circa 4,5 milioni di fedeli. A livello federale, l'idea era stata rilanciata a fine 2018 dal deputato della Cdu Thorsten Frei a seguito della quarta lslamkonferenz, e cioè dell'incontro voluto dal ministro degli Interni Horst Seehofer fra lo Stato e le organizzazioni musulmane nella Repubblica federale tedesca. In passato Seehofer aveva dichiarato che «l'Islam non appartiene alla Germania», ma davanti ai delegati delle organizzazioni islamiche il ministro si è limitato a sollecitare la «nazionalizzazione» dell'Islam presente nel Paese. E mentre i delegati storcevano la bocca, un assist al ministro è arrivato a sorpresa dall'ex leader verde di origine turca Cem Özdemir, secondo cui «abbiamo sopravvalutato la capacità delle organizzazioni islamiche di autoriformarsi». L'idea di una tassa sulle moschee «è buona, almeno in teoria: nel Paese esiste però un problema di rappresentatività dell'Islam organizzato». A sottolinearlo è Saida Keller-Messahli che illustra a Panorama le sue perplessità. Scrittrice, giornalista, presidente del Forum per un Islam progressista, Keller-Messahli conosce i limiti delle organizzazioni che erano presenti all'incontro. «Fra loro ci sono tendenze radicali, ci sono i Fratelli musulmani, e c'è una narrativa liberticida incompatibile con un sistema democratico». Proprio per questo, l'idea rilanciata dal deputato cattolico Frei piace all'intellettuale elvetico-tunisina. «Queste organizzazioni dipendono al 100 per cento dai Paesi del Golfo Persico, dove vige un Islam molto rigoroso. Oppure sono alle dipendenze dalla Turchia: un Paese in apparenza più laico, ma sostenuto a sua volta dai finanziamenti dell'emiro del Qatar». La Moscheesteuer servirebbe proprio a recidere il cordone ombelicale che lega i luoghi di culto islamici in Germania al Medio Oriente. Una tendenza peraltro già in atto: a seguito di accesi scontri verbali fra Berlino e Ankara, la scorsa estate il governo Merkel ha tagliato l'80 per cento dei finanziamenti che versava alla Ditib, il braccio religioso del governo turco attivo presso le comunità turche all'estero. Al pari delle altre capitali d'Europa, anche Berlino ci ha messo un bel po' a capire che il presidente Recep Tayyip Erdogan usa le comunità turche all'estero come strumento di pressione politica: e che troppi imam Germania trasformano altrettante moschee tedesche in focolai del radicalismo. «In Occidente sono rimasti tutti accecati dalla crescita economica della Turchia per interessarsi alla sua traiettoria verso l'Islam radicale», afferma Keller-Messahli. Tagliare i fondi poi non basta. E neppure imporre lo stop ai finanziamenti dall'estero è condizione sufficiente per mettere l'Europa in sicurezza. «Esistono fondazioni registrate in Inghilterra, Belgio, Francia, Germania e Svizzera che sostengono l'Islam organizzato in tutta Europa». La co-fondatrice della moschea liberale di Berlino pensa per esempio a Qatar Charity, «che secondo gli americani finanzia il terrorismo». oppure alla grande moschea Annour di Mulhouse in Alsazia «sovvenzionata da Doha con 12 milioni di euro». Mega strutture calate dall'alto grazie che solo in apparenza servono ai cittadini di fede islamica. «L’85 per cento dei musulmani europei non solo è laico, ma si guarda bene dal frequentare le moschee dell'Islam organizzato». Ecco perché Keller-Messahli ha promosso la nascita della moschea «riformata» lbn Ruschd-Goethe di Berlino assieme all'avvocatessa turco-tedesca Sevran Ates, ottenendo anche il sostegno di Ali Toprak della comunità curda. Il culto egualitario con l'apertura a imam donne e a predicatori omosessuali («ma anche l'accoglienza alle fedeli islamiche che portano il velo sulla testa») è il coltello con il quale Keller Messahli cerca di tagliare l'altro cordone del radicalismo: quello teologico. «Noi offriamo una prospettiva per un Islam moderno, per persone che vivono in una democrazia», afferma. Come tutti i parti, si tratta di un processo lungo e a tratti doloroso perché passa dalla separazione fra la fede e la politica, l'esatto contrario di quanto sta facendo Erdogan in Turchia. Per farlo «serve una rilettura critica del Corano». Un passaggio che può avvenire «solo allontanandosi dall'ambiente tradizionalista», spiega ancora a Panorama l'attivista per i diritti umani. Per molto meno, vignettisti e scrittori sono stati condannati a morte da sedicenti difensori della fede islamica di scuola sciita e sunnita. Ragione per cui, sostiene Keller-Messahli, la riforma dell'islam può arrivare solo dall'Europa oppure dagli Stati Uniti dove sono attivi, per esempio, i Muslims for Progressive Values. Non certo dal Maghreb o dal Mashreq, 'perché non puoi rivedere criticamente il Corano se sei minacciato di morte». Keller-Messahli ricorda che tre giorni dopo l'apertura della moschea liberale a Berlino «c'è stata una fatwa del Gran mufti d'Egitto Dar al-Ifta al-Masriyyah contro di noi. e Serail Ates vive sotto protezione della polizia». Anche Ahmad Mansour, psicologo arabo-israeliano naturalizzato tedesco e attivo contro la radicalizzazione dei giovani musulmani in Germania, ha potuto partecipare alla Islamkonferenz solo grazie alla scorta della polizia, «il che è sintomatico della situazione».

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