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Corriere della Sera - Il Foglio Rassegna Stampa
17.05.2019 Eurovision, Mahmood in Israele a rappresentare l'Italia: 'Giusto essere qui'
Commento di Davide Frattini, 'Andrea's Version' di Andrea Marcenaro

Testata:Corriere della Sera - Il Foglio
Autore: Davide Frattini - Andrea Marcenaro
Titolo: «Mahmood in Israele. 'La tensione c’è ma non ho paura. E' giusto essere qui' - Andrea's Version»

Riprendiamo oggi, 17/05/2019 dal CORRIERE della SERA, a pag. 23, il commento di Davide Frattini dal titolo "Mahmood in Israele. 'La tensione c’è ma non ho paura. E' giusto essere qui' "; dal FOGLIO, a pag. 1, "Andrea's Version" di Andrea Marcenaro.

Bene l'intervista di Davide Frattini, ne esce un ritratto che dovrebbe insegnare qualcosa ai nostri volenterosi alleati degli odiatori di Israele. Come l'italiano Mahmood è a Tel Aviv, come tutti gli altri artisti che hanno mandato a quel paese (Iran?) Waters, fragorosamente sconfitto.

Ecco gli articoli:

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CORRIERE della SERA - Davide Frattini: "Mahmood in Israele. 'La tensione c’è ma non ho paura. E' giusto essere qui' "

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Davide Frattini

Sulla spiaggia che vede dalla finestra della camera d’albergo ha passato solo poche ore «per togliermi questo colore giallo» e stretto nei ritmi dell’Eurovision ha invidiato un po’ «la gente di questa città libera che sembra essere sempre in vacanza». Dall’altra parte del Mediterraneo Mahmood ha cercato di recuperare quei suoni mediorientali che — ha detto — «da bambino avevo un po’ perso come quando non ti piacciono le verdure». Il nome d’arte e il cognome paterno — con la «u» al posto della seconda «o» — hanno forzato le domande dei giornalisti internazionali che in conferenza stampa si cono concentrati sulle origini egiziane del padre e su quel verso di Soldi («Bevi champagne sotto Ramadan»), che canterà in finale domani sera proprio nei giorni in cui i musulmani celebrano il mese a loro più sacro: «Io sono cristiano e italiano, quelle parole non sono da interpretare in maniera letterale, è come dire “predichi bene e razzoli male”». Di Tel Aviv ha intuito il carattere «sospeso», gli israeliani la chiamano in ebraico HaBuah, la bolla. Sospesa tra le pressioni dei religiosi che cercano di imporre le loro regole anche a questa metropoli irriverente: i rabbini accusano l’Eurovision di dissacrare lo Shabbat, gli islamici protestano per il chiasso festaiolo — sono arrivati 10 mila turisti musicali — vicino alle moschee. Sospesa sul conflitto con i palestinesi che non finisce e che la maggior parte degli abitanti — minoranza nel Paese — ancora spera di risolvere con un accordo di pace: «Ho visto i molti contrasti — dice il vincitore del Festival di Sanremo al Corriere della Sera —– ma la tensione è meno alta che a Gerusalemme, dove ho percepito il nucleo di tutta questa situazione». Da Gaza i fondamentalisti di Hamas hanno minacciato di guastare l’evento in mondovisione, una decina di giorni fa hanno lanciato razzi per 48 ore, i jet israeliani hanno risposto bombardando la Striscia, a sessanta chilometri da Tel Aviv: «Non ho paura altrimenti non sarei qui. È tutto così complesso. L’importante è non diventare pigri e rinunciare a informarsi, a leggere i giornali. Dobbiamo continuare a cercare — non parlo solo del Medio Oriente — la cosa più giusta da fare». Il verso Quella frase su champagne e Ramadan? Non è da interpretare alla lettera Madonna ieri ha firmato il contratto e canterà l’ultima sera, non ha ceduto alle pressioni del movimento internazionale che chiede il boicottaggio di Israele e accusa le celebrità di contribuire a occultare sotto i lustrini la realtà vissuta dai palestinesi nei territori occupati: «Sarebbe stato poco rispettoso non venire — spiega Mahmood —. La vincitrice dell’anno scorso è israeliana ed è tradizione che l’Eurovision si svolga nella sua nazione. Io rappresento l’Italia e gareggio con una canzone che parla del divorzio, un tema comune, che può toccare tutti. Non vedo niente di male a essere qui». E se dovesse arrivare primo, gli piacerebbe che il festival — dice all’agenzia Ansa — venisse organizzato a Milano, la sua città. Netta Barzilai ha trionfato a Lisbona nel 2018 con un brano contro gli stereotipi perché — ripete sempre la cantante israeliana — «la vita è troppo breve per cercare di adeguarti al modello di normalità imposto dagli altri, anche per questa ragione do sempre tutto il mio sostegno alla comunità omosessuale: non dichiararsi, dover rimanere nascosti, tenere il segreto, è logorante». Commenta Mahmood: «Le domande sulla tua sessualità già creano delle differenze, così si torna indietro. La gente vuole etichettarti subito, invece l’unico modo per imparare di più nella vita — che come dice Netta è breve — è non definire al primo colpo le persone, rimanere aperti. Credo che la mia generazione l’abbia capito e che si comporti già così».

IL FOGLIO - Andrea Marcenaro: "Andrea's Version"

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Andrea Marcenaro

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L’Eurovision Song Contest è in corso a Tel Aviv. E’ un evento musicale. L’ha già scritto Crippa, le canzoni fanno cacare. Letteralmente, anno dopo anno, il meccanismo è diventato implacabile. Resta lo stesso l’evento non sportivo più seguito al mondo. A Netanyahu fa gioco? Certo. Hamas, a Gaza, ha organizzato un controfestival nell’edificio distrutto la settimana scorsa da un raid israeliano. E’ un controfestival si capisce. Ma niente di più. Almeno all’apparenza. Gli innamorati di Hamas che vivono in Europa vorrebbero invece un boicottaggio più sostanzioso. Qualche razzo, due bombe, una strage. Domani arriva Madonna, grande occasione. A Tel Aviv, nel frattempo, tutti quegli assassini aspettano. Strano, trattandosi di musica. Ma così sono fatti gli ebrei: vorrebbero cantare senza dovergliele suonare.

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