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Corriere della Sera - La Stampa Rassegna Stampa
07.05.2019 Salone del Libro, polemiche sulla presenza dell'editore fascista Altaforte. Ecco perché bisogna partecipare
Giovanni Falconieri intervista Dario Disegni, l'opinione ipocrita di Carla Nespolo (Anpi), Marcello Sorgi invoca la Legge Mancino ma sbaglia mira

Testata:Corriere della Sera - La Stampa
Autore: Giovanni Falconieri - Marcello Sorgi
Titolo: «'Gettare la spugna è un grave errore. Si vince con le idee' - Carla Nespolo (Anpi): situazione intollerabile - Soluzione nella Legge Mancino»

Riprendiamo dal CORRIERE della SERA - TORINO di oggi, 07/05/2019, a pag. 3, con il titolo 'Gettare la spugna è un grave errore. Si vince con le idee' l'intervista di Giovanni Falconieri a Dario Disegni; a pag. 40 dell'edizione nazionale, la breve "Carla Nespolo (Anpi): situazione intollerabile"; dalla STAMPA, a pag. 1-25, con il titolo "Soluzione nella Legge Mancino", il commento di Marcello Sorgi.

La presenza del piccolo editore esplicitamente fascista Altaforte al Salone del Libro ha scatenato polemiche dannose per il Salone del Libro, come sottolinea Dario Disegni, predidente della Comunità ebraica di Torino 

Carla Nespolo, presidente nazionale dell'Anpi, invece annuncia che non parteciperà. Nespolo però di fronte alla cacciata della Brigata ebraica dai cortei del 25 aprile in tutti questi anni non ha mai trovato la medesima fermezza. La sua è quindi una posizione ipocrita: boicotta il fascismo mussoliniano ma chiude entrambi gli occhi di fronte a quello in salsa arabo-palestinese.

Marcello Sorgi invece invoca la Legge Mancino, ma ignora che questa legge ha dimostrato di non essere efficace perché troppo generica. In altre partole, non è uno strumento adeguato per contrastare chi fa apologia di fascismo, come Altaforte. L'origine di questo atteggiamento di fatto permissivo nei confronti di crimini e criminali fascisti va rintracciato nell'Amnistia Togliatti, che subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale cancellava le responsabilità dei fascisti italiani italiani, in cambio di una tessera PCI.

Ecco gli articoli:

CORRIERE della SERA - Giovanni Falconieri: 'Gettare la spugna è un grave errore. Si vince con le idee'

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Dario Disegni

“Le sedie non devono restare vuote. Le sedie vanno occupate, tutte quante. E da quelle sedie deve levarsi forte il sentimento dell'antifascismo e l'impegno quotidiano per la democrazia». Non ha dubbi, Dario Disegni. II presidente della Comunità ebraica di Torino e del Comitato nazionale per le celebrazioni del centenario della nascita di Primo Levi getta acqua sul fuoco delle polemiche e sottolinea con forza che «boicottare il Salone sarebbe sbagliato».

Presidente Disegni, la presenza alla prossima edizione del Salone del Libro della casa editrice Altaforte, ritenuta vicina a CasaPound, ha convinto più di un autore e alcuni editori a non partecipare all'evento. Una scelta che lei considera sbagliata. Trovo discutibile che l’organizzazione della fiera abbia deciso di dare spazio ad Altaforte, ma capisco che alla fine occorre vendere gli stand Non mi sono permesso di interferire con la decisione dell'Associazione Treno della Memoria, ma sarebbe stato opportuno partecipare all'edizione in cui si celebra il centenario di Primo Levi «Assolutamente sì, è così. Secondo me disertare la manifestazione per la presenza di uno stand che non ci piace sarebbe un errore. Certo, ci sarebbe poi da discutere sull'opportunità di invitare o meno una casa editrice di questo genere».

Lei non l'avrebbe fatto? «Trovo discutibile che il Salone del Libro di Torino abbia deciso di dare spazio ad Altaforte, ma capisco che a volte chi è chiamato a gestire uno spazio non vada tanto per il sottile e affitti lo stand alla casa editrice disposta a pagare».

Ormai non si torna indietro: tanto vale esserci, giusto? «Se non si è d'accordo con la presenza di un editore che ha determinate idee, allora la risposta migliore è controbattere a quelle idee con le proprie convinzioni e con i propri valori, con i progetti in cui si crede. Esserci è la risposta più bella, partecipare è la più giusta. Gettare la spugna sarebbe un errore imperdonabile».

I rappresentanti dell'Associazione Treno della memoria, però, hanno deciso di dire «no» al Salone. «Il loro è stato un dibattito lungo e complicato, so che hanno seriamente riflettuto su quale decisione prendere, su quale sarebbe stata la risposta più opportuna da dare. Dovevano scegliere se esserci nonostante la presenza di Altaforte o se organizzare piuttosto i loro eventi fuori dal Salone. Hanno optato per la seconda soluzione».

Non hanno seguito il suo consiglio. «Non mi sono ovviamente permesso di interferire con la decisione che hanno preso, ma avevo detto loro che la mia idea era di partecipare alla manifestazione. La soluzione più opportuna, per me, sarebbe stata quella di dare il più ampio risalto alle loro iniziative. E in particolare a quelle di quest'anno, perché celebriamo il centenario della nascita di Primo Levi: sono tanti gli eventi culturali preparati e organizzati in suo nome ed è un peccato rinunciarvi. Ed è ancora più grave farlo se pensiamo che sono già stati previsti incontri ed eventi ai quali parteciperanno più di 300 persone, molte delle quali sono giovani e giovanissimi ai quali sarà importante trasmettere i valori nei quali crediamo: quelli della democrazia e dell'antifascismo».

Più in generale, dovrebbe prevalere il buon senso: la maggior parte delle case editrice ha già risposto che boicottare Torino e il suo Salone sarebbe un incredibile autogol. ”Io trovo che di questa vicenda si sia parlato tanto, forse troppo. Sono convinto che tutte queste polemiche, sinceramente eccessive, abbiano finito col dare alla casa editrice vicina a CasaPound una visibilità che altrimenti non avrebbe mai avuto. Molto spesso, in effetti, ci sono eventi che passerebbero inosservati, ma che invece grazie a una polemica aspra e inaspettata acquisiscono una visibilità che non si sarebbero mai sognata. Ecco perché, se si guarda a tutto quello che è accaduto in queste ore, sarebbe sbagliato non andare al Salone, perché si farebbe solo il gioco di chi si vuol combattere. E importante esserci, insomma. Ed è ancora più importante farlo portando avanti le proprie idee».

CORRIERE della SERA: "Carla Nespolo (Anpi): situazione intollerabile"

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Carla Nespolo

 Anche Carla Nespolo, presidente nazionale dell’Anpi, l’Associazione nazionale partigiani, non sarà a Torino. La scelta — ha fatto sapere Nespolo, che al Salone avrebbe dovuto presentare, insieme a Bruno Gambarotta, il volume di Tina Anselmi La Gabriella in bicicletta. La mia Resistenza raccontata ai ragazzi — deriva «dall’intollerabile presenza della casa editrice Altaforte che pubblica volumi elogiativi del fascismo oltreché la rivista “Primato nazionale”, vicina a CasaPound e denigratrice della Resistenza e dell’Anpi stessa». Di diverso avviso Manni Editori, che pubblica il libro di Tina Anselmi: «Comprendiamo la decisione di Carla di dare un segnale forte di reazione e resistenza alla presenza sempre più pervasiva di rigurgiti della cultura e delle pratiche fasciste in Italia, avallata e favorita da alcune scelte politiche del governo e particolarmente della Lega di Salvini — dicono dalla casa editrice —. Ma crediamo che, proprio considerata la gravità del momento storico, è importante esserci, manifestare il proprio dissenso, ragionare su cos’è stato il fascismo e cosa la Resistenza». Manni conferma dunque la presenza a Torino, «nello stesso spirito dell’Anpi», e la presentazione del libro (il 10 maggio alle 10.30) con Gambarotta, presidente dell’Archivio nazionale cinematografico della Resistenza. «Dobbiamo reagire e resistere alla presenza fascista con il nostro presidio culturale», conclude l’editore.

LA STAMPA - Marcello Sorgi: "Soluzione nella Legge Mancino"

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Marcello Sorgi

Certo, si poteva evitare. E si doveva evitare di trasformare il Salone del Libro, un’edizione dedicata tra gli altri a Primo Levi, in quello della discordia, e forse nella cassa di risonanza di CasaPound e dei peggiori nostalgici del fascismo, che subito ne hanno approfittato per dar voce ai loro spiriti animali. Cerchiamo di non astrarci: stiamo parlando del Salone del Libro, uno degli eventi culturali più importanti del Paese, capace di richiamare ogni anno a Torino, ribattezzandola capitale della cultura, scrittori, poeti, artisti, editori, personalità e personaggi che a vario titolo hanno a che fare con la letteratura, la scienza, la storia, la filosofia, la fantasia, la comunicazione, il cinema, il teatro, la sceneggiatura, la fotografia, la pittura, i giochi.


E di farli ritrovare circondati da un pubblico straordinario di giovani e meno giovani, uomini, donne, bambini, in prima linea gli abitanti di questa città che a migliaia e a decine di migliaia si riversano nei capannoni del Lingotto, pagano il biglietto, rimangono per ore a guardare, ascoltare, parlare, conoscersi, dividersi, e poi se ne tornano a casa carichi di libri.

Il direttore del Salone, Nicola La Gioia, dice che lui non si occupa degli spazi: sessantamila metri quadri, di cui dieci, dicasi dieci, sono stati assegnati ad Altaforte, casa editrice diretta da Francesco Polacchi, militante di CasaPound ed editore dell’autobiografico libro-intervista di Matteo Salvini, prossimo best seller grazie alla popolarità del protagonista e alla pubblicità gratuita di questi giorni, nonché di altri titoli come «Pavolini, l’ultimo poeta armato», dedicato all’ultimo segretario del PNF, o «Diario di uno squadrista».

Ma se non si occupa della vendita degli spazi, che non lo riguarda, La Gioia avrebbe dovuto interessarsi dei contenuti degli stessi, concordando o no con il comitato editoriale - che ha deciso di dar voce a tutti, anche ad Altaforte e a CasaPound, nel rispetto dell’articolo 21 della Costituzione -, e valutando se esistevano motivi di opportunità per ospitare o meno CasaPound a Torino, nel mezzo di una doppia campagna elettorale, regionale ed europea, e delle forti tensioni che sta determinando. Il compito di un direttore, per spiacevole che possa essere in certi casi, è questo. Decidere e sopportarne le conseguenze. La Gioia tra l’altro, per non ritrovarsi ospite come autore Salvini, si era impegnato a tenere la politica fuori dai cancelli della manifestazione.
Che poi il direttore del museo di Auschwitz Piotr M.A. Cywinski, Halina Birembaum, reduce e testimone dei campi di concentramento, e Michele Curto, ideatore del Treno della Memoria, abbiano deciso di ritirarsi, in alternativa a un’eventuale espulsione - che non avverrà - di Altaforte, CasaPound e dei fascisti dal perimetro del Salone, è legittimo. Ed è uno degli effetti della decisione degli organizzatori di non ordinarne lo sfratto dal Lingotto. Prima di loro, anche lo storico Carlo Ginzburg aveva rinunciato con sdegno. E con lui lo scrittore Christian Raimo, dimessosi da consulente, anche in polemica con la partecipazione di Pietrangelo Buttafuoco, giornalista e scrittore di destra autore di una famosa intervista con Norberto Bobbio sul suo giovanile passato fascista. Ancora, gli esponenti del collettivo Wu Ming, vicino alla memoria del generale Giap, di Ho Chi Min e della Repubblica popolare vietnamita. E forse altri che arriveranno.

Legittime, anzi più che legittime, di fronte ai toni esagerati adoperati da CasaPound, le loro defezioni. Ma con un aspetto che non può essere ignorato: lasciare sbattendo la porta, come hanno fatto tutti coloro che hanno contestato l’apertura delle porte all’editrice vicina ai neo-fascisti, ha fin qui funzionato da amplificatore agli argomenti deliranti di CasaPound. Se doveva essere un Aventino culturale, rischia di finire anche peggio di quello originale del 1924. Perfino chi, come Michela Murgia, l’autrice di un gioco-test sul ritorno del fascismo pubblicato di recente sull’ «Espresso», ha scelto di restare, ma organizzando una specie di resistenza, potrebbe in conclusione ottenere lo stesso risultato. A tutti va ricordato che per fortuna in Italia il rischio di un ritorno del fascismo non c’è ancora. E in ogni caso esistono norme in vigore per scongiurarlo: dalla legge Scelba del 1952 alla più recente legge Mancino del 1993. A volte, prima di scatenarsi, gli intellettuali farebbero bene a riflettere sull’intramontabile massima di Nanni Moretti: mi si nota di più se vengo o se non vengo?

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